Vieux Farka Touré – Les Racines (World Circuit, 2022)

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Il senso di questa nuova collezione di composizioni di Vieux Farka Touré si rivela subito, non lasciando dubbi sugli intenti del chitarrista e compositore di Niafunké. “Les Racines” (Le Radici) testimonia la volontà di mettere al centro la musica Songhai del Mali settentrionale e segna anche l’esordio del musicista subsahariano per la World Circuit, l’etichetta per cui l’indimenticato padre, Ali Farka Touré, registrò dal 1988 fino alla sua scomparsa: un “sogno diventato realtà”, dichiara Vieux in un’intervista a “Songlines” (#179). Sulla vita e affermata carriera del musicista è disponibile in streaming on demand sulla piattaforma Vimeo anche un documentario del regista statunitense Ian Campbell, intitolato “Vieux de Niafunké”. Numerose e prestigiose le sue collaborazioni con diversi mondi musicali (Idan Raichel, Dave Matthews, John Scofield e Julia Easterlin sono solo alcuni degli artisti con cui ha inciso), che non si sono certo esaurite, visto che il giorno in cui ricorre la festa nazionale per l’indipendenza del Mali (22 settembre) sarà pubblicato “Ali”, l’album condiviso con i texani Khruangbin, un tributo a suo padre di cui sono state registrate in un nuovo arrangiamento otto composizioni. “Les Racines” è stato registrato a Bamako nello studio casalingo costruito poco prima dell’insorgere della pandemia e dedicato al venerato genitore, scomparso nel 2006. In quello stesso anno Vieux esordì con il primo disco a suo nome ed ora, dopo una già cospicua discografia a suo nome, eccolo riportare tutto a casa. Quanto sia importante essere connessi alla propria storia, Vieux lo spiega nelle note del disco: “Per me e per il popolo maliano è importante rimanere legati alle nostre radici e alla nostra storia”.
Coadiuvato da un eccellente gruppo di musicisti, Vieux pubblica dieci brani originali, segnati dalla sua notoria abilità di chitarrista, canzoni che portano all’attenzione tematiche sociali con una propensione didattica e riflettono su famiglia e affetti. Le coordinate dell’album si delineano fin dall’iniziale “Gabou Ni Tie”, un invito-rimprovero a seguire gli insegnamenti tradizionali e ancestrali; il motivo dall’incidere in 6/8 è spinto dalle percussioni del fido Adama Kone, dal basso di Marshall Henry, dal n’goni di Kandia Fa e dalla chitarra ritmica di Amadou Bagayoko (della coppia Amadou & Mariam), con il coro antifonale che accompagna il canto e la chitarra di Vieux. Il testo della canzone, il primo singolo di cui è stato anche pubblicato un video, richiama una conversazione tra una giovanissima ragazza in cerca della sua identità e la comunità che la vuole conformata ai valori tradizionali.  Su “Ngala Kaourene”, terzo singolo estratto e video, dopo i primi accordi di chitarra di umore bluesy, entra suadente il flauto di Madou Traore, che sottolinea questa canzone dalla struttura call & response, le cui parole rivolgono un appello alla pace e all’unità delle popolazioni maliane. Sentimenti affini sono espressi in “Be Together” e “Tinnondirene”: la prima fa appello all’universalità in nome del disegno di amore divino, invitando a perdonare e a fermare i conflitti che distruggono le vite e il pianeta; la seconda, che inizia con la voce declamante di Vieux, si sviluppa su più scure spirali chitarristiche, mentre il cantante si spinge a invocare formali consultazioni per promuovere il processo di riconciliazione nazionale in un Paese lacerato da conflitti interni, corruzione politica, massacri perpetrati dai militanti del cosiddetto islamismo radicale e ingerenze straniere occidentali. In mezzo scorre la title-track, uno strumentale dalle iniziali coloriture andaluse, portatore di una squisita melodia e di un coinvolgente lirismo su cui intervengono le trame scintillanti della kora di Madou Sidiki Diabaté (fratello minore dell’immenso Toumani) e la scattante sobrietà percussiva di Mousa Dembele. Il motivo racchiude l’estetica dell’album: è la chiusura di un cerchio, dalle esplorazioni
personali e dal viaggio nelle musiche del mondo al ritorno a casa, alle proprie origini. I due brani successivi sono ancora radicati negli affetti: le sinuosità chitarristiche di “Adou” conducono una canzone dedicata al figlio Amadou e di riflesso a tutti i bambini della Terra; il secondo strumentale, la dondolante “L’Âme”, con in primo piano le tastiere di Cheick Tidiane Seck, il flauto e il n’goni, e sostenuta ritmicamente da calabash (Souleymane Kane) e basso (Modibo Mariko), rivolge il pensiero a suo padre il cui spirito permea questo lavoro: “L’album è un omaggio a mio padre ma, cosa altrettanto importante, a tutto ciò che ha rappresentato e rappresenta”, ha dichiarato Vieux. Ancora l’amore, espresso in maniera diretta, è al centro di “Flany Konare”, secondo singolo del disco (il cui video, come gli altri di cui si è già detto, è un’elaborazione con animazioni di Double Vision e riprese del fotografo maliano Kiss Diouara). La kora rientra in “Lahidou”, deliziosa melodia, dove si raccomanda di non fare mai una promessa che non potrà essere mantenuta. La sospensione delle ostilità e la forza dell’unità sono ribadite nella conclusiva “Ndjehene Direne”, marcata dal bell’intreccio di chitarra, n’goni, svolazzi di flauto e passaggi in spoken word (Yaya Drame). “Les Racines” è lo sguardo aperto sul passato che si proietta nel futuro: imperdibile. 


Ciro De Rosa

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