Stefania Tallini | Gabriel Grossi special guest Jaques Morelenbaum – Brasita (AlfaMusic/EGEA, 2022)

#BF-CHOICE
 

Pianista, compositrice e arrangiatrice tra le più apprezzate della scena jazz italiana, Stefania Tallini vanta una solida formazione accademica, spesa tra i conservatori di Roma e Frosinone e gli stage di Siena Jazz, a cui è seguito un articolato percorso artistico che l’ha segnalata per la sua poliedricità nel muoversi attraverso sonorità differenti dal jazz alla musica brasiliana, per toccare forme d’arte come cinema, teatro e danza per le quali ha spesso composto musiche e colonne sonore. Nel corso della sua carriera ha messo in fila una ormai corposa discografia come leader, oltre a collaborare con artisti del calibro di Gregory Hutchinson, Guinga, Corrado Giuffredi, Gabriele Mirabassi, Enrico Intra, John Taylor, Sergio Galvao, Bruno Tommaso, Enrico Pieranunzi, Javier Girotto, Maurizio Giammarco, Remì Vignolò, Bert Joris, Matthieu Chazarenc, Andy Gravish, Ada Montellanico, Michele Rabbia e Massimo Nunzi. A teatro con Mariangela Melato, Michele Placido e David Riondino. Il suo nuovo album “Brasita” arriva a due anni di distanza dal pregevole “Uneven” inciso in trio con Matteo Bortone e Gregory Hutchinson, e nasce dalla collaborazione con l’armonicista brasiliano Gabriel Grossi, uno dei più importanti strumentisti della musica brasiliana, a cui si è aggiunto il featuring del grande violoncellista carioca Jaques Morelenbaum. Il disco vede l’incrocio tra le esperienze musicali maturate dai tre strumentisti dando vita ad un originale intreccio tra jazz, musica brasiliana e classica, il tutto permeato da una atmosfera e da un suono unico. Abbiamo intervistato Stefania Tallini per farci raccontare questo nuovo ed affascinante lavoro.

Partiamo da lontano. Quanto è stata determinante la tua formazione classica nel tuo approccio alla composizione e per la tua ispirazione?
Moltissimo! Il rapporto con la musica classica vuol dire rapporto con i grandi compositori, ai quali ho cercato di rubare il senso della forma, non soltanto nella composizione, ma anche nell’arrangiamento. E vuol dire anche rapporto con i grandi interpreti, che del suono, del tocco, dell’espressività e dell’interpretazione hanno fatto la loro ricerca principale. Il mio lavoro ogni giorno è quello di fare lo stesso tipo di ricerca nella mia musica e nel mio modo di suonare. 

Nel tuo universo musicale accanto alla musica classica ci sono il jazz, la musica brasiliana e quella cubana. Com'è nata la tua passione per i suoni dell'America Latina e in che modo hanno modificato il tuo modo di ascoltare e fare musica?
In realtà la musica cubana ha rappresentato solo una parentesi nella mia storia musicale, nata quasi per caso a metà anni Novanta, ma che mi ha molto divertita e che si è rivelata anche utile sotto diversi punti di vista. Ma il vero amore è quello per il jazz, nato all’età di diciassette anni, ascoltando un disco di Chet Baker che mi aveva letteralmente folgorato; e per la musica brasiliana, nato ancor prima, nell’adolescenza, attraverso la musica di Tom Jobim e Vinicius De Moraes. Queste passioni, insieme a quella per la musica classica, fanno del mio mondo musicale un terreno molto fecondo, su cui muovermi nella mia ricerca musicale, sia attraverso l’ascolto, che attraverso la pratica. Ma in realtà non riesco a percepire nessun tipo 
di confine tra questi generi musicali… Al contrario, sento che essi comunicano tra loro in ogni momento e in ogni nota che suono o compongo, come vasi comunicanti che si nutrono l’un l’altro. 

Nel tuo percorso artistico hai avuto modo di suonare in diverse formazioni dal duo al quintetto e oltre. Qual è la dimensione che prediligi?
In realtà li amo tutti follemente, perché adoro suonare! Ma se proprio devo scegliere, allora sicuramente il duo e il trio, in cui sento la possibilità di una libertà totale. Così come anche il piano solo, direi, in cui sono profondamente me stessa con la mia musica. 

Come sono nate le collaborazioni con Gabriel Grossi e Jaques Morelenbaum?
Con Gabriel è nato il duo nel 2018, nel modo più inaspettato possibile! Lui era in Italia e cercava un pianista con cui realizzare dei video. Gli hanno fatto il mio nome, mi ha cercato sul web e quello che ha trovato gli è evidentemente piaciuto moltissimo. Per cui mi ha contattata e dal fare quei tre video, è nata poi una collaborazione ormai inossidabile e bellissima: feeling immediato, intesa musicale perfetta, gusti musicali totalmente affini. Da qui e dai diversi concerti fatti insieme, abbiamo deciso poi di realizzare il primo disco. Ma il Covid ce lo ha impedito per ben due volte. Alla terza invece è andata! Entrambi desideravamo un ospite per il disco, che potesse rappresentarne appieno l’estetica particolare. E l’unico a cui abbiamo pensato entrambi, era proprio Jaques. Gabriel lo ha contattato e lui è stato felicissimo di accettare, perché conosceva il nostro duo e lo apprezzava moltissimo. Quindi il nostro incontro è stato la
cosa più naturale del mondo! Per dare inizio a questo trio, abbiamo subito registrato una mia composizione a distanza (“a Veva”), per poter lanciare il progetto prima ancora di registrarlo. E la cosa ha funzionato benissimo!

Com'è nata l'idea di dar vita al progetto "Brasita", come avete scelto e arrangiato i brani da inserire nel disco e in che modo ci avete lavorato? Avete incontrato difficoltà in fase realizzativa lavorando tra Italia e Brasile?
“Brasita”, finché non abbiamo registrato il disco, era solo il nome del duo. Un nome che, contenendo la sintesi di BRAsile-ITAlia, voleva raccontare di un mondo musicale che abbracciasse vari generi - provenienti dai due luoghi lontani - che fossero fusi in unico linguaggio, i cui i confini non fossero tratteggiati in nessun modo. Avevamo il desiderio che la musica potesse volare liberamente e senza nessun limite, senza nomi, senza etichette, ma solo esprimersi nella sua totale espressività, feeling e interplay. La scelta dei brani è nata dall’amore comune per determinati autori, nella fattispecie quegli autori che hanno espresso la loro vena compositiva su terreni differenti, legati sia alla musica colta, che a quella popolare. O anche autori classici che abbiamo “trattato” attraverso nostre composizioni a loro dedicate, o attraverso nostri arrangiamenti. Erano tantissimi! Abbiamo dovuto fare una notevole selezione nei mesi che ci avvicinavano alla registrazione del disco. Gli arrangiamenti di alcuni brani li abbiamo creati per telefono, lui da Rio De Janeiro, io da qui, confrontandoci continuamente. Ma è stato tutto molto naturale, nonostante la difficoltà della distanza. 

Dopo "Piano 4Hands" in duo con Cettina Donato e "Uneven" in trio con Matteo Bortone e Gregory Hutchinson, come si inserisce questo nuovo disco nel tuo cammino musicale?
Mi rendo conto, ogni anno di più, che tutte le mie produzioni rispecchiano perfettamente il mio mondo musicale, quello del quale parlavo prima riferendomi ai miei tre “amori”, liberi dai confini. “Uneven” in particolare è stato importantissimo, perché ha rappresentato un momento di grande svolta, davvero molto importante per me. In quel disco - che contiene tutte mie composizioni, tranne uno standard in piano solo - realmente c’è la più profonda sintesi di questi miei tre amori.  E direi che “Brasita” si inserisce nel mio cammino musicale come un ulteriore tassello di questo percorso, come un naturale proseguimento di questa mia ricerca artistica. E colgo l’occasione per ringraziare i miei produttori, Alessandro Guardia e Fabrizio Salvatore, che in questi ventidue anni mi hanno sempre supportato con grande stima e affetto. Siamo praticamente cresciuti insieme e con loro ho avuto sempre la possibilità di raccontarmi, e di raccontare la mia evoluzione musicale, attraverso tutti i progetti che ho realizzato.

"Brasita" contiene anche composizioni classiche come l'aria "O mio babbino caro" di Giacomo Puccini e "Festa no sertao" di Heitor Villa Lobos. Quali elementi (anche "competitivi") avete cercato di porre in evidenza?
L’unico elemento che abbiamo sempre cercato di porre in evidenza nel disco, è la bellezza della musica 
che abbiamo scelto. L’amore grande che entrambi abbiamo per Puccini e per Villa Lobos è stato l’unico motore che ha ci ha spinto a registrarli. Non vedo elementi “competitivi”. Ma sicuramente un elemento che abbiamo voluto mettere in risalto in tutto il disco è la Melodia, nel suo modo più bello. Il senso della melodia, da cui parte tutto, sicuramente appartiene in maniera molto forte sia alla musica italiana, che a quella brasiliana, ed è quindi il fil rouge che attraversa tutto il disco.  

Ci puoi raccontare come sono nati i brani a quattro mani con Gabriel Grossi?
Sono brani nati per omaggiare Bach e Chopin. Il primo è nato così: Gabriel mi ha mandato la registrazione della sola melodia con l’armonica, da lui composta, ed io ci costruito tutto il resto. Del secondo, ispirato ai Notturni di Chopin, io ho composto la prima parte e lui ha creato la seconda. Il tutto rigorosamente a distanza! Per fortuna esiste la tecnologia! 

Tra i vertici del disco ci sono certamente le due composizioni "A Veva" e "Riotango". Ci puoi parlare del tuo processo creativo?
Le mie composizioni non le “scrivo” mai in realtà, perché le cerco e le suono solo ed esclusivamente a orecchio. E rimangono tali per molto tempo, finché non devo poi arrangiarle per qualche organico.  In quei momenti di composizione, dimentico qualsiasi cosa io sappia di accordi o modulazioni o altri elementi musicali teorici, cercando invece di lasciarmi andare al suono e farmi guidare dalla musica, aspettando di 
sapere dove mi porta… Ma soprattutto è un processo creativo che nasce da uno stato d’animo, da un vissuto, da un’emozione piacevole o dolorosa. Ogni brano che ho scritto rappresenta per me un momento particolare, in cui spesso la musica e il comporre è stato un modo diverso per elaborare gli accadimenti della mia vita. Questi stati d’animo mi portano semplicemente a sedermi al pianoforte e a “vagare” liberamente tra i suoni, con la voglia di lasciarmi andare ad essi. E in quel “vagare” a volte prende forma un’idea che poi porto avanti, sviluppo, cerco a volte anche per giorni, e che altre volte, invece, si risolve in poco tempo, come “A Veva”, per esempio.  Questa è una ninna nanna dedicata a quella che allora era una bambina di 8 anni, Ginevra, il cui diminutivo è Veva, appunto. Mi aveva regalato un disegno bellissimo, che mi aveva toccato il cuore e mi aveva molto commossa… da questo sentimento è nata la musica: la prima parte l’ho composta in un pomeriggio e la seconda la mattina dopo. Ed è stato tutto così fluido e naturale, che sembrava che il pezzo fosse già pronto ed aspettasse solo di uscire. “Riotango” è un brano che ho scritto quando ho saputo con certezza che il disco lo avremmo registrato e che Jaques avrebbe partecipato in alcuni brani. Ero così felice di questa cosa, che immaginando la sonorità del trio mi sono seduta al piano e mi è venuta questa idea melodico-ritmica su un tango, poi sviluppata nei giorni seguenti. Un brano che è una vera dedica a questo nostro trio, che ho voluto intitolare Riotango, perché loro sono di Rio De Janeiro (esiste un altro mio tango registrato in “Uneven”, che s’intitola Triotango).

Com'è stata l'esperienza del suonare insieme i brani dal vivo e come ha risposto il pubblico?
È stata un’esperienza meravigliosa! A parte che con Gabriel è stato un ritrovarsi dopo tre anni di “silenzio da Covid” davvero molto emozionante e il feeling è stato ancora più forte, proprio per questo. Ma poi suonare in trio con Jaques è stato qualcosa di veramente intenso. Sono stati concerti di profonda emozione ed empatia tra noi. E il pubblico, a quanto pare, ne ha percepito tutta l’essenza. E soprattutto ha accolto l’estetica di questo progetto, comprendendone e cogliendone tutte le sfumature e rispondendo alla nostra musica con grandissimo affetto, emozione e calore. Tutto questo ci ha restituito quel quid inspiegabile e meraviglioso, che per noi è nutrimento per continuare a far crescere la nostra musica. La cosa più bella sarà poter portare il progetto in Brasile - terra che amo moltissimo - spero l’anno prossimo, per farlo conoscere anche ai brasiliani che da anni mi seguono anche da lì! Tra l’altro il disco uscirà su licenza AlfaMusic anche per la più importante etichetta brasiliana, la Biscoito Fino e questa è una cosa che mi riempie di orgoglio! 

Quali sono i progetti che hai attualmente in cantiere?
Sono in fase di post-produzione di un nuovo disco, registrato qualche mese fa, che uscirà nel 2023 sempre per AlfaMusic. È un disco registrato in duo col grandissimo flicornista, compositore e arrangiatore Franco Piana, vera icona del jazz in Italia. Il progetto con lui è qualcosa di speciale, in cui l’intesa è fortissima e che mi permette e ci permette di esprimerci nella più totale libertà e fantasia. Un progetto nato l’anno scorso che abbiamo portato molto in giro, attraverso una serie di concerti che non potevano che sfociare 
nella registrazione di questo disco, di cui siamo molto felici. Sempre con lui stiamo preparando un settetto che si chiamerà FOUR3: il Four si riferisce al trio+flicorno, il 3 ai tre fiati che faranno parte dell’ensemble (flauto, sax soprano e sax baritono). Scriveremo entrambi per quest’organico e vedremo cosa ne verrà fuori… E, altro progetto appena nato e pensato da AlfaMusic, è un duo con una eccezionale cantante, Daniela Spalletta, con la quale ho già condiviso il palco in un concerto di totale contaminazione, che è stato veramente molto, ma molto riuscito e che svilupperemo sicuramente. Poi sogni nel cassetto ne ho tanti, ma di quelli non ne parlo, almeno per ora…


Salvatore Esposito e Alessio Surian

Stefania Tallini e Gabriel Grossi, special guest Jaques Morelenbaum – Brasita (AlfaMusic/EGEA, 2022)
Forse non poteva esserci brano migliore di “A Veva” (di Tallini) per mettere in luce le caratteristiche e le qualità del trio protagonista di questo album: prima l’armonica di Gabriel Grossi ricava un nitido percorso per la splendida melodia, fra gli arpeggi del pianoforte ed il controcanto del violoncello; poi, nella parte finale del brano, è il piano stesso ad alternarsi con l’armonica nel donare alla linea melodica una dimensione ancora più accentuata d’intimità. Ed è proprio questa la dimensione che pervade la successiva “Hermanos”, brano dal sapore di tango che sembra scritto apposta per chiamare in causa il violoncello, ma non è così: perché questo secondo brano apre un percorso dedicato a pianoforte e armonica che in soli tre brani fra intravedere l’ampiezza della geografia musicale che il duo Tallini-Grossi è capace di abbracciare. Se “Hermanos” (scritta da Grossi) va ad esplorare la capacità ritmica, eterofonica ed improvvisativa del duo offrendo una suite che alterna ballo e melodie avventurose all’essenzialità e all’introspezione, “O mio babbino caro” raccoglie da Puccini la magia del momento in cui fermare il tempo e lasciare spazio alla pausa e alla melodia, alla narrazione che sgorga dal sentimento e che sembra fondere in un solo strumento tasti ed ance, cantando alto anche e soprattutto a volumi minimi; “Festa no sertão” (dal Ciclo Brasileiro di Heitor Villa Lobos) sa rimettere tutto in gioco facendo esplodere la voglia di ballare insieme al dialogo, con un arrangiamento serrato per due voci al brano concepito nel 1936 per il solo pianoforte, con una energizzante e attualissima rilettura dell’andamento a rondò nella forma ABACA. “Olha Maria” torna a “calmare” le acque e coinvolge nuovamente Jaques Morelenbaum: non poteva mancare la sua voce in un brano, tutto sottovoce e tutto giocato sul fraseggio, nato dall’interazione fra Jobim, Vinicius e Chico Buarque. Il violoncello tornerà ancora sia in funzione melodica, sia ritmica nell’energetica “Rio Tango” (Tallini) e nel brano conclusivo “Nossa valsa” (Grossi) in perfetta sintonia con l’intenzione che anima l’album del trascendere luoghi e generi dando luce originale al lirismo di ciascuna composizione, senza remore anche di fronte a brani già molto noti, compreso “Nuovo Cinema Paradiso” di Ennio Morricone, qui in una versione superlativa. Questo approccio è ancora più evidente quando i brani si ispirano liberamente ad autori classici come Chopin e Bach (“Chopiniana”, “Na villa do Bach”), affrontati a quattro mani sia per la parte compositiva, sia esecutiva, dando vita ad un flusso che amalgama con sensibilità parti scritte, variazioni e improvvisazioni, dando spazio all’ampia gamma timbrica degli strumenti. Un debutto perfettamente riuscito sia nella formazione in duo, sia nei quattro brani in trio che ci auguriamo di poter ascoltare spesso anche dal vivo.


Alessio Surian

Posta un commento

Nuova Vecchia