Archiviate le edizioni virtuali (visibili sul canale Youtube dedicato) del biennio ad alto impatto pandemico, è ripreso il cammino del World Music Festival Bratislava, tornato a risuonare nei bei siti del centro storico della capitale slovacca per la sua settima edizione. La manifestazione, dedicata alla world music, alle musiche tradizionali, alle convergenze tra jazz e musiche folkloriche e ad altre forme di fusion, ha offerto un variegato cartellone dal profilo internazionale ma attento a fare da vetrina per la fertile scena musicale slovacca, presentata al pubblico e ai delegati stranieri partecipanti, e a creare spazi di condivisione e di networking. Cosicché, accanto agli appuntamenti concertistici, si sono tenuti alcuni eventi collaterali: anzitutto, due workshop, di cui uno sul canto, aperto al pubblico, e un secondo rivolto solo ai musicisti e poi tre conferenze internazionali. Una tavola rotonda ha riunito i musicisti locali che hanno ragionato sulle esperienze di produzione musicale in Slovacchia. Nei due successivi interventi, Eric E. van Monckhoven (Music4you) ha presentato modelli di di sviluppo artistico per i musicisti, mentre Duncan Ballantyne ha analizzato alcune strategie di comunicazione per gli artisti. In un certo senso ancora giovane, la rassegna della città danubiana, ideata diretta da Jarmila Vlčková, con il sostegno di istituzioni slovacche, della Radio Nazionale Slovacca, dei programmi Creative Europe, Sounds of Europe e di altri sponsor e partner locali, può essere inquadrata in quelle manifestazioni di dimensione “medio-piccola” per numero di eventi, che pur non richiamando un pubblico
enorme possono contare su un riscontro attento e fedele, che prediligono ambienti raccolti e suggestivi per i concerti come può esserlo la chiesa gotica dell’ordine delle Clarisse, oggi sconsacrata, costruita in principio del XIV secolo, con preziose decorazioni barocche di epoca successiva e il campanile pentagonale anche esso riccamente decorato. Tra l’altro, parlando di musiche popolari, una curiosità che interesserà i musicofili è che nel liceo di quello che un tempo era l’attiguo convento studiò Béla Bartók. Nella chiesa è stato posto il primo tassello del programma concertistico con una serata (18 agosto) che ha attraversato i Carpazi, dalla Polonia alla Slovacchia e fino all’Ucraina. Davvero interessante il trio polacco Wernyhora, che comprende Maciel Harna (ghironda), Anna Oklejewicz (viella, violino, viola da gamba) e la splendida voce di Daria Kosiek. Si caratterizzano per la squisita combinazione di timbri e per la ricerca e documentazione di un repertorio popolare dell’area di confine polacco-ucraina (Lemkov e Huculov). Il loro album “Toloka”, appena pubblicato, prende titolo da una parola polacca che indicava l’antica consuetudine del mutuo aiuto tra vicini in tempi di emergenza: una pratica sociale che è si è rinnovata in conseguenza dell’aggressione russa all’Ucraina. Proprio dal vicino Paese in guerra è arrivato il bandurista Volodymyr Voyt, membro permanente del National Folklore Ensemble ucraino, che suona una bandura tradizionale e un secondo strumento cromatico, padroneggiando differenti tecniche esecutive e passando da repertori tradizionali antichi (lo strumento accompagna il canto e i poemi epici) e barocchi a composizioni minimaliste o che prevedono sviluppi improvvisativi.
A loro si è aggiunto in alcuni brani Michal Smetanka, rinomato polistrumentista e cantante della Slovacchia orientale, ma anche didatta, costruttore di strumenti musicali e curatore nella città di Spišský Hrhov di un interessante museo di strumenti tradizionali. Nel finale, in scena anche un trio Neha!, sezione ridotta di una più ampia corale polifonica, specializzata in canti tradizionali di area slava e baltica. Il Teatro Colorato, spazio recuperato alla musica e alle altre arti, ha visto di scena il giorno successivo tre set molto diversi ma di bell’impatto. Ha iniziato la slovacca Júlia Kozáková, del cui recente album “Manuša” abbiamo parlato in queste pagine. Musicista giovane ma di gran carattere, coinvolta in svariati progetti ad ampio raggio, Júlia ha presentato il suo album citato poc’anzi, il cui titolo si traduce con “Popolo” in lingua romaní e che contiene canzoni dei Rom della Slovacchia. Dotata di una voce fascinosa, Kozáková propone un repertorio di temi introspettivi e più marcati ritmicamente, facendosi accompagnare da un quartetto di solisti dal tasso tecnico notevole: il gran virtuoso del cimbalom Ľubomír Gašpar, e gli altrettanto dotati Viliam Didiáš (violino), Vojtech Botoš (viola), Ján Rigo (contrabbasso). Un’artista da seguire con attenzione, che ci si augura di potere vedere anche dalle nostre parti: segnatevi il suo nome.
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