Júlia Kozáková – Manuša (Tonstudio Rajchman, 2022)

Se il secondo album è spesso il più temuto nella carriera di un’artista, il primo non è certamente da meno. Il prospetto di un musicista è di solito quello di crescere, spesso lentamente, ed affermarsi sulla scena passo dopo passo, affinando in parallelo la propria voce artistica e producendo lavori via via più raffinati. Non capita spesso di trovarsi tra le mani debutti forti come “Manuša” di Júlia Kozáková, in particolare quando si vanno a toccare musiche tradizionali. La cantante slovacca ci porta un fantastico disco di musica tradizionale romaní dalla Slovacchia accompagnata da alcuni dei migliori musicisti del Paese: Viliam Didiáš al violino, Ľubomír Gašpar sul cimbalom, Vojtech Botoš alla viola, Ján Rigo dietro al contrabbasso, e Zsolt Varady alla chitarra. Con virtuosismo e gusto, il quintetto accompagna la voce ammaliante e penetrante di Júlia in un alternarsi di pezzi snelli e ritmati e lenti introspettivi ed avvolgenti, raccogliendo canzoni che rappresentano l’identità culturale romaní e in particolare del gruppo Romungro. Possiamo dire che il disco abbia personalità in tutti i sensi del termine: è ricco ed intrigante sul piano musicale, descrive un incontro e un’esperienza personale, e si concentra sulle persone. Dal titolo (che significa appunto ‘persone’) alla formazione musicale di Júlia, sono le persone e le loro relazioni il centro vitale di questo album, e questo lo si percepisce anche quando la musica viene estratta e registrata in uno studio. Júlia non è romaní, ma fin da giovane ha cantato in un coro locale e partecipato alla vita comunitaria durante l’estate metabolizzando la musica all’interno del suo contesto culturale con un processo di fatto etnografico. Tutto ciò è avvenuto spontaneamente, e lo si percepisce dalla musica dell’artista, che ha una conoscenza affettiva intima della tradizione che va oltre alla testualità delle canzoni e all’identità stilistica delle melodie e degli ornamenti. I musicisti non sono certo da meno, l’esperienza si fa sentire forte e chiara nella qualità dell’improvvisazione, nell’appropriatezza dell’accompagnamento e nella ricchezza tecnica e ornamentale che porta incredibile freschezza in un album acustico. L'entrée è ‘Jaj Dévlale’, un’accurata miniatura rappresentativa del disco in generale. Il brano parte relativamente lento coi riflettori puntati sulla voce, mentre cimbalom e violino ondeggiano in sottofondo per poi spiccare il volo e accelerare nei rispettivi soli. Il pezzo si chiude in un vorticare di voce e strumenti che in concerto accompagnerebbe il vortice dei corpi in danza. Tra i lenti spiccano sicuramente ‘Gav Gavestar Phirav’ e ‘Nane Maro Nane Mas’, brani guidati dal cimbalom di Gašpar che comanda la sala con gusto e confidenza, dando forma alle linee melodiche con una grande varietà interna di staccati, trilli e arpeggi. ‘Čardáše - Východné Slovensko’ e lo strumentale (‘Instrumental’) sono invece più marcatamente ballerini, nonostante anch’essi tendano a farsi via via più intensi con lo svilupparsi del pezzo. Inaspettati invece ‘Phenďža Mira Dake’ e ‘O Poštaris Javel’, dove la chitarra acustica trasporta immediatamente l’immaginazione verso ovest se non oltreoceano con linee bossa e sonorità jazz. Fantastico anche l’arrangiamento di ‘Šilalo Paňori’ cantata a cappella a più voci da Júlia, che sfoggia la sua ricchezza timbrica e la delicatezza del vibrato. “Manuša” non è solamente un ottimo debutto, è un eccellente disco di musica romaní. La giovane Júlia Kozáková dimostra un’acuta sensibilità artistica nell’interpretazione, la scelta del repertorio, e il bilanciamento degli arrangiamenti. La conferma delle sue competenze le è riconosciuta in primis dall’ensemble, che raccoglie il fior all’occhiello della nazione. Insieme, la cantate e i musicisti formano un solidissimo ensemble di cui non possiamo che osservare con grande interesse la crescita e i lavori successivi. 


Edoardo Marcarini

Posta un commento

Nuova Vecchia