Ne Me Quitte Pas: una canzone da ridere...

Jacques Brel ha scritto alcune tra le più toccanti canzoni che raccontano l'amore umano, quello che sta per nascere, quello che sta per andarsene, quello degli illusi, degli anziani, dei marinai, l'amore sfiorito, l'amore trasognato. Sono inutili ulteriori parole per descriverle queste canzoni, basta  ascoltarle. Su tutte "Ne Me Quitte Pas" è LA CANZONE. Capace più di qualsiasi altra di trascinarti nello strazio dell'abbandono, nell’annullarsi per disperazione, al pari del Canto V° dell’Inferno dantesco o di certe pagine de “Alla ricerca del tempo perduto” di Marcel Proust. Una canzone che è citata a simbolo perfino all'interno di canzoni di altri autori. Una canzone che chiunque ami cantare, ha cantato, sotto le luci di un palcoscenico come nelle penombre di una stanza, che ha talmente tante versioni quante le  lingue e i dialetti di mezzo mondo. L’artista belga la scrisse nel 1958 e venne pubblicata l'anno seguente all'interno del suo quarto LP, precisamente l'undici settembre, data che ricordiamo per avvenimenti di importanza storica: il golpe militare in Cile che assassinò il Presidente Salvador Allende (1973), la strage delle Torri Gemelle di New York (2001), finanche un lontano fallito attentato a Mussolini da parte dell'anarchico carrarese Gino Lucetti (1926). Oggi si conosce tutto di tutto e quindi perfino la storia ed il nome della donna per cui fu composta “Ne Me Quitte Pas” ma questo non ha nessuna importanza. La canzone ha travalicato perfino i sentimenti stessi. 
Ero poco più che un bambino e fu la prima di Brel che ascoltai e, come ogni primo amore, non si dimentica più, a casa mia mancavano alcuni elettrodomestici ma non...i 45 giri musicali. Quelle Onde Martenot  mi risuonarono in continuazione nella testa, non avevo ancora conosciuto l’innamoramento ma quella frequenza mi rimbambì. Ebbene, ancor oggi sarebbe sacrilego farlo e nessuno ardirebbe nemmeno pensare di prendere in giro una simile canzone-monumento, nel 1962 Dario Fo osò tanto. Scrisse "E Va Pure Via" utilizzando la melodia originale di “Ne Me Quitte Pas”. Ignoro le motivazioni che lo spinsero, Fo affermava che “il potere non sopporta l'umorismo, nemmeno i governanti che si definiscono democratici, perché il riso libera l'uomo dalle sue paure”. Forse in questo caso lo applicò al potere dell’amore. Certo, l’umorismo è un mezzo potente, capace di liberare socialmente e privatamente, di offrire unione e conforto, di allontanare ed offendere, di far prendere le distanze dalla percezione di una realtà che non piace. Qualcuno descrisse il ridere come la più breve distanza fra due persone. Julio Cortázar sosteneva che “una risata da sola scava tunnel più utili di tutte le lacrime della terra" e Friedrich Nietzsche che “l'uomo soffre così terribilmente nel mondo che è stato per forza costretto ad inventare il riso”. Dal libro che il compianto editore veronese Giorgio Bertani pubblicò nel 1974 contenente le canzoni di Fo, risulta che in uno dei due programmi televisivi a cui partecipò nel 1962, in primavera “Chi l’ha visto?” e in autunno le sette puntate dell’edizione censurata di “Canzonissima”, venne presentata  questa “E Va’ Pure Via”, parole di Dario Fo e musica del suo abituale compositore Fiorenzo
Carpi. Una musica che non è precisamente identica ma assai somigliante a quella originale di Brel e ne possiede la medesima struttura. D’altronde anche quella di Brel assomigliava un po’ all’Andante della Rapsodia Ungherese n°6 di Liszt che a sua volta ricorda il precedente canto tradizionale sefardita “La Prima Vez”. Ad entrambi quei programmi televisivi collaborava anche Leo Chiosso che, con tutta probabilità, operò un qualche intervento nel testo. Comunque sia, Fo non incise mai questo pezzo su un disco e probabilmente non lo affidò neppure a Franca Rame che quasi certamente ne avrebbe marcato, o almeno adombrato, nell’interpretazione una critica al maschio o alla coppia. 
Quando all’inizio del 1973 la RAI trasmise il programma “L’appuntamento” in quattro puntate, l’autore era ancora Chiosso e nella puntata del dieci febbraio un’Ornella Vanoni in bigodini, con ironico distacco interpretò  “E Va’ Pure Via” magistralmente sdraiata su di un letto e circondata da riviste e cioccolatini (1). Neppure lei inciderà mai questa canzone, come aveva invece fatto con l'originale di "Ne Me Quitte Pas" in apertura del suo LP "Ai miei amici cantautori" (1968) e come farà in seguito nella corrispondente traduzione italiana di e con Gino Paoli (Insieme, 1985). La Vanoni la cantò con qualche modifica rispetto al testo pubblicato l’anno dopo nel libro di Bertani: erano assenti alcune strofe, un paio di versi venivano aggiunti, anche il finale era differente poiché nell’originale si fermava a “tu non vai più via?!” mentre la cantante milanese pretendeva  spiegazioni al cambio d’intenzioni dell’uomo. Chiosso le fece cantare la versione da lui modificata che a questo punto è attribuibile a Fo-Chiosso-Carpi. Infine nel 2002 l’attrice-cantante Rosalina Neri, che negli anni cinquanta in Italia veniva definita la sosia di Marylin Monroe, all’interno di un cd omaggio a Fiorenzo Carpi, la inserirà con il titolo di “Vai Pure Via” senza la “E” iniziale. Nei crediti per obblighi di diritti verranno riportati i nomi dei tre autori sopracitati ma nel
libretto è attribuita al solo Fo e il testo cantato risulta essere proprio l’originale e non quello modificato da Chiosso. Così, finalmente per la prima volta, la parodia di Ne Me Quitte Pas di Dario Fo finisce pubblicata in un disco e non solamente all’interno di uno spettacolo, esattamente quaranta anni dopo la sua composizione. Anche Gigi Proietti riprese "Ne Me Quitte Pas" con l'intento di farne una caricatura, variandone il titolo con un gioco parodistico di assonanze in "Nu' Me Rompe Er Ca'". Lo recitò dal vivo varie volte tra cui nel 2000 allo Stadio Olimpico di Roma durante lo spettacolo "A me gli occhi, please" (2). Bisogna precisare che in questo caso però l'ironia non riguardava specificatamente Brel, quanto piuttosto l'intero genere musicale della "canzone francese" e i suoi interpreti. Si colgono nelle inflessioni vocali e nelle movenze, atteggiamenti tipici di vari rappresentanti, all'epoca popolari in Italia, primo fra tutti Charles Aznavour. Non dimentichiamo infine che anche lo stesso Jacques Brel ha più volte ironicamente citato all'interno delle sue canzoni, colleghi cantautori transalpini. Due esempi su tutti: Gilbert Bécaud in "Orly" e Jean Ferrat in "La Ville S'Endormait", dove confutando la sua celebre “La Femme Est L'Avenir De L'Homme” offre per l’ultima volta il fianco all’accusa di misoginia.


Flavio Poltronieri

Grazie degli aiuti preziosi a Micaela Bonavia ed Enrico De Angelis

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