Il 20 febbraio 1976 Steve Lacy e Andrea Centazzo coronavano due settimane di musica condivisa con un concerto a Casarsa che venne registrato da Leonardo Venturini. Centazzo ha un ricordo che è rimasto sempre vivido del loro primo incontro a Milano: “Venivo dall’esperienza con Gaslini, sempre molto esigente, con parti scritte, e chiesi a Steve come avrei dovuto suonare. Rispose semplicemente: ‘Play what you feel’. E cambiò per sempre il mio modo di suonare”. Quella registrazione venne proposta a varie case discografiche prima di intraprendere una via diversa: Andrea Centazzo e Carla Lugli fondarono (in un casolare sulle colline friulane) la prima etichetta italiana completamente autogestita da musicisti. L’album uscì col titolo “Clangs” e il numero di catalogo Ictus LP001. Nel corso degli anni gli album in catalogo sono diventati 199 e, per festeggiare i primi 45 anni dell’etichetta, Sergio Armaroli e Walter Rovere hanno coinvolto il Teatro Out Off e lo spazio Erratum di Milano dove hanno organizzato quattro giorni di festival e la mostra “Sound Images” con le opere grafiche e pittoriche realizzate da Centazzo sulla notazione musicale a partire dagli anni Ottanta.
Ognuna delle quattro serate del festival ha ospitato quattro concerti con formazioni che si ispiravano ognuna a un album del catalogo Ictus, con musicisti che avevano preso parte alla seduta di registrazione e altri presenti a Milano durante la prima settimana di luglio, soprattutto italiani e statunitensi, sia coinvolti nei primi intensi sette anni della Ictus (1976-1984) sia degli ultimi due decenni – quelli che hanno impegnato Cezary Lerski come coproduttore e che vedono ora il catalogo distribuito dall’editore Nota. Ad aprire il programma il 4 luglio è stato il set dedicato a “Orbits” – con Harri Sjöström (sax), Sergio Armaroli (vibrafono), Steve Piccolo (basso elettrico) e Giancarlo Schiaffini (trombone) – cui hanno fatto seguito tre formazioni in trio dedicate a “Binary Souls”, “The Sould in the Mist” e “Twin peaks”.
La seconda serata, il 5 luglio, ha visto protagonisti quattro quartetti ispirati da “Steps”, “Lava Flows”, “LA Strictly Confidential” e “The Gates”, il primo set, con due giganti come Roberto Ottaviano (sax) e Giancarlo Schiaffini insieme a Steve Hubback alla batteria e Francesca Gemmo al piano (impegnata anche sul versante organizzativo insieme a Sergio Armaroli).
Un quartetto ha aperto anche la terza serata, con un set dedicato a “Koans” e alle percussioni con
Andrea Centazzo, Sergio Armaroli e le batterie di Vasco Trilla e Steve Hubback. Gli altri tre set hanno impegnato sestetti a cavallo fra Americhe ed Europa, a rileggere “On a Rainy Day”, “Flights of Fancy” e “Snow Plow”.
L’ultima serata ha visto protagoniste, fra l’altro, le chitarre statunitensi sui generis - in entrambi i casi con tasti disposti in modo diagonale ad offrire inedite soluzioni melodico-armoniche - di Elliott Sharp (la otto corde Boden sviluppata da Ola Strandberg) e Julia Miller (con una Todd Keehn electric/midi 29 fret). Quest’ultima ha movimentato il primo quintetto dedicato a “Moon in June” con Carlo Actis Dato (sax baritono), Sergio Armaroli, Steve Hubback e un’attenta e geniale Francesca Gemmo, essenziale quanto intensa nel proporre la trama pianistica in grado di collegare i diversi contributi dei compagni di viaggio.
“Latecomers” ha proposto i due tromboni, diversi e complementari di Giancarlo Schiaffini e Steve Swell insieme ad Elisabeth Harnik e ad Andrea Centazzo, entrambi a loro agio nell’esplorare l’ampia paletta di timbri a disposizione fra pianoforte preparato e set
percussivo con metalli, elettronica e giocattoli. “The Battle” ha avuto una chiara matrice elettrica con il basso (e la voce a narrare Sinatra) di Steve Piccolo, il synth e le tastiere di Elisabeth Harnik e le chitarre di Julia Miller e Elliott Sharp, autentico trickster capace di far cambiare rotta al flusso musicale con interventi sempre misurati quanto attenti ad ascoltare le idee provenienti dal resto del gruppo.
Anche l’ultimo set è stato intitolato “The Battle”, ma in questo caso ha avuto un carattere acustico ed è stato diretto con bravura da Andrea Centazzo che ha preparato per l’occasione una partitura che ha alternato parti con arrangiamenti e temi scritti a spazi improvvisativi singoli e collettivi per un ensemble che ha riunito molti dei musicisti del festival, con Ellen Burr ad aprire da par suo con un estesa melodia al flauto basso e Ottaviano ad illuminare alcuni dei momenti improvvisativi più intensi, con una sezione fiati che comprendeva anche Harri Sjöström, Carlo Actis Dato (clarinetto basso), Elbio Barilari (sax e tromba), Guido Mazzon (tromba), Giancarlo Schiaffini e
Steve Swell, Sergio Armaroli, Francesca Gemmo, Elisabeth Harnik, con Jeff Schwartz al contrabbasso e le due batterie di Vasco Trilla e Steve Hubback.
L’intero festival è stato dedicato alla memoria del fotografo Roberto Masotti, le cui foto in bianco e nero erano esposte negli spazi del teatro testimoniando l’attenzione e la sensibilità con cui ha seguito il percorso Ictus dal duo con Steve Lacy al recente “Echoes” con Centazzo e Armaroli.
Alessio Surian
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