Aksask Project – Argonauti (Autoprodotto, 2022)

Una narrazioni più affascinanti della mitologia greca è certamente quella degli Argonauti che, guidati da Giasone sulla nave “Argo” raggiunsero le terre ostili della Colchide alla riconquista del Vello d’Oro, un manto dorato in grado di curare ogni ferita. Tra le pieghe del mito si stagliano le vicende di quei mercanti-marinai proto-greci che attraversavano il mare alla ricerca di oro approdando sulle sponde dell’odierna Georgia sulle cui montagne vivono ancora pastori cercatori-d’oro. Rifacendosi a questo insieme di suggestioni Aksak Project ha dato vita al concept-album “Argonauti” che segue a quattro anni di distanza “Trebisonda” e che li vede rimettersi in viaggio sulle rotte del mito alla riscoperta di quelle rotte che hanno dato vita ad incontri, scambi e dialoghi tra tradizioni, mondi e culture differenti. Questo nuovo disco è anche l’occasione per celebrare venticinque anni di onorato percorso artistico di Aksak Project, un cammino che però ha radici ben più lontane nel tempo risalendo all’esperienza dei Cordigliera, formazione fondata da Massimo Fervari e Achille Meazzi e nel lontano 1976 e la cui appassionante avventura è al centro del corposo volume “La Cordigliera bagnata dal Po”, firmato da quest’ultimo. Proprio dall’esperienza di quel gruppo ha preso vita Aksak Project, un laboratorio a geometrie variabili in costante fermento creativo. Rispetto ai precedenti lavori, questo nuovo album vede il gruppo impegnato in una ricerca sonora ancora più ampia ed organica con Achille Meazzi (oud, ronroco, laouto greco, chitarra, arpa celtica, kalimba, tiple colombiano, siku) che si è fatto carico della maggior parte delle composizioni e guida con mano sicura la line-up composta da Nico Catacchio (contrabbasso e basso), Nicola Mantovani (sax sopranno e tenore) e Eduardo Amedeo Meazzi (cajon set, tamburi a cornice, darbouka, handpan, udu e percussioni), per l’occasione arricchita dalla partecipazione di Eliana Piazzi (harmonium, siku, glockenspiel), Antonio Arcari (fretless bass), Nadio Marenco (organetto) e Gianni Satta (filicorno e tromba). Addentrarsi nell’ascolto di “Argonauti” significa addentrarsi in un itinerario sonoro sulle rotte del Mediterraneo nel quale tra incroci ed attraversamenti sonori si scoprono suoni, ritmi e suggestioni differenti nell’incontro tra la world music e il jazz-rock. Aperto dalle suggestioni nordafricane di “Naos”, guidata da corde e percussioni con la tromba ad impreziosire la linea melodica, il disco entra nel vivo con l’evocativa “Riotago” con il sax a tessere una elegante trama sonora e la suggestiva “NDdP 15.4.19” è un omaggio alla Cattedrale di Notre Dame nel ricordo dell’incendio che l’ha gravemente danneggiata. La brillante sequenza con “Gherardus”, “Kalimbalà” e la rilettura strumentale di “Hay Bel Shahama” di Mohamed Al Ahmed ci introduce al lirismo di “Amaranto” con il climax finale trascinato da fiati, percussioni e corde. La seconda parte del disco riserva ulteriori sorprese con la meditativa melodia di “Dilucolo” dedicata a Gianni Tedolfi, la sinuosa “Atardecer” impreziosita dall’organetto e la riflessiva ballad jazzy “1989”. La dinamica struttura di “Septetoiles” e la sinuosa danza “Danse de l’eau” ci conducono al finale con “Feluka” e la brillante “Ronrock” che suggellano quella che, a buon diritto, può essere definita l’opera più matura e compiuta di Aksak Project. 


Salvatore Esposito

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