Al WOMEX 2021 è circolata “Swiss Music World VI”, una bella antologia promozionale di artisti elvetici di nascita o di residenza, testimonianza della Svizzera multiculturale, nella quale non avrebbero di certo sfigurato i Vent Negru, che da trent’anni operano nella diffusione dei repertori ticinesi e alpini.
Sono nati come duo costituito dal musicista della Valle Onsernone Mauro Garbani (voce, organetti, chitarra, piva, aerofono simile a corno/tromba e ocarina) ed Esther Rietschin (voce, sax contralto e soprano, fisarmonica cromatica, flauti, legnetti, xilofono, ocarina e percussioni), originaria di Basilea, conosciutisi durante uno spettacolo teatrale a Locarno. Dopo un periodo in trio con Gabriele Martini negli anni ‘90, i Vent Negru hanno proseguito in coppia. Intorno alla fine del 2016, il loro cammino musicale procede in formazione di trio con il nuovo arrivato, il giovane musicista e cantautore luganese Mattia Mirenda (voce, chitarra e organetti), già allievo di Garbani, espressione di una continuità di intenti e di passaggio generazionale. Questo magazine si è già occupato di loro in occasione della pubblicazione di “Resumada”; ora è la volta di parlare di “Serenada”, che segna il traguardo dei tre decenni di musica all’insegna di ricerca e rielaborazione, secondo uno stile che vuole riprendere la tradizione dei musicisti itineranti e dei cantastorie di cui i Vent Negru ricalcano l’approccio, percorrendo vie che conciliano rigore e gusto personale. L’anniversario è stato festeggiato anche con l’inserimento del loro sito (www.ventnegru.ch) nell’Archivio Web Svizzera della Biblioteca Nazionale elvetica.
Il titolo del loro nono album, “Serenada”, gioca sul duplice significato dialettale: è la composizione cantata per una persona che deve essere onorata ed è il cielo di una notte limpida e stellata. Si compone di ben ventitré brani che attingono a repertori di canti e danze, attraversando le Alpi fino all’Italia settentrionale.
Partono con un valzer (“Valzer dell’Aldo”, di Aldo Lavagetti, fisarmonicista del conterraneo Trio di Sessa), riprendono le ricerche del seminale Canzoniere della Mea D’Ora” di cui Garbani ha fatto parte (la canzone “L’aria della Garina”, l’antica ballata “Il cattivo custode”, la ninna-nanna- lamento sulla condizione femminile “La Malmaritata”, la curenta “La chicchera”). “Manfrina dei Ceresa”, dal profumo jazzato, è uno dei temi più gustosi del disco, mentre più avanti, seguendo la tracklist, troviamo un altro frammento di monfrina (“Lungi da me..”). Va detto che il repertorio delle monfrine era molto diffuso nel Ticino, in un certo senso la danza accomuna l’arco alpino da entrambi i versanti. Un’altra danza che sprizza piacevolezza è il valzerino “Tunì l’è cioch”, eseguito con piva, organetto e fisarmonica. Interessante la presenza di temi interpretati nello stile del canto spontaneo: “Di qua e di là del Piave”, versione risalente al primo conflitto mondiale, e “Il canto dei contrabbandieri”, diffuso anche in Piemonte e Lombardia. L’inserimento del versatile terzo musicista ha dato una linfa giovanile al sound del duo e condotto a una rivisitazione dei materiali in repertorio con una maggiore articolazione strumentale e vocale, ben evidente nella versione frammento della nota ballata “La povera Cicilia”, nell’antica ballata “Il cattivo custode” e nel canto di ispirazione locale “Sabato di sera”, proveniente dal repertorio dei fogli volanti dei cantastorie del tardo Ottocento o, ancora, nella canzone di Mattia Mirenda “Che confusione, eppur siam qua!”, dove partecipa anche il Coro Calicantus di Locarno. Il giovane polistrumentista è anche autore di altre due canzoni in italiano, “Monetite” e “Un’altra vita”, che aprono nuove traiettorie compositive, mentre ha raccolto lui stesso “Preghiera della buonanotte”, dalla voce di Elvezia Cambiaso, e “Il gobeto gelsomino”, trasmessa da Zaccaria Maffei di Locarno. La vena compositiva del trio si manifesta pure in alcune composizioni strumentali che portano la firma di Garbani: l’evocativa ”La sénzia d’ la sera”, aperta da un antico aerofono in ottone che era suonato per i richiami, “Aria su La Végia”, eseguita su piva e organetto, la squisita “Giallo di primavera” e la curenta “Tusìn Tuséta”, firmata con Mirenda. Invece, è il sax soprano a condurre la deliziosa “Lozz – funky schbryk”, scritta da Rietschin, risalente agli anni ’90 durante un ritiro montano. I tre si spingono in terre meridiane, riprendendo perfino la celebre “Antidotum tarantulae”.
Il Vent Negru spira fresco, mantenendosi costantemente frizzante e salutare dopo trent’anni. Il trio maneggia con cura suoni e timbri, sintetizzando matrice folklorica e nuova sensibilità, diffondendo sobrietà e finezza stilistica, tra consapevolezza delle fonti e originalità.
Ciro De Rosa
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Canton Ticino