Salt House – Working for Zeus/Sam Sweeney – Solo (Hudson Records, 2021)

Registrato in condizioni d’isolamento, con i tre membri della band scozzese separati dal Mare del Nord (due residenti nelle Highlands e una alle Shetland), l’EP “Working for Zeus” contiene diciotto minuti di musica, che si sviluppa attraverso cinque brani firmati dal trio, composto da Ewan MacPherson (voce, chitarra acustica ed elettrica, banjo), Jenny Sturgeon (voce, chitarra, tastiere e harmonium) e Lauren MacColl (violino, viola, glockenspiel e voce). Pervaso da un gusto progressive folk, a cominciare dalla soffusa e gentile title track cantata da MacPherson, l’album si avvale della collaborazione di cinque musicisti molto apprezzati dal trio: Maija Kauhanen (kantele), Cahalen Morrison (banjo a cinque corde e voce), Petter Frost Fadnes (clarinetto basso), Olav Luksengård Mjelva (hardingfele) e Dean Honer (synth), che sono stati coinvolti a distanza in un progetto che elargisce delicatezza. Impasto di voci e synth, contrasto tra l’argentino scintillio del glockenspiel e la profondità timbrica della viola in “Under the Same Moon”. Il violino punteggia la johnmartiniana “The Day We Made a Wood”, in cui il banjo offre un’ulteriore propulsione alla melodia. Nella successiva “Wood of Dreams”, la chitarra elettrica s’innesta sullo sfondo del fraseggio dell’archetto. Ritornano gli intrecci vocali distesi sulle tessiture delle corde nella conclusiva “Sawdust”. Nonostante la collaborazione in remoto, i musicisti hanno realizzato un bell’amalgama, anche in virtù del fine lavoro di produzione di Andy Bell. Sul web li trovate qui: https://www.salthousemusic.com
Ne ha incise sei di tracce, invece, il violinista Sam Sweeney, che i fedeli lettori di questo magazine conoscono bene essendoci occupati già di "The Unfinished Violin" del 2019 e del successivo "Unearth Repeat" del 2020. L’EP “Solo” è stato registrato nel settembre 2021 nella St Martin’s Church di Stoney Middleton (nel Peak District) e pubblicato finora solo in digitale. Si tratta di un luogo familiare per Sweeney che, vivendo nelle vicinanze, quando era più giovane faceva pratica strumentale proprio nella chiesa. I sei temi proposti sono tra i preferiti del violinista ex-Bellowhead, che spiega come alcuni siano stati appresi durante il confinamento pandemico, divenendo una sorta di balsamo per superare la condizione d’isolamento. Si parte con “Untitled Waltz #1”, che arriva direttamente dal manoscritto di Thomas Wrigley (1755) e che sfocia nella danza tradizionale “Tweedside”. Segue un set di morris tunes, “Cuckoo’s Nest / Old Oxford”, mentre “The Four Seasons” proviene dalla partitura settecentesca di Samuel Dickinson. Dalla frizzante squisitezza a un tema più riflessivo, “The Old Captain”. Si chiude con due motivi di grande impatto e di altrettanta magnificenza strumentale, che pure raccontano secoli di storia musicale: “Old Way’s Best / Booth’s Hornpipe”. Venticinque minuti di musica, ma la qualità del musicista, il suono raccolto e intimo e l’acustica della chiesa di St. Martin rendono l’ascolto emozionante. 


Ciro De Rosa

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