Mandol’in Progress – In The Court Of The Mandolin King (Felmay, 2021)

Quando nel 2016, Mauro Squillante (mandoloncello a cinque corde), Gaio Ariani (mandolino, e-bow, mandolino corde singole e arrangiamenti) e Valerio Fusillo (mandola) inaugurarono il percorso discografico del progetto Mandol’in Progress, dando alle stampe “The Dark Side of the Mandolin”, ristampato per Felmay nel 2017, in cui rileggevano integralmente “The Dark Side of the Moon” dei Pink Floyd, a colpire fu non solo il rispetto con il quale si misuravano con le partiture originali, preservandone la tensione immaginifica che lo pervadeva, ma anche la capacità di imprimervi la loro personale cifra stilistica coniugando la ricerca di nuove potenzialità espressive dei rispettivi strumenti a corde con l’improvvisazione. Laddove l’opera floydiana aveva aperto nuovi sentieri nel prog-rock allo stesso modo, il trio ne ricreava le atmosfere e le architetture musicali, mettendo le doti tecniche ed artistiche e l’esperienza maturata in ambiti musicali differenti dalla musica classica al jazz. A distanza di cinque anni, li ritroviamo con “In The Court Of The Mandolin King” in cui riprendono per intero “In The Court Of Crimson King” pubblicato nel 1969 dai King Crimson di Robert Fripp e unanimemente considerato uno dei dischi seminali per la storia del rock in genere, e del progressive in particolare, tanto da essere collocato da Rolling Stone al secondo posto tra i cinquanta dischi prog-rock di tutti i tempi. Rispetto al precedente non è mutato l’approccio dei tre musicisti, ancora una volta, impegnati a sfruttare al massimo le corde dei loro strumenti servendosi di plettri e qualche accorgimento tecnico, non senza qualche bella intuizione atta a ricreare spaccati elettrici e rumoristici. A riguardo Mauro Squillante nelle note di copertina scrive: “Cercando sempre di aderire agli intenti innovativi dei dischi ai quali ci ispiriamo, ma anche fedelmente attenti a non stravolgere il linguaggio degli strumenti a plettro, il nostro nuovo lavoro si spinge oltre nell’esplorazione delle possibili sperimentazioni sui mandolini, addentrandosi nel mondo dell’elettronica e dei suoni contraffatti”. Immergendosi nell’ascolto, le corde riportano ogni brano alla sua essenza originaria, esaltando il genio compositivo di Robert Fripp e disvelando passaggi compositivi, soluzioni melodiche e temi particolari che nell’originale risultano meno evidenti o difficilmente percepibili. L’inziale “21st Century Schizoid Man” sorprende per la potenza del climax rock con il perfetto interplay dei tre strumentisti che nella parte centrale del brano si immergono in uno spaccato improvvisativo che rimanda alle versioni live della più recente line-up dei King Crimson. Se la potenza evocativa di “I Talk To The Wind” e la melodia densa di lirismo di “Epitaph” risplendono sotto una nuova luce, in “Moonchild” emergono gli addentellati con la musica cameristica e barocca che nell’originale trasparivano solo in lontananza. Chiude il disco una superba resa di “The Court Of The Crimson King” nella quale non manca un lungo interludio improvvisato con variazioni melodiche sul tema. C’è, però, ancora tempo per le sorprese che arrivano con la bonus track “Discipline” nella quale spicca la partecipazione di Donato Manco alle percussioni un ultimo regalo agli ascoltatori che in cui Mandol’in Progress si misura con le sperimentazioni minimaliste di Fripp e soci. 


Salvatore Esposito

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