Enrico Maria Papes, …È per l’amore che si canta. Una vita da gigante, Arcana 2021, pp. 232, euro 17,50

È uscito di recente (Arcana, Agosto 2021) "...È per l'amore che si canta" di Sergio Maria Enrico Papes con la collaborazione di Brunetto Salvarani e Odoardo Semellini. L'apparente megalomania del sottotitolo "Una vita da gigante" non tragga in inganno: la narrazione autobiografica non è mai enfatica, anzi è asciutta, quasi minimalista, avulsa dal glam che ha portato I Giganti ad occupare un posto imprescindibile nel panorama beat del nostro paese. Chi allora strimpellava in balera la domenica sera ricorderà che, in assenza di un buon falsettista e di un impasto vocale completo, con il repertorio dei Giganti era meglio non cimentarsi e coverizzare altrove. Accanto ad un falò in spiaggia, invece, "Una ragazza in due" riusciva ad aggregare le compagnie più eterogenee, purché almeno leggermente etiliche. La lettura scorre in modo fluido e lascia trasparire chiaramente come questi ottant'anni di vita siano stati per il barbuto batterista un intreccio di musica, famiglia, impegno sociale, avventura, ambientalismo in un equilibrio costante di leggerezza e di impegno. Il libro riesce così ad accontentare, al tempo stesso, sia gli appassionati delle vicende umane alla base dello star system, sia gli esegeti più esigenti e pignoli. Per questi ultimi, segnaliamo una discografia illustrata (peccato per il b/n) molto accurata e comprensiva sia delle non poche stampe uscite all'estero sia delle molteplici collaborazioni dell'autore con Clem Sacco e Guidone, agli esordi. Originale l'impostazione double-face del libro, una parte del quale va letta al contrario, per separare la narrazione dell'itinerario umano da quello artistico. Quest'ultimo, grazie alla descrizione delle mani esperte di Brunetto & Edo, non nuovi a questo esercizio, si scopre molto ben inserito nel contesto socioculturale del periodo di attività dei Giganti: la semplicità del linguaggio delle loro canzoni (di parecchie erano autori non accreditati) fu infatti una chiave vincente per trasmettere un messaggio efficace ma non stucchevole. Sul piano musicale, ribadiamo, la scelta di focalizzarsi sulla ricerca vocale piuttosto che strumentale, li portò a collocarsi al primo posto tra le formazioni canore del beat italiano. A mo' di esempio, si metta a confronto "A Taste of Honey" dei Beatles con "In paese è festa": c'è un abisso. Ho un rammarico: non averli mai sentiti dal vivo, pare fossero più bravi che sul disco. 

Franco Settimo

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