Francesco Anselmo – Pluriball (Fenix Music, 2022)

Era il 2018 quando Francesco Anselmo, cantautore madonita, centrava la cinquina delle Targhe Tenco nella categoria opera prima con l’esordio “Il gioco della sorte”. A distanza di quasi cinque anni, Anselmo lo ritroviamo con “Pluriball”, il suo secondo album in carriera che, fra colori acustici e saliscendi elettronici, disegna una vera e propria cartografia generazionale, raccontando della condizione - soprattutto mentale - di perenne adattamento da fuorisede. Ad aprire l’album sono gli arpeggi di chitarra acustica di “Arredamenti” (“E ti spaventa correre al lavoro, è lo stato naturale delle cose, ma hai bisogno della paura per sentire qualcosa di vero”), pezzo intriso di una stagnante ed acquosa malinconia, sottolineata dal tappeto di elettronica. A seguire troviamo “Satelliti di condominio” (“Ma in fondo siamo barche, siamo valige, siamo santi, e ci basta un po’ di vento per andare avanti. Siamo un valzer da ballare tra il divano e il tavolino, ci giriamo intorno. Siamo satelliti di condominio”), esempio di raffinato pop d’autore, che si snoda lungo le trame di una elettronica densissima, su cui poggia una turbinante linea di basso. La title- track (“Pluriball, pluriball, pluriball, fai attenzione, che sono fragili le tue paure, non voglio romperle per il mio bene”) prosegue nel solco della canzone precedente, incastrando perfettamente una chitarra elettrica ed una batteria secca fra le crepe di muro di elettronica. “Davanzali” (“Di ritorno verso casa, complice una bagnata ironia, vento e grandine gigante, come per Palermo il giorno di Santa Lucia”) si muove, melanconica, su un arpeggio di chitarra fragilmente zoppicante, protetto da un rarefatto guscio di sintetizzatori. Sempre un arpeggio, stavolta decisamente più nervoso del precedente, sostiene “Equilibrio verticale” (“Lontano nella notte c’è la luna senza mantello, aiutami con quello a stendere le voglie. E ho voglia di trovare un equilibrio verticale così che possa celebrare lo stallo dell’amore”), uno degli episodi migliori dell’intero album, segnato da una ritmica incessante e trascinante. La voce megafonata di Anselmo ci accompagna verso “Penne in scatola” (“Ho diminuito le distanze tra parole e rima, pare molto utile ma adesso parlo più di prima. Fermati un istante, ti prego segui le mie voglie”), passaggio dall’interessante tiro rock, che mette in piedi un credibilissimo connubio fra schitarrate elettriche dal gusto noir ed improvvisi squarci di sintetizzatori. “Savastin” (“Pensare parole da maledire, e non capire se è un sogno che ancora rimbalza, mi sfiora, come una mano colora o un’incertezza di vecchia memoria”) è una intensa ballad, sostenuta dal pianoforte, riempita da uno spesso tappeto di elettronica e dinamizzata da una avvolgente linea di basso. Penultima traccia è “Lo dici veramente” (“Prova almeno a ricordare che la letteratura è il tuo chiodo fisso, lo so che sogni ancora di cambiare il mondo, tu dimmelo adesso, tu dimmelo adesso, tu dimmelo adesso che i fuochi spenti sono la tua crisi di governo”), brano che si muove perfettamente fra tensioni elettriche, convulsioni elettroniche, arpeggi acustici ed una linea di basso incendiaria e caleidoscopica, in un gioco di commistioni centratissimo ed intelligente. A chiudere il lavoro ci pensa “Fiammifero” (“Siamo un fiammifero che si fa gioco del vento, una vertigine che spezza la gravità, un orologio che ha fatto a cazzotti col tempo, un pugile steso al tappeto che si rialzerà”), brano che porta la co- firma di Buva, compagno di Francesco nel progetto AdoRiza, e che si tinge di colori crepuscolari ed autunnali, fra le trame viscose del tappeto di elettronica ed i graffi di un bouzouki. In conclusione, il secondo lavoro di Francesco Anselmo si presenta come un album con le idee (musicali, interpretative e poetiche) chiarissime e mature, graditissima conferma di uno dei prospetti più interessanti della nostra canzone d’autore. 


Giuseppe Provenzano

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