Cheng Yu with Dennis Kwong Thye Lee – Longyin. The Dragon Chants (ARC Music, 2021)

Residente a Londra dagli anni Novanta, l’artista cinese Cheng Yu (classe 1964) è una rinomata concertista di pipa, il liuto a quattro corde dalla cassa piriforme, e del guqin, la “cetra antica” a tavola, eptacorde, disposta in posizione orizzontale, priva di ponticelli mobili e di tasti, pizzicata senza plettri o unghie artificiali. La tradizione cinese colloca in tempi remoti l’origine dello strumento che, grazie anche alla dottrina confuciana, divenne la cetra dei letterati e della classe dirigente dell’impero, pur non essendo disdegnata dai ceti popolari, se è vero – come si racconta – che ci fu chi tra i meno abbienti raggiunse il rango di funzionario proprio per la sua dedizione al guqin. Nei secoli la sua fortuna ha alternato momenti di fioritura e di decadenza in termini di promozione sociale e di pratica dello strumento. Nella sua fattura contemporanea il guqin, di forma quadrangolare, è costituito dalla parte superiore in legno di paulonia e da quella inferiore in catalpa. Nella dualità dialettica della tradizione filosofica e culturale cinese, la prima rappresenta il Cielo e lo yang, la seconda, la Terra e lo yin. L’esecuzione musicale comporta l’unione e l’armonizzazione delle due parti per tramite dell’Uomo (il/la musicista). Dal 2003 lo strumento è inserito nella lista UNESCO del patrimonio culturale immateriale. Nata a Beijing, cresciuta nel nord-ovest cinese dove la famiglia era stata esiliata durante la Rivoluzione Culturale, Cheng Yu ha studiato il pipa prima con suo padre nello stile Pudong, poi con rinomati suonatori nello stile Pinghu della zona in cui è vissuta. Il suo maestro di guqin è stato il grande Li Xianting, con cui si è diplomata al Conservatorio di Xi’an (abbiamo parlato del disco di Cheng Yu e del maestro in occasione della pubblicazione dell'album "The Sound of Silk" inciso con Li Xiantgting). Già solista di pipa nella Orchestra Centrale di Musica Cinese, l’artista si è laureata in etnomusicologia alla SOAS di Londra, dove insegna i suoi due strumenti elettivi; ha co-fondato l’UK Chinese Music Ensemble, la London Youlan Qin Society e il Silk String Quartet. La dimensione internazionale della sua carriera l’ha portata a collaborazioni interculturali con il violoncellista Matthew Barley, il rocker Damon Albarn, i compositori Tan Dun, Peter Wiegold e Gabriel Prokofiev, la London Symphony Orchestra e Third Orchestra. Numerosi anche i riconoscimenti conferiti da istituzioni quali Arts Council of England, Women in Music, Arts and Humanities Research Council Dietro la realizzazione di questo nuovo progetto si intravede il meticoloso lavoro di ricerca e la deferenza verso lo strumento suonato, che ha una storia affascinante di per sé. Difatti, si tratta di un guqin chiamato affettuosamente “longyin” (significa “canti del drago”, da cui il titolo dell’album) da uno dei due suoi precedenti proprietari, il celebre sinologo olandese Robert Hans Van Gulik (1010-1967), l’altro è stato l’altrettanto eminente studioso britannico Laurence Picken (1909-2007). Dopo la loro scomparsa, e dopo essere passato a un altro ricercatore, Stephen Jones, la cetra è passata nelle mani sapienti di Cheng Yu, la quale per questa registrazione, che si prefigge di onorare i due imprescindibili sinologi del passato, ha usato delle corde di seta risalenti agli anni Trenta del secolo scorso, che esaltano il suono rendendolo più caldo e delicato ma non per questo meno ricco. A dirla tutta, Cheng Yu ha dovuto anche sostituire in corso d’opera la settima corda, impiegando una cordatura di poco posteriore (risalente agli anni Quaranta). Insomma, si comprende che siamo di fronte a un magnifico artefatto, la cui storia si può leggere nell’accurato booklet accluso al lavoro inciso per la ARC Music. Yu è accompagnata in alcuni brani da Dennis Kwong Thye Lee, altro londinese d’adozione ma malaysiano di nascita, eccellente suonatore di xiao, un flauto di bambù posizionato verticalmente. Lee suona musica cinese fin dall’adolescenza, esperto sia di musica folklorica e classica cinese che di repertori crossover. Anch’egli è un membro dell’UK Chinese Music Ensemble. Le undici composizioni del programma sono un viaggio nel tempo, dal 2000 a.C. fino al secolo scorso, con temi folklorici e d’autore nei quali riluce tutta l’abilità della strumentista e la sua versatilità esecutiva. L’abile lavoro sulle corde per ottenere variazioni di volume e di timbro, i glissando, i giochi di armonici, la produzione di diversi tipi di vibrato e lo stesso sfregamento delle dita sulle corde contribuiscono a tutta quella vasta gamma di sfumature timbriche, esaltate, per di più, dalla seta delle corde. Permeano il lavoro atmosfere meditative e contemplative, con qualche passaggio di carattere sentimentale. Tra i motivi per guqin solo che colpiscono, segnalo l’iniziale “Shen Ren Chang” (“Gioia di Dei e Uomini”, pubblicato nel 1525 ma attribuito al leggendario imperatore Yao, vissuto tra il 2324 a.C. e il 2206 a.C.), tema esemplare per far risaltare la tecnica esecutiva, il rapsodico “Jiu Kuang” (“Estasi da ubriaco”) del poeta e strumentista Ruan Ji (210-263 d.C.), “Oulu Wangji” (“Senza secondi fini”, un tema del XVII secolo) e il popolare brano “Xiaoxiang Shuiyun” (“Nebbia e Nuvole sui fiumi Xiao e Xiang”). Tra le composizioni accompagnate dal flauto, risaltano “Changmen Yuan” (pubblicato nel 1931, ma risalente al periodo Han, 206 a.C. - 221 d.C.), “Dongting Qiusi” (“Pensieri autunnali sul lago Dongting”), anch’esso risalente al XVI secolo, episodio dalla struttura melodica intricata, e “Meihua Sannong” (“Tre variazioni sul susino in fiore”), il pezzo di chiusura, un’altra melodia tradizionale molto popolare in Cina per il grande valore simbolico del fiore di pruno. Un’arte musicale antica trasmessa nella contemporaneità da una studiosa e artista già vista in Italia in un recital torinese qualche anno fa. Cheng Yu è un nome che non dovrebbero farsi sfuggire direttori di festival, operatori culturali e accademici se hanno a cuore fare ascoltare nei loro programmi concertistici una strumentista di grande levatura esponente di una tradizione musicale antica di oltre tre millenni. 


Ciro De Rosa

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