18 febbraio 1982. Mercedes Sosa: “Tutto il sangue può essere una canzone nel vento”

Nel 1981, esiliata a Madrid, Mercedes Sosa viveva con sempre maggiore sofferenza la distanza dall’Argentina. Complice un tour in Brasile, decise di far visita alla sua famiglia a Tucumán e in quell’occasione Buenos Mona Moncalvillo riuscì a intervistarla per la rivista Humor. L’intervista in cui lamentava la censura che la teneva esiliata spinse il produttore Daniel Grinbank a verificare come riuscire ad organizzare nuovamente concerti di Mercedes Sosa sul suolo argentino. In quei giorni Grinbank era testimone della capacità di gruppi come Serú Girán di dar vita a musica e versi per amplificare l’antagonismo alla dittatura. “Canción de Alicia en el país” di Charly García vedeva un fiume di voci unirsi in un canto collettivo desideroso di erodere il tempo rimasto al regime militare: “el asesino te asesina” (l’assassino ti assassina) cantavano; e ancora: “un río de cabezas aplastadas por el mismo pie” (un fiume di teste schiacciate dallo stesso piede). Non era facile, però, immaginare un ritorno sul palco di Mercedes Sosa: militante del Partito Comunista, simbolo di lotte e rivoluzioni per i due lati dall’Atlantico. 
Il rapporto di Mercedes Sosa con Daniel Grinbank risaliva al 1978, al concerto con Raúl Porchetto che avevano programmato al teatro Premier. Il concerto venne vietato all'ultimo momento e Mercedes Sosa si recò personalmente al teatro per ringraziare Grinbank e promettergli che, quando avesse avuto di nuovo la possibilità di cantare a Buenos Aires, avrebbe chiesto a lui di organizzare il concerto. Venerdì 21 ottobre 1978 Mercedes Sosa venne accusata di infrangere la legge 19.798 sulla censura musicale. A La Plata, nell’Almacén San José, di fronte a trecento persone, la cantante era in scena accompagnata dal chitarrista Nicolás Colacho Brizuela. Fuori dal teatro era schierato un corpo di polizia. Concerto dopo concerto, quella presenza minacciosa si materializzava, incombeva senza passare all’azione. A fine concerto il pubblico chiede con forza “Cuando tenga la tierra” e Mercedes Sosa la canta: “Quando avrò la terra, la avranno quelli che lottano, gli insegnanti, i mastri d’ascia, gli operai”, e poi “Canción con todos” “Tutte le voci, tutte, tutte le mani, tutte / tutto il sangue può essere una canzone nel vento”. Questa volta irrompe la polizia. Mercedes Sosa viene fatta scendere dal palco, portata via e rinchiusa per diciotto ore nel commissariato locale. E così gli spettatori, ammassati nel cortile del commissariato di polizia e nelle celle comuni sul retro, per essere poi rilasciati il giorno dopo. L’artista viene maltrattata e insultata: “Negra de mierda, comunista”. Verso la fine del 1981, d’accordo con Grinbank, fu il figlio ventiduenne di Mercedes Sosa, Fabián Matus a provare a negoziare con polizia e censura (Superintendencia de Seguridad Federal) le condizioni per poter organizzare nuovamente alcuni concerti. L’incontro con la Superintendencia fu surreale: pistola sulla scrivania, sermone autoritario per cominciare, conversazione di un paio d'ore, verifica che la maggior parte del repertorio di Mercedes Sosa era stato inserito nella lista delle canzoni vietate. Su due canzoni la censura non era disposta a fare alcuna concessione:
“Fuerza, fuerza, fuerza” di José Luis Castiñeira de Dios e Susana Lago, e “La carta” di Violeta Parra. Paradossalmente, non eccepirono sulle due canzoni che avevano portato all’arresto, “Canción con todos”, “Cuando tenga la tierra”, né su “Fuego en Anymaná”, “Guitarra enlunarada”, “Triunfo agrario” e neppure su “Sueño con serpientes" del cubano Silvio Rodriguez. Mercedes Sosa poté così rientrare a Buenos Aires a inizio del 1982, un martedì di febbraio, il 16, in piena estate. Due giorni dopo, col suo poncho nero, sul palco del Teatro Opera coperto di garofani bianchi, aprì il concerto dicendo semplicemente: "Mi chiamo Mercedes Sosa. Sono argentina". La accompagnavano José Luis Castiñeira De Dios al basso e alla chitarra, Omar Espinoza alla chitarra e al charango, e Domingo Cura alle percussioni. Cominciando a cantare abbracciò a poco a poco tutta l’Argentina, con un repertorio che attraversava i ritmi delle diverse regioni, la campagna e la città, il nuovo folk, il rock, la Nueva Trova cubana, il tango, e venne condiviso con León Gieco, Charly García, Antonio Tarragó Ros hijo, Raúl Barboza, Ariel Ramírez, Rodolfo Mederos, Rubén Rada, Julio Lacarra. Quei tredici concerti (in parte documentati dal disco doppio "Mercedes Sosa en Argentina") segnarono un punto di non ritorno, chiusi ogni volta dai versi scritti da Tejada Gómez: “Toda la sangre puede ser canción en el viento”.


Alessio Surian 

Posta un commento

Nuova Vecchia