Spiers & Boden – Fallow Ground (Hudson Records, 2021)

Il confinamento pandemico ha ispirato questa nuova produzione dell’accoppiata vincente John Spiers e Jon Boden, che si ritrovano a suonare in coppia dopo i reciproci impegni solistici e la reunion dei Bellowhead, consegnandoci un album in duo a dieci anni di distanza dal precedente, celebrativo “The Works”. Pubblicato a settembre 2021, prodotto per la Hudson Records da Adam Bell, ingegnere del suono e direttore & label manager dell’etichetta indipendente inglese, “Fallow Ground” porta un titolo (traducibile come “maggese” o “terreno messo a riposo”) che, metaforicamente, si riferisce non solo alla scelta di aver messo da parte per un po’ di tempo il duo Spiers & Boden, ma anche all’impatto che la crisi sanitario-politica ha avuto e sta ancora avendo sulla musica dal vivo. In realtà, la decisione di realizzare un album era stata presa prima dell’emergenza covid19, ma poi il lavoro è stato registrato tra un lockdown e l’altro. “Fallow Ground” è un disco di altissimo livello, che produce e trasmette piacere e gioia, come a contrastare le cupezze pandemiche. Senza farsi mancare un tocco di British humour, così Boden lo racconta: “Credo che stessimo cercando delle canzoni, durante l’isolamento, che avessero un senso di divertimento e di sollievo leggero. Mi rendo conto che nell’album ci sono zero canzoni sulla morte, il che probabilmente succede per la prima volta e che potrebbe farci espellere dalla English Folk Dance & Song Society. Sì, canzoni tradizionali con un tocco di gioia”. Messe da parte le chitarre, Boden canta e imbraccia il violino, mentre Spiers canta e suona organetti e concertina (sul suo canale Youtube, John illustra tutti i brani e i mantici utilizzati in questo lavoro). A proposito dell’approccio canoro di Jon, invece, va detto che il cantante di Winchester assume un mood vocale più intimista, che si allontana dai modi interpretativi più teatrali della sua trilogia apocalittica. Per il resto, ritroviamo la loro magistrale complementarità melodica degli strumenti, il fraseggio puntuale e dosato del violino e la spinta ritmica degli organetti sempre calda efficace. Colgono subito nel segno, aprendo con la folk song australiana “Bluey Brink”, proveniente dal repertorio di Peter Bellamy. È un bell’incrociarsi di archetto e mantice (Eric Martin 2 file 3 voci in RE/SOL) nel raccontare di un tosatore di pecore dell’outback australiano, grande bevitore e stakanovista, che ingurgitava acido solforico, con il risultato di bruciarsi la barba nel tossire. Non meno divertente e dal portamento vivace è “Butter & Cheese & All”, sempre dal corpus cantato da Bellamy, un cantante che ha molto influenzato il canto di Boden (la versione è quella che cantava Sam Larner ed è conosciuta anche come “The Greasy Cook” o “Cupboard Love”). Qui, il corteggiatore di una cuoca si nasconde dalla vista dei padroni di casa rifugiandosi nel camino con le tasche piene di burro e formaggio con prevedibili esiti prodotti dal calore… La fluidità del duo primeggia nel primo set strumentale, “Cuckoo’s Nest / Saltash / William Irwin’s Modal Hornpipe”, che mette insieme tre danze molto diverse nella loro struttura una morris originaria di un paesino del distretto di Cotswolds, un tema cornico e una hornpipe, recuperate da fonti diverse. Spiers ha scritto “The Fog”, un motivo più riflessivo dal sapore musicale scandinavo, ispirato alle atmosfere invernali del luogo in cui vive. 
Invece, “Hind Horn” è una ballata scozzese, combinata con una melodia tradizionale franco-canadese. Nei due successivi medley strumentali il duo ci porta “The Mallard / Valentine / The Procession”, tema fascinoso ed elegante il primo, seguito da un’altra morris (il papà di John era un grande cultore e performer della tradizione delle morris dance) e da un jig scritto da Spiers, mentre “Godesses / Red House” giungono a noi dal famoso corpus seicentesco del “Playford’s Dancing Master”. Nella prima tune ascoltiamo la concertina (una Anglo Jeffries 51 key in DO/SOL), mentre la seconda melodia (in cui entra anche l’organetto, un duttile Salterelle Connemara II in DO/FA) ha una storia che merita di essere raccontata, visto che, viaggiando oltre Atlantico, come accade alle musiche tradizionali, ha finito per diventare la melodia usata in un famoso spot della Pepsi negli anni ‘30 e ‘40 del secolo scorso. Le note di presentazione dell’album riportano che la title track, un tradizionale cantato da par suo da Jon, conosciuto anche con il titolo romantico di "As I Stood under My Love's Window" o se preferite con il più prosaico “The Cock”, “è un'insolita canzone d’amore tradizionale in quanto non si vanta della ‘conquista’ né si lamenta del tradimento o dell’abbandono”, perché alla fine tutti si sono divertiti. Seguono “Giant’s Waltz / The Ironing Board Hornpipe”, due deliziose e accattivanti danze (con tanto di foot stomp) composte, rispettivamente, da Boden e Spiers, il cui interplay tra violino e melodeon (un Saltarelle Connemara II in RE/SOL) raggiunge livelli elevati, a testimoniare la grande comunicativa tra due artisti che hanno si sono incontrato almeno due decadi af in una session all’Elm Tree di Oxford. Dal folksinger del Teeside Graeme Miles prendono la melanconica “Yonder Banks”, dove John imbraccia di nuovo la concertina (una Jones Anglo Concertina 34 chiavi in SOL/RE) per poi lanciarsi in “Funney Eye / Cheshire Hornpipe”, un’altra gustosa festa danzante. La prima melodia, proveniente dal manoscritto del XIX secolo del violinista di Bampton William Henry Giles, era incompleta e Spiers ci ha messo mano lui (“in maniera intuitiva”, dice) per darle la fisionomia definitiva. La seconda è stata appresa dal gran maestro del mantice John Kirkpatrick. Proseguendo l’ascolto, risplende la versione della celebre “Reynardine” per l’essenzialità narrativa adottata dalla coppia, che costruisce una melodia circolare, avvolgente e magnetica intorno al racconto-avvertimento, pratico più che morale sulle relazioni illegittime, risalente a un’epoca in cui la morte per parto era molto frequente e i bimbi nati fuori dal matrimonio e allevati da una madre single potevano essere condannati a una vita davvero difficile mancando del tutto il sostegno sociale dello Stato. Spiers e Boden chiudono con l’elogio-evocazione strumentale di due colline, “Bailey Hill”/ Wittenham Clumps”, due luoghi dall’antica presenza umana nelle costruzioni che hanno visto la natura riconquistare il suo primato e che sono molto cari ai nostri musicisti. Si tratta di due motivi firmati rispettivamente da Jon e John, quest’ultimo è ben felice di farci sapere che qui suona un melodeon in RE a una fila realizzato dal gallese Rees Wesson (modello Clipper), strumento che, come ci dicono le note del disco, decisamente lo entusiasma... e si sente. In definitiva, se siete arrivati fin qui avrete senz’altro capito che l’autorevole e premiato duo ha realizzato uno degli album “tradizionali” più entusiasmanti dell’anno appena trascorso, a testimonianza della belle effervescenza del movimento folk albionico. 


Ciro De Rosa

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