Sarah Aroeste – Monastir/Sarah Aroeste – Hanuká! (Aroeste Music LLC, 2021)

Sarah Aroeste è una musicista statunitense dalle profonde radici ebraiche che si spingono fin nell’area macedone e greca. Ha trascorso gli ultimi vent’anni della sua carriera artistica impegnandosi nella ricerca sulla musica delle origini. Dopo aver pubblicato già diversi album, nel 2021 è uscito “Monaustir”, un piccolo scrigno in cui sono racchiuse diverse perle della musica sefardita. Quando gli ebrei che vivevano in Spagna, soprattutto nella regione dell’Andalusia, nel 1492 furono cacciati dai cristiani e costretti a migrare ad est, una parte di essi si stabilì in Turchia. Per molti secoli Monastir fu uno dei più importanti centri della comunità ebraica, punto di riferimento per le altre città di quell’area. Purtroppo con l’Olocausto tutta la popolazione ebraica venne deportata nel campo di concentramento di Treblinka, in Polonia, dove venne orrendamente sterminata. A Monastir, città balcanica crocevia tra Turchia ed Europa Occidentale, oggi chiamata Bitola, nacquero i nonni e gli antenati di Sarah Aroeste. Una delle pochissime persone sopravvissute fu Rachel Nahmias, una cugina del nonno, oggi vivente, che ha raggiunto l’età di 103 anni. Una piccola comunità ebraica si è successivamente ricostituita a Skopje, con circa 200 persone. L’artista, che ha studiato l’opera classica, entrò in contatto con la musica sefardita nel corso di un’estate a Tel Aviv, nel 1997, presso l’Israel Vocal Arts Institute. Gli studi con Nico Castel, uno dei più grandi cantori in ladino e formatore presso la Metropolitan Opera, la spinsero a inserire brani classici della musica sefardita all’interno del repertorio operistico. Nel corso della sua carriera ha pubblicato finora cinque lavori, collaborando anche con Frank London (The Klezmatics) e Tamir Muskat (Balkan Beat Box). Ha cercato di portare avanti l’idea di una ventata di freschezza nell’interpretazione del repertorio sefardita che si osserva anche in questo CD. La Aroeste è stata più volte nella zona di Bitola, nella Macedonia del Nord; dopo un primo viaggio nel 2017 rimase profondamente toccata dall’accoglienza della comunità che ha voluto contribuire alle ricerche dell’artista. Per “Monastir” la Aroeste ha scelto dieci brani del repertorio tradizionale guardando alla vita degli ebrei prima della seconda guerra mondiale: kantikas, romanze e melodie antiche di secoli. Alcuni brani sono cantati in lingua macedone, mentre altri selezionati sono in ladino, la lingua giudeo-spagnola che gli ebrei parlavano dopo l’espulsione dalla Spagna, che ha assorbito anche elementi delle lingue della costa mediterranea. Uno di questi, “Espinelo”, rappresenta l’allegoria del popolo ebreo salvato dall’impero turco, attraverso la storia di un bambino gettato dalla madre nelle acque dell’oceano per evitare lo scandalo di avere dato alla luce due gemelli (la superstizione sosteneva che la madre fosse un’adultera andata con due uomini). 
I pescatori lo salvarono e lo consegnarono al Re senza prole che lo allevò portandolo al rango più alto. “Espinelo” era una romanza, priva di melodia trascritta dall’etnomusicologa Max Luria, di cui la Aroeste ha composto la musica coinvolgendo la stella del flamenco israeliano Yehuda Shveiky. Alcuni brani presenti nella raccolta erano popolari nei Balcani, ma la versione specifica era unica diffusa tra gli ebrei di Monastir. Nei brani cantano anche la star dell’opera Helena Susha (nella traccia 7), una dei pochi ebrei rimasti in Macedonia, e la superstar israeliana Yehoram Gaon (traccia 3). Oltre trenta musicisti da cinque paesi (al clarinetto, tastiere, organetto, sassofono, chitarre, percussioni, basso elettrico, baglama, qanun e, ovviamente, alle voci) hanno contribuito a questo lavoro ricco di sonorità e ritmo che ha puntato l’attenzione particolarmente sulla ricerca delle fonti. “Hanuká!” raccoglie brani della festa delle luci, celebrazione degli ebrei in ogni parte del mondo. Hanuká commemora la vittoria degli ebrei Maccabei contro l’esercito greco-siriano che aveva violato il tempio in Gerusalemme. Rifiutando di adorare gli dei greci, i Maccabei riportarono il tempio al suo culto originario, ed utilizzarono l’olio che normalmente sarebbe durato un giorno, per bruciarlo in otto giorni. L’album include melodie tradizionali e contemporanee, tra cui la nona traccia basata su una melodia del compositore veneziano del diciottesimo secolo Benedetto Marcello. I testi sono perlopiù di composizione originale oppure tradotti da studiosi, docenti della Aroeste. Anche questi brani sono cantati interamente in ladino, la lingua che collega gli ebrei sefarditi in tutto il mondo per rappresentarne la ricchezza musicale. Ma nessun album di Hanuká può ritenersi completo senza lo standard noto in tutto il mondo: “Ocho kandelikas” di Flory Jagoda, che viene rappresentata grazie ad una danza e suonata dal chitarrista flamenco Yehuda Shuky Shveiky. La celebrazione di Hanuká gioisce della luce che ognuno porta al mondo come una duratura testimonianza del potere della musica sefardita e della lingua ladina: per molti ebrei rappresenta anche la gioia di stare in famiglia con i bambini che cantano in coro le canzoni di Hanuká. 


Carla Visca

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