Le attività di Liquilab per la salvaguardia, la valorizzazione e la tutala del Patrimonio Culturale Immateriale del Sud Salento

Tricase è un bel posto, sull’Adriatico, nel Capo di Leuca; dalla costa, guardando verso oriente sono visibilissime le alture dell’Albania, e ciò l’ha resa storicamente luogo di approdo e di partenze; poco più a nord Castro e Otranto condividono la stessa vocazione e l’inevitabile flusso di turisti, specialmente d’estate. Nel centro storico di Tricase, in alcuni spazi dell’ex convento dei Domenicani, c’è la sede di Liquilab, un’organizzazione culturale nata che si occupa di ricerca antropologica e visuale, di cinematografia etnografica, di arti popolari, contemporanee ed etniche (Teatro, Danza, Musica e Fotografia), nonché di turismo esperienziale e delle radici. Liquilab è un cantiere di sperimentazione che valorizza i soggetti e i luoghi, attraverso la ricerca sul patrimonio culturale del territorio, con attenzione alla microstoria, alle storie di vita della gente comune, con l’obiettivo di alimentare la consapevolezza del valore e la responsabilità verso l’eredità culturale e la sua salvaguardia. Mission di Liquilab è, insomma, l’identificazione, salvaguardia, tutela, valorizzazione e trasmissione del Patrimonio Culturale Immateriale e materiale del sud Salento. Dalla sua fondazione, lavora nella realizzazione e nello studio di repertori della cultura popolare nel sud Salento e si impegna nella inventariazione, catalogazione, valorizzazione e diffusione degli stessi (cfr.: https://www.liquilab.it/it/).
All’interno delle stanze di Liquilab, vi sono la Bibliomediateca delle Tradizioni Popolari, tra cui le pubblicazioni scientifiche di Liquilab Editore, si tengono laboratori di cultura popolare, musica e canto tradizionale, spettacoli di cultura, musica e arti contemporanee ed etniche, la Scuola di Antichi Mestieri per valorizzare i modi di vivere del passato e tramandare i saperi antichi alle nuove generazioni. Tra le numerose attività, ricordo quelle principali:
LiquiMag - Magazzino delle memorie, un archivio digitale narrativo in cui confluiscono la registrazione di storie di vita della gente comune (accanto a documenti fotografici, video e audio, album di famiglia), di canti popolari, di pratiche rituali vive nell’area: esso costituisce un riferimento importante per i ricercatori, gli studiosi, gli operatori culturali, gli abitanti del posto, i turisti e per i futuri progetti di analisi e di indagine. Attualmente l’archivio è composto innanzitutto dal Fondo Liquilab, i documenti si riferiscono al periodo compreso dalla fine del 1800 ad oggi e la maggior parte dei documenti è stata prodotta all’interno di progetti sviluppati a partire dall’anno 2008. Oltre al fondo Liquilab, l’archivio accoglie i fondi di altri soggetti che si occupano o si sono occupati di ricerca antropologica ed etnomusicale nell’area salentina: si tratta di contributi fondamentali, dovuti 
all’indagine e al lavoro di recupero condotto da operatori culturali (testimoni, musicisti, ricercatori in genere) protetti dai rischi della dispersione e della frammentazione. L’archiviazione è stata eseguita attraverso il Vademecum per il trattamento delle fonti orali, frutto di un lavoro collettivo che ha coinvolto rappresentanti dell’università, della pubblica amministrazione e delle associazioni scientifiche in Italia.
L’archivio Liquimag promuove la conoscenza e la fruizione di raccolte di testimonianze orali, storie di vita ed altra documentazione sonora ed audiovisiva; esso è costitutivamente aperto alla implementazione e alla fruizione, si propone come un sistema partecipato, uno strumento di documentazione ed educazione alla consapevolezza, poiché i patrimoni culturali non esistono in astratto, ma nella vita e nelle storie delle persone. LiquiMag è in convenzione con l’Istituto Centrale per il Patrimonio Immateriale del Ministero della Cultura, con l’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione del Ministero della Cultura e con il CIHEAM di Bari (cfr.: https://liquimag.com/)
Museo etnografico della vita popolare. È costituito da una raccolta di oggetti della memoria delle comunità del sud Salento, che datano dalla fine dell’‘800 fino al secondo dopoguerra. Si tratta di testimonianze materiali della civiltà contadina, marinara e di mestieri che tendono ormai a scomparire. Gli oggetti, all’interno del Museo di Liquilab, non valgono solo come del passato, bensì agiscono come
attivatori di narrazioni, processi di patrimonializzazione partecipata, dialoghi e scambi, nuove visioni del mondo, futuri progetti di analisi e indagine. Una collezione del Museo è stata dichiarata di interesse culturale dal Ministero della Cultura, ai sensi del D.Lgs. 42/2004, Codice dei beni culturali e del paesaggio.  
L’unione tra “LiquiMag – Magazzino delle memorie” e il “Museo etnografico della vita popolare” invita a considerare l’utilità di valorizzare le rappresentazioni culturali degli oggetti in disuso; oggetti che producono da un lato ancora racconti, emozioni e passioni, in chi li usava quotidianamente (ex contadini e pescatori, massaie, calzolai, barbieri, ricamatrici, ecc…) e dall’altro lato interesse e curiosità da parte di giovani generazioni e viaggiatori stranieri. Le storie di vita, i ricordi e i racconti legati a quegli oggetti, inseriti all’interno di LiquiMag, consentono di recuperarne i valori simbolici e affettivi, e quindi l’aspetto antropologico e la loro dimensione relazionale. Considerando che gli oggetti sono densi di pensieri di chi li ha posseduti, usati, vissuti, il museo intende approfondirne la sostanza, ascoltare la voce di chi li ha usati e pensati nella vita quotidiana. Quindi gli oggetti raccolti nel museo etnografico non mettono in mostra semplicemente se stessi, ma sono testimoni, evocano e suscitano memorie, narrazioni, tecniche, saperi riproducibili e attualizzabili. Memorie che designano una presenza 
alla pluralità del tempo e non si limitano dunque al passato; esse prevedono le molte strade del futuro combinando le particolarità antecedenti o possibili.
Scuola Estiva di Storia delle Tradizioni Popolari: una summer school di ricerca e alta formazione che nasce nel 2016 come dialogo/scambio su peculiari tematiche tra il sud Salento e altre realtà culturali a livello nazionale e internazionale dal punto di vista antropologico, etnografico e artistico. Obiettivo della Scuola è la valorizzazione dell’area del sud Salento caratterizzata dallo spopolamento e dall’invecchiamento della popolazionei. La Scuola gode del riconoscimento dell’Anno Europeo del Patrimonio Culturale 2018, di due convenzioni con il Ministero della Cultura e l’Università del Salento, e di accordi e collaborazioni con numerose istituzioni, enti, fondazioni, associazioni. 
“Paese. Storie di vita. Archivi”: sono questi i temi intorno a cui si sono svolte le dense giornate della passata (2021) Scuola estiva di Storia delle tradizioni popolari, nella terza settimana di luglio, con numerose anticipazioni e appendici in date successive. La Scuola, giunta alla sesta edizione, ospita una intensa serie di attività: laboratori e seminari tenuti da specialisti e, nella serata, concerti musicali di gruppi e artisti provenienti da vari paesi europei e africani. 
Il progetto ha previsto, quindi, il coinvolgimento di numerosi attori che su questi argomenti hanno reso possibili importanti esperienze e hanno creato luoghi e collezioni di estremo interesse. Oltre LiquiMag - Magazzino delle memorie e il Museo etnografico della vita popolare di Liquilab, hanno partecipato gli Archivi di antropologia visiva, fotografico, sonoro dell’Istituto Centrale per il Patrimonio Immateriale del Ministero della Cultura (MiC), ll Catalogo Generale dei Beni Culturali dell’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione del Ministero della Cultura (MiC), l’Archivio Diaristico Nazionale di Pieve Santo Stefano, il Circolo Gianni Bosio di Roma, l’Archivio di Ernesto de Martino, gli Archivi sonori Albanesi e di Berlino, gli Archivi adriatici e balcanici, i manoscritti di Timbuctù (Mali, Africa, patrimonio riconosciuto dall’UNESCO), l’Iso-polifonia di Drenova, Korça (Albania, patrimonio riconosciuto dall’UNESCO), le forme musicali Sikh in contesti di migrazione, partendo dall’India, paese d’origine, all’Italia. Con queste ed altre realtà, anche vicine alla Puglia, la Scuola si è confrontata mettendo in luce questioni, soluzioni, idee che riguardano la vita delle comunità e 
il modo di raccontarla. Infatti, la memoria non è solo un atto dovuto o un riconoscimento retorico della rilevanza del passato, ma azione concreta che mira alla conoscenza, e a maggior ragione assume una funzione importante se riguarda i piccoli paesi, le comunità che per un motivo o per l’altro si disgregano, si riducono, scompaiono. La memoria intesa come azione rivaluta le storie, ripopola gli spazi e le teste delle persone, libera dalle nostalgie, aiuta a pensare il futuro.
Quest’anno, in particolare, si è cercato di recuperare un po’ del tempo perduto a causa del covid-19, per cui ha avuto luogo la presentazione di alcuni significativi materiali di ricerca che, per ovvi motivi, non hanno trovato spazio per la discussione pubblica nei mesi precedenti. Vale decisamente la pena ricordare, in particolare, il prezioso volume di Ignazio Macchiarella Le voci ritrovate. Canti e narrazioni di prigionieri italiani della Grande Guerra negli archivi sonori di Berlino. Con 4 DVD Audio (Ed. Nota, Santa Vittoria, 2018): l’opera presenta un corpus inedito di registrazioni sonore e materiali documentari che riguardano militari italiani detenuti nei campi di prigionia tedeschi durante la Grande Guerra. Il corpus fu realizzato grazie a registrazioni raccolte nei campi di prigionia, nel 1918, da una équipe di ricerca composta da linguisti, musicologi ed etnologi, direttamente finanziata dal Kaiser Wilhelm II, con l'obiettivo di raccogliere, 
attraverso le voci dei prigionieri, elementi sulla lingua, la musica, la cultura dei popoli i cui eserciti combattevano contro la quadruplice alleanza; la documentazione contiene le voci di quarantadue militari italiani provenienti da diverse località. Un altro volume di rilievo, presentato nell’occasione, è Salvatora Marzo. Biografia di una guaritrice. Con un cd, di Ornella Ricchiuto (Liquilab, Tricase, 2019), che contiene la storia di questa straordinaria figura, vissuta a Nardò (prov. di Lecce), divenuta nota come membro dell’orchestrina di musicisti guaritori vista in azione e registrata dall’équipe di Ernesto de Martino nel corso della ricerca sul tarantismo nel Salento; Salvatora era molto amata nella sua città, perché conosceva e praticava numerosi sistemi terapeutici tradizionali, ed era sempre molto disponibile: la sua esperienza di terapeuta era molto più ricca di quella, importante ma limitata, legata al tarantismo. Infine, una anticipazione divenuta realtà da pochi giorni: la presentazione di un documentario, firmato ancora da Ornella Ricchiuto, sulle pratiche cerimoniali (rituali e cantate) della settimana santa in Puglia, in Albania, e tra le comunità arbëreshë presenti nell’Italia meridionale, segnatamente in Calabria: Sabburchi. Uova, canti e riti oltre i Sepolcri è visibile su YouTube.


Eugenio Imbriani

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