Fatma Said, ars del canto lirico e dialogo interculturale per mezzo della musica

Un tempo era vista con diffidenza. Oggi, l’intercultura non è più tabù. Molti parlano e scrivono teoricamente, altri raccontano esperienze personali, vissute sulla propria pelle all’insegna dell’integrazione, altri ancora manifestano direttamente il proprio pensiero per mezzo dell’arte e della musica. Nel contesto delle giovani voci liriche, la storia di Fatma Said riteniamo sia eloquente e meriti di essere raccontata (non solo in termini professionali) alle giovani generazioni, in particolare alle giovani donne che devono (o dovranno) affrontare con determinazione situazioni di disagio in luoghi stranieri, superando pregiudizi e pensieri stereotipati. Nata in Egitto, nel 1991, a quattordici anni iniziò a prendere le prime lezioni di canto. Visti i risultati positivi, il padre, politico progressista e imprenditore egiziano, decise di farla studiare all’estero. Volitiva e determinata, in pochi anni, Fatma si distinse, iniziando a vincere concorsi, laureandosi e, successivamente, seguendo corsi di perfezionamento, in particolare presso l’ “Accademia della Scala” di Milano. Ama l’Italia e parla fluentemente sei lingue. Nel 2020, ha pubblicato il suo primo disco, nel quale ha voluto mettere in evidenza eterogenee esperienze musicali riferite alla propria formazione professionale. Al collo, durante i concerti, porta spesso un gioiello raffigurante in modo stilizzato l’Africa, Terra alla quale è profondamente legata, pur avendo sviluppato la carriera accademica e artistica in Europa, successivamente calcando con successo i palchi di diversi teatri internazionali.


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