Il nuovo album, il settimo, di Tommaso Cappellato tesse legami nel tempo e nello spazio. Innanzitutto, fra East e West Coast: registrato a settembre 2018 a Brooklyn, ha inaugurato il 16 luglio la nuova casa discografica di Cappellato, Domanda, con sede a Los Angeles dove risiede il batterista e compositore padovano. Allo stesso tempo, la residenza al Pioneer Works, da cui sono scaturite le registrazioni e cui abbiamo accennato a luglio, ha permesso di ri-annodare collaborazioni vecchie e nuove, dai fiati di Michael Blake ai sintetizzatori di Yusuke Yamamoto. C’è poi il legame fra le tessiture sonore e quelle visive: Domanda produce in tandem con l’etichetta veronese Mother Tongue dove lavora (e cura la stampa di ottimi vinili) Andrea Pasini, che ha selezionato per le copertine delle prime uscite di Domanda alcune opere di suo padre Giorgio, illustratore e grafico, ispirato dall’arte cinetica: sono passati giusto settant’anni da quando Bruno Munari scrisse il – sempre attuale – Manifesto del macchinismo.
In un’intervista raccolta da Chiara Colli a ottobre 2020, Cappellato sosteneva l’importanza di puntare sulla “creazione e il mantenimento di spazi dove si possa svolgere attività di laboratorio e scambio, considerando e studiando ciò che deve succedere prima e dopo i grandi eventi istituzionali (…) è importante cominciare a guardare all’identità musicale italiana come unica nel suo genere, in modo che le istituzioni possano valorizzare i propri artisti e cominciare a esportare un tipo di visione per niente scontata o emulativa”.
“Pioneered” è coerente con questo approccio alla musica improvvisata di ispirazione afroamericana e fotografa in sei degli otto brani dense collaborazioni che, nel corso del mese passato al Pioneer Works, hanno coinvolto una decina di eccezionali artisti.
“Legend Of The Bringer” vede in campo un sestetto in cui Cappellato suona sia la batteria, sia l’organo insieme a Shahzad Ismaily (basso elettrico e moog), Yusuke Yamamoto (vibrafono elettrico), Mariano Gil (flauto), Justine Cefalù (violino) e Michael Blake (bansuri): bella cavalcata di quattro minuti e mezzo, incalzata dalla batteria che sembra quasi proporre il giro di accordi intorno al riff di moog che ancora il brano lasciando piena libertà ai diversi strumenti melodici di attraversare il campo sonoro testandone la densità e la capacità di accogliere e far dialogare i diversi timbri fino all’epilogo affidato al bansuri.
“The Elite” vede il testimone passare nelle mani sapienti di Jaimie Branch che tengono in equilibrio synth e tromba, mentre Val Jeanty interviene con scratch e inserti prodotti dai suoi giradischi lasciando a Cappellato campo libero per definire con la batteria i diversi cicli di pieno e di vuoto che operano come un acceleratore sugli oltre cinque minuti di registrazione: quando il brano termina la sensazione è che siano passati solo pochi secondi e resta la voglia di riascoltarlo e capire cosa abbia reso organico questo assemblaggio apparentemente disomogeneo, affine a certe intuizione di Hassell con la Fourth World Possible Music. I sintetizzatori e l’arte nella programmazione di Afrikan Sciences entrano in gioco nel brano più disteso, “So Hard To Be Apart”, il primo di due dialoghi, dove Cappellato mostra tutta la sua arte sui piatti e le sonorità metalliche della sua batteria. L’altro duo, “Angels In Space” vede protagonista il sax tenore di Michael Blake, amico e compagno di avventure di vecchia data con Cappellato, che suona anche i sintetizzatori nell’unica traccia che si avventura, con passione e una valigia piena di idee, dalle parti della forma canzone. Chiudono l’album due eccellenti trii: i poliritmi di “Bikes, Rides & Tides”, con Shahzad Ismaily al moog e Nico Soffiato alla chitarra, e la minimalista “In Need To Slow Down” insieme a Yusuke Yamamoto (sintetizzatori, vibrafono), Francesco Geminiani (sax elettronico). Completano l’album le tracce d’apertura, “To Be Born And Forget”, e la quinta “Green Is The Color Of The Heart” che narrano un unico, affascinante discorso, articolato fra sintetizzatori e batteria ibrida, frammenti del set che da anni Cappellato pratica da solo dal vivo e che l’ha visto di nuovo protagonista a Padova il 5 settembre nel concerto organizzato dal Centro d’Arte in cui ha anche dato vita ad una intensa jam con Giovanni Di Domenico.
Alessio Surian
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