Piirainen/Blom/Company – Matka (The Path) (Bafe’s Factory, 2020)

Uniscono le forze J-P Piirainen e Venla Ilona Blom in “Matka (The Path)”, disco che riconduce agli elementi basilari, ai fondamentali di due autori che possiamo considerare tra i più interessanti del panorama musicale finlandese. Li conosciamo entrambi: Piirainen ci ha colpito con la sua chitarra acustica, precisa, estremamente ritmica, con la quale ha realizzato ottimi album, procedendo sempre nella molteplice direzione di un fingerpicking avvinghiato al folk finlandese (comprendente, in gradi diversi e in modo più diretto in questo album, non solo le espressioni musicali ma anche la danza). Venla Ilona Blom ha invece un posto di riguardo nel panorama vocale finlandese, soprattutto come componente della band femminile Tuuletar, di cui seguiamo in queste pagine la carriera ormai da diversi anni. Entrambi, dicevamo, fanno i conti con i loro strumenti, riducendo al minimo le “interferenze” e progettando una programma di nove brani quasi esclusivamente con voce, beatbox e chitarra. Le poche incursioni sono concesse solo in alcuni brani, e possono essere considerate come delle sferzate nella duplice direzione di un’ideale folk dance finlandese e di una ricerca di suono che, sebbene esclusivamente acustico, ridimensione la scena contemporanea delle musiche popolari di questa area. Queste “presenze” – costituite da un accordion e quattro violini – si innestano al nucleo principale dei brani senza comprometterne equilibrio timbrico, andamento ritmico e, soprattutto, struttura formale. E, come detto, hanno entrambe la funzione di ricondurre il progetto dell’album alla dimensione della danza. Perché la danza – e i suoi riflessi nella sfera del movimento, dentro un’ideale contrapposizione alla staticità dell’isolamento cui ha costretto la pandemia – è il polo verso il quale si dirigono i due autori. I quali riescono a definire, in questo modo, uno spazio musicale composito, irriducibilmente dinamico, entro il quale i pochi ma significativi elementi instaurano un processo di scambio simbiotico. Insomma, oltre la musica in senso stretto, l’idea – sia nella sua dimensione compositiva che esecutiva, anzi performativa – ci appare fortemente strutturata e il resoconto che i nove brani in scaletta ne danno è oltremodo convincente. Certo, per questi stessi motivi, l’ascolto si configura come soltanto uno dei “movimenti” attraverso cui noi possiamo interpretare l’album. Ma, riconducendo questa “azione” all’orizzonte di dinamicità intellettiva e fisica definito da “Matka”, non solo riusciamo a comprenderne in modo più completo il progetto, ma ci avviciniamo al processo di realizzazione. E questo – spingendoci alla ricerca della dimensione visuale dell’album, che può facilmente reperirsi in rete, dove sono presenti performance “complete”, cioè suonate e danzate dei brani – ci stimola a scavare nelle strutture, ricavandone interpretazioni più verosimili e aiutandoci ad avvicinarci ai nuclei compositivi. Sul piano più strettamente esecutivo – e, di conseguenza, dell’estetica musicale dei brani – si producono, come anticipato, due immagini complementari. Da un lato abbiamo la chitarra di Piirainer (il quale è autore di cinque delle nove tracce), che può essere considerata una sorta di elemento solista, ma con funzioni che si affacciano soprattutto nello spazio del ritmo: qui poggia l’intera struttura melodica e da qui si generano, nella maggior parte dei casi, i brani in scaletta. Dall’altro lato abbiamo “le voci” di Venla Ilona Blom (la quale scrive la bellissima “Äpärän Laulu” e firma con Piirainer altri tre brani), che si attestano su due registri principali. Uno di questi è senza dubbio più tradizionale, perché legato a una vocalità più distesa e profonda, come si può ascoltare in “Ieni Irlannitar”, unico brano di tradizione orale dell’album, che i due autori arrangiano insieme con il sostegno dei violini. L’altro registro è il beatboxing, che possiamo accogliere come un elemento nuovo: non del tutto inatteso, ovviamente, ma con esiti che, nel loro svolgimento complessivo, contribuiscono a denotare “Makta” come un album originale. 


Daniele Cestellini

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