NRG Bridges. Adalberto Ferrari, Gianluigi Trovesi, Andrea Ferrari – Intertwined Roots (Parco della Musica Records, 2021)

Quando nel 2018 recensimmo “Overlays” del duo NovoTono, composto dai fratelli Adalberto (clarinetto e clarinetto basso) e Andrea Ferrari (clarinetto basso) ci colpì molto l’originale ed eclettico percorso di ricerca sui legni che li aveva condotti ad esplorare nuovi territori sonori in ambito jazz, non senza qualche incursione nella tradizione popolare. In quella circostanza, sottolineammo anche l’abilità di dar vita a spaccati improvvisativi, così come l’eccellente approccio tecnico ai rispettivi fiati di elezione, elementi questi che certamente hanno rappresentato un terreno fertile in cui ha preso vita, qualche mese dopo l’uscita del disco, la collaborazione con Gianluigi Trovesi (clarinetto alto e piccolo), clarinettista e sassofonista dal timbro inconfondibile e considerato uno dei grandi maestri del jazz europeo. Sin dalle prime note suonate insieme si è creata subito una perfetta intesa tra il duo e il musicista lombardo, un’alchimia sonora basata sul medesimo intento creativo ed espressivo in grado di attraversare in lungo ed in largo la storia del jazz. È nato, così, il trio NRG Bridges con i NovoTono impegnati a spostare ancora più avanti i confini delle proprie ricerche sonore e Gianluigi Trovesi pronto a sostenerne le imprese con i suoi virtuosismi. Mettendo a confronto tre generazioni di clarinettisti e tre diversi background artistici, il trio si è immerso in una esplorazione a tutto tondo che lega presente e passato, tradizione e innovazione. In questo senso, non è casuale anche la scelta del nome del trio che mette al centro l’energia, quella 'eNeRGy' (NRG) che è tensione costante alla sperimentazione e terreno fertile per un serrato interplay, quei ‘Bridges’ espressivi che consentono agli strumentisti di muoversi abilmente tra composizione ed improvvisazione, ma anche di stabilire una connessione diretta con il pubblico. Dopo aver rodato il repertorio sul palco, il trio ha cristallizzato il fortunato sodalizio nel disco “Intertwined Roots”, inciso presso gli studi Artesuono di Stefano Amerio a Cavalicco (Ud) nel quale sono raccolti quindici brani originali che, nel loro insieme, compongono un viaggio spazio/tempo alla riscoperta delle radici, ben evocate nel titolo, della musica afroamericana ed europea, declinandole al futuro nelle intersezioni con l’improvvisazione e le avanguardie contemporanee. Tutto ciò si sostanzia in composizioni evocative e dal taglio cinematografico, volte a favorire il dialogo e l’interscambio tra le tre voci strumentali, ma anche ad esaltare la cifra stilistica dei singoli. L’ascolto svela una sorta di lungometraggio in musica, poco più di cinquanta minuti di musica in grado di far viaggiare l’ascoltatore con la propria immaginazione, guidato dal suono intenso di clarinetti che si inseguono, dialogano per poi ritagliarsi il proprio spazio ora in linee melodiche avvolgenti, ora attraverso articolate architetture armoniche. Idealmente diviso in tre segmenti ben distinti, l’album si apre con il call and response avvolgente della programmatica “Legni sonanti”, a buon diritto inquadrabile come manifesto artistico del trio, a cui seguono le sperimentazioni di “Density”, una sorta di divertissement giocato su equilibri funambolici e le suggestioni balkan di “Herbalk”. Il breve frammento “(adfe)” ci introduce alla parte centrale del disco con la dialogica “Piccoli Appunti” in cui Trovesi e i fratelli Ferrari si danno battaglia, prima di di schiuderci le porte alla splendida sequenza con “Melodie per un burattino di legno” che rimanda a “Le avventure di Pinocchio” di Carlo Collodi e “In punta di piedi”, due composizioni nelle quali spicca un elegante approccio alla melodia. La breve overture “[anfe]” fa, poi, da preludio a “Dances of woods” che si evolve in una swingante progressione in crescendo attraverso tre gustosi movimenti. Se “Nella villa” diverte per l’ironico dialogo tra i tre clarinetti, “Moved dragged” amplifica il tutto in un interplay ancor più serrato e libero tra rumorismi, accenti e contrappunti. La terza ed ultima parte del disco è introdotta dal frammentino “{gitr}” e si snoda tra la riflessiva “Piccole cose”, la superba “Adagietto Bergomasco”, una danza bergamasca che arriva dalla tradizione popolare e corre veloce verso il futuro, e la poetica “Tabada” che conclude un album di assoluto fascino e bellezza che non mancherà di regalare emozioni a quanti vi dedicheranno un ascolto attento.


Salvatore Esposito

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