Gianluigi Trovesi & Umberto Petrin – Twelve Colours and Synesthetic Cells (Dodicilune/I.R.D., 2017/Gianluigi Trovesi – Mediterraneamente (Dodicilune/I.R.D., 2018)

Clarinettista e sassofonista dalla personalissima voce strumentale e dotato di magistrale tecnica, Gianluigi Trovesi è uno dei musicisti che hanno contribuito in modo determinante alla cristallizzazione del concetto di quel jazz europeo che parte dalla tradizione americana per aprirsi a nuovi spazi di ricerca. A caratterizzare la sua cifra stilistica è stato non solo il suo peculiare percorso formativo ed artistico, ma anche la capacità di muoversi attraverso territori sonori differenti dal jazz alla musica tradizionale. Emblematici in questo senso sono i suoi due ultimi lavori, pubblicati dalla sempre attiva etichetta salentina Dodicilune. Si tratta di due dischi differenti dal punto di vista musicale e concettuale ma che ben rappresentano la capacità di Trovesi di spostare sempre più avanti i confini delle sue esplorazioni. “Twelve Colours and Synesthetic Cells” rinnova la collaborazione con il pianista pavese Umberto Petrin, già insieme a lui nella straordinaria esperienza della Italian Instabile Orchestra e nel trio con Tiziana Ghiglioni, ma soprattutto complice di quel gioiello che era “Vaghissimo ritratto”, edito da ECM, e nel quale spiccava la partecipazione di Fulvio Marras alle percussioni. Rispetto a quest’ultimo caratterizzato da una molteplicità di influenze, questo nuovo album è ispirato all’opera del russo Alexandr Skrjabin, già omaggiato da Petrin in “Breaths and Whispers” del 1995. Composto da ben ventuno brani di pregevole fattura, il disco ci regala un vero e proprio viaggio sonoro di grande lirismo in cui i fiati danno vita ad un magnifico dialogo con il pianoforte. Si parte con i cinque brani iniziali che rendono omaggio al compositore moscovita e tra i quali spiccano la brillante “Alba famigerata”, la melodia di valzer di “Summer Evening” e la poetica “Boris e Alexander”. Nucleo centrale del disco è la suite di dodici brani che dà il titolo al disco e che rimanda alla concezione dell’arte come fusione di molteplici esperienze sensoriale di Skrjabin. Ogni composizione rimanda ad un colore spaziando dalla tonalità di sol che corrisponde all’arancione, al do che invece evoca il rosso fino a giungere a quella perla di pura bellezza e cura melodica che è “Giallo”. Nell’ultima parte, si ritorna ai Preludi di Skrjabin con Trovesi che di divide tra sax alto e piccolo e regala un saggio di tutta la sua abilità nel maneggiare la musica colta. 

Il più recente “Mediterraneamente” coglie il musicista lombardo alle prese con un repertorio di dodici brani, tra composizioni originali e riletture di brani tradizionali e standard jazz, con la complicità del suo Quintetto Orobico composto da Paolo Manzolini (chitarre), Marco Esposito (basso), Vittorio Marinoni (batteria) e Fulvio Maras (percussioni). L’ascolto rivela un lavoro dal taglio intimo e dal tratto elegante e raffinato nell’approccio interpretativo di ogni singola composizione, in cui viene esaltata la tessitura melodica. A riguardo lo stesso Trovesi afferma: “per me molti di questi brani sono come delle serenate”. Brano dopo brano emerge tutta la compattezza del quintetto e l’eccellente interplay che si sviluppa tra la chitarra di Manzolini e i fiati del bandleader. Ad aprire il disco è il frammento “Yesterdays” che ci introduce subito prima all’invito al ballo di “Gargantella” in cui viene citata nella melodia la “Tarantella del Gargano” e, poi, a “Carpinese” con il dialogo tra sax e chitarra ad impreziosire il tutto. Se il tema di “Cadenze Orfiche” riporta al centro la danza, la successiva “Tu ca nun chiagne” arriva dal repertorio classico napoletano e ripropone il dialogo tra fiati e corde. Ancora da Napoli arriva l’arrangiamento jazz-rock di “Tamurriata nera”, mentre “La suave melodia” è la rilettura in chiave jazz di un brano del compositore barocco Andrea Falconieri (1585-1656). Il crescendo de “Le mille bolle blu” ci guida verso il finale con la ballata “Rina e Virgilio”, il classico “In your own sweet way” e “Materiali” che suggella un lavoro prezioso da ascoltare con grande attenzione. 


Salvatore Esposito

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