David Behrman – On The Other Ocean (Lovely Music Ltd., 2019)

Nello scorso numero di Blogfoolk vi abbiamo parlato di “Knotpop”, il disco firmato dal duo sperimentale di San Francisco IXNA misteriosamente riemerso da un lungo oblio... Poco prima della nascita di questo curioso progetto nel lontano 1981, Jay Cloidt e Marina La Palma erano due studenti del Mills College e uno dei loro insegnanti, nonché co-direttore del Center for Contemporary Music era proprio David Behrman. Coincidenza vuole che “On The Other Ocean”, uno degli album più significativi e conosciuti del compositore, sia stato recentemente ristampato dalla storica Lovely Music, etichetta indipendente attiva da oltre quarant’anni e responsabile della pubblicazione di alcuni tra i lavori più rappresentativi della “Nuova musica” americana. Colgo quindi l’occasione per riascoltare con voi questo splendido disco condividendo qualche curiosità a riguardo. Nato nel 1937 in Austria, Behrman è un compositore americano attivo sin dagli anni sessanta. Distintosi come produttore di progetti fondamentali della musica sperimentale tra cui, “In C” e “A Rainbow In Curved Air” di Terry Riley, Live/Electric Music di Steve Reich, o “Cheap Imitation” di John Cage, è anche e soprattutto uno dei primi compositori a esplorare le potenzialità dei computer nella musica, interrogandosi in particolare sul loro possibile ruolo all’interno della performance stessa. L’esordio discografico del 1978 “On The Other Ocean”, si concentra su uno degli aspetti salienti della sua personale ricerca sonora, ossia, la possibilità d’interazione (e comunicazione) tra apparecchiature elettroniche e strumentazione acustica. La traccia omonima registrata il 18 settembre del 1977 presso lo studio di registrazione del Center for Contemporary Music del Mills College, mette effettivamente in pratica tale proposito con un esito piuttosto rivelatorio. Qui, il computer è appositamente programmato da Behrman per rispondere ai segnali dei musicisti, nello specifico il fagotto di Arthur Stidfole e il flauto di Maggie Payne, che di conseguenza si trovano a improvvisare sulle trame in uscita, continuamente proposte in una sorta di feedback circolare potenzialmente infinito ma mai uguale a se stesso. “Figure In a Clearing”, il secondo pezzo dell’album, registrato il 9 giugno del 1977 presso l’Electronic Music Studio della State University di New York, ripropone il medesimo principio variando la strumentazione. Questa volta è il violoncello di David Gibson a improvvisare liberamente sui segnali output del computer, integrato dall’elettronica di Behrman che si fonde a perfezione con i timbri dello strumento. All’ascolto “On The Other Ocean” non ha assolutamente nulla di meccanico, artificiale o astruso, come si potrebbe erroneamente ipotizzare, è anzi uno dei primi esempi in cui l’uomo e la macchina hanno comunicato con spontaneità e naturalezza del tutto uniche producendo autentica bellezza. Questo è uno dei molti motivi che lo rendono ancora oggi un album particolare e significativo che vi invito a (ri)scoprire. 


Marco Calloni

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