Fanfare Ciocarlia – It Wasn't Hard To Love You (Asphalt Tango, 2021)

In alto i calici, pronti per la danza: con il nuovo album Fanfare Ciocarlia festeggia venticinque anni di carriera che hanno portato alla ribalta il villaggio rumeno di Zece Prajini, ottanta famiglie contadine che, accanto al lavoro nei campi, hanno saputo coltivare i suoni degli ottoni abbeverandoli alla tradizione ottomana che attraversa eserciti, matrimoni e funerali. Incoraggiati da Henry Ernst, cominciarono a farsi sentire nel resto d’Europa nel 1997 con un sound che solleticava le orecchie di chi frequentava i concerti jazz così come quelli world. Brava la Piranha Musik a crederci fin dall’inizio e a sfornare subito tre album: il primo “Radio Paşcani” (1998), venne prodotto da Ernst e Helmut Neumann, registrato l’anno prima nell’Electrocord studio di Bucharest e poi mixato a Berlino nello Schalloran Tonstudio. Dodici musicisti magnificamente sincronizzati, capitanati dal trombettista e cantante Lazar Radulescu che allora ebbe a dire: “Aspettate e vedrete, prima o poi arriveremo a suonare su Marte” – diventato poi il titolo del loro penultimo album, “Onwards to Mars!” (2016). Nel 2006 i BBC Radio 3 Award li avevano già consacrati il Best World Music Act europeo. Dal 2005 è Asphalt Tango, a produrre e distribuire i loro dischi, otto fra vinili, CD e DVD. Due film sono stati dedicati alla fanfara da Ralf Marschalleck, che ha realizzato “Iag Bari / Brass on fire” nel 2002 tallonandoli in giro per l’Europa, e da Fatih Akin che con “Head On” li ha colti in azione ad Amburgo. Due anche le esperienze “teatrali”: “Gypsy Queens & Kings”, occasione per radunare alcuni fra i migliori musicisti Romany da diverse parti d’Europa, e “Balkan Brass Battle” che inscenava una gara fra musicisti rumeni e serbi ad alto tasso spettacolare, un “agonismo” che è valso loro un tour mondiale di successo. Ad oggi contano oltre 3000 concerti in giro per il mondo. Il nuovo album racchiude sedici brani in poco più di quaranta minuti e si apre con l’esilerante cover di “Just the Two of Us” prodotta per l’ultimo film di Borat "Borat Anschluss Moviefilm". Le nuove sedute in sala di registrazione sono state anche l’occasione per suonare insieme ad ospiti di primo piano. A cominciare dal macedone Džambo Agušev, ”the funky tiger”: la sua tromba fa da propulsore per i ritmi parossistici di “Porsche Polka” e per i tempi sincopati di “Red Moon”, con un orientaleggiante cambio di passo dopo un minuto che permette ad Agušev di sfoggiare la sua maestria anche in chiave espressiva. Il brano è uno dei più estesi e dispiega tutta la potenza sonora e timbrica del gruppo. In tre brani la fanfara ricorre al clarinetto di Vladut Ivancea, già protagonista anche di “Onwards to Mars!” con “3 Romanians”: anche in questo caso, come nei tre brani che lo vedono in primo piano, emerge l’intensità e la fluidità del suo suono. A metà album Iulian Canaf interpreta da par suo il lamento del trombettista, “The Trumpeter’s Lament”, alternando toni di velluto a strofe graffianti: “età, età, che panni pesanti / che non posso togliermi di dosso / età, hai fatto di me una persona dimenticata / perfino da parte di chi mi sta più vicino […] / Ho viaggiato in tutto il mondo / avanti e indietro / ho suonato per voi innumerevoli canzoni / ed ora che me ne andrò vi lascerò ricordi / che vi rendano felici”). Infine, a dar man forte alla sezione ritmica, in chiave orientaleggiante, in due brani strumentali c’è la darbuka di Michael Metzler, brillante contrappunto dei fiati in “Babo Never Worked A Day” e “Gypsy Mambo No. 555”. La chiusura mozzafiato è riservata a “Mosquito Swamp”, a ribadire ancora una volta che sono loro il gruppo migliore, più forte, più veloce, più funky, proprio come raccontavano un anno fa quando avevano lanciato il crowdfunding a sostegno di questo progetto discografico, spavaldamente consapevoli delle loro straordinarie doti, come singoli, ma soprattutto come collettivo e famiglia di musicisti. 


Alessio Surian

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