Buena Vista Social Club – Buena Vista Social Club 25th Anniversary Edition (BMG, 2021)

#CONSIGLIATOBLOGFOOLK

Ricapitoliamo: quattro nuovi formati (2LP + 2CD Deluxe Book Pack, 2CD Casebook, 2LP Vinile Gatefold e Digitale) per celebrare i venticinque anni di un disco che ha già venduto oltre otto milioni di copie. Nel 1998 si era guadagnato il Grammy Award come Best Traditional Tropical Latin Album e i Billboard Latin Music Awards l’avevano premiato col Tropical/Salsa Album of the Year by a Group. Nel frattempo, la casa di produzione indipendente World Circuit - che nel 1997 aveva pubblicato l’album – è stata acquistata nel 2018 da BMG Rights Management. Qui entra in gioco uno dei due registi di questa produzione, Nick Gold, gran fiuto quando si tratta di Mali e Cuba. World Circuit era stata fondata da Anne Hunt e Mary Farquharson che nel 1986 avevano pubblicato “La Tremenda” della venezuelana María Rodríguez e “Sounds of Sudan” di Abd El Gadir Salim e avevano ottenuto dall’EGREM la licenza per distribuire l’anno successivo “Fiesta Guajira” della cubana Celina Gonzalez, con le note allegate all’album scritte da Nick Gold – che si interesserà alla musica cubana e ad Arsenio Rodriguez dopo averne capito l’influenza sui musicisti maliani e senegalesi, a cominciare dall’Orchestra Baobab. Sarà lui, nel 1987, a produrre il bellissimo “Ali Farka Touré”, ma siamo agli albori della distribuzione “world music”: come far conoscere questi artisti ad un pubblico più ampio? Serve un mediatore, come ha insegnato Paul Simon con “Graceland”. Gold lo trova in Ry Cooder che, nel settembre 1992 a Santa Barbara (California) aveva registrato “A Meeting by the River” (Water Lily Acoustics Records) con il musicista indiano Vishwa Mohan Bhatt, Grammy come Best World Music
album nel 1993. A settembre 1993 Nick Gold invita Ali Farka Touré a registrare nello studio Ocean Way di Los Angeles, con Cooder nella doppia veste di musicista e produttore: l’album “Talking Timbuktu” (World Circuit) esce a marzo del 1994 e sarà scelto quell’anno come Best World Music album. Sempre nel 1994, Gold non si era fatto sfuggire l’occasione di registrare una bella selezione di classici del son, in particolare di Arsenio Rodriguez, raccogliendoli in "Dundunbanza" (World Circuit) con i cubani Sierra Maestra durante la loro tappa londinese del tour europeo. Qui entra in gioco il secondo regista: Juan de Marcos González, suonatore di tres innamorato dei son, bolero, rumba e guaracha degli anni Venti e Trenta. All’università, con altri otto studenti, aveva fondato nel 1976 i Sierra Maestra, riprendendo i timbri sonori di tres, chitarra e tromba, sostenuti da una sezione ritmica con bongo, batà, tumbadora, maracas, güiro, clave, campana e il basso al posto della kalimba. Fra l’86 e il ’94 avevano registrato sei splendidi album per l’etichetta statale cubana, l’EGREM. E qui entra in gioco la prima idea che porterà ai Buena Vista: a Juan de Marcos González, così come al suo collega trombettista Jesús Alemany, sarebbe piaciuto veder registrare di nuovo, negli studi dell’EGREM, la generazione che avevano ascoltato crescendo, quella di Omara Portuondo e Ibrahim Ferrer. È un’idea che condivide con la World Circuit e cui Nick Gold aggiunge una seconda idea: oltre a riunire e registrare un 
gruppo simile, si sarebbe potuto far incontrare alcuni di loro con musicisti maliani che negli anni dell’indipendenza dell’Africa occidentale si erano abbeverati alle musiche afrocaraibiche. E visto che la “mediazione” musicale di Cooder funzionava, invitare anche lui in veste di musicista e produttore. A marzo del 1996 i musicisti cubani erano stati scelti e contattati da Juan de Marcos González e con lui registrarono negli studi dell’EGREM i dieci brani di “A Toda Cuba le Gusta” (che riprende il titolo di un son di Remberto Becquer, qui cantato da Raúl Planas), il primo degli otto album degli Afro-Cuban All Stars, con “Don” Rubén González al piano, Orlando "Cachaíto" López al contrabasso, insieme ad un’orchestra che coinvogeva quasi sessanta musicisti, fra cui molti protagonisti degli anni Cinquanta; fra loro: Ibrahim Ferrer, Pío Leyva, Manuel 'Puntillita' Licea, Félix Baloy e José Antonio "Maceo" Rodríguez. In "Alto Songo" fa capolino anche la chitarra slide di Ry Cooder. A La Habana vive da qualche anno la fotografa Cristina Piza che documenta l’incontro e regala intensi ritratti in bianco e nero al ricco libretto (44 pagine) che documenta la rimpatriata dedicata a “Rubén González, genio del piano cubano”. La formazione base comprende tredici musicisti, attinge a quattro generazioni e vede in primo piano specialisti di orchestre classiche come l’Aragón da cui viene il flautista Richard Egües, insieme a giganti come Barbarito Torres al laoud (per esempio in “Amor Verdadero”), 
ma coinvolge anche stelle nascenti come l’allora tredicenne Julienne Oviedo ai timbales, accanto ad un conguero esperto come Miguel “Angá” Díaz: ogni brano va a rispolverare un genere differente, ma forse il conclusivo “Elube Changó” può offrire un punto di sintesi. Nel frattempo, Djelimady Tounkara e Bassekou Kouyate erano rimasti in Mali. Grazie a Juan de Marcos González (in veste di A&R Consultant) Gold e Cooder (arrivato col figlio percussionista via Messico per evitare l’embargo USA) furono indirizzati a selezionare dalla sessione precedente un gruppo di musicisti in grado di dar corpo e voce ad alcuni classici della trova cubana, accanto ad una selezione di son, guajira e bolero. A cominciare, ovviamente, da Rubén González, il pianista prediletto di Juan de Marcos González, insieme ad un musicista più giovane, dalla regione orientale, come Eliades Ochoa e a Compay Segundo (suggerito da Cooder). La prima cosa che quest’ultimo disse ai produttori fu di non poter registrare perché aveva appena firmato un contratto con la Warner. Nondimeno, la sua “Chan Chan” apre “Buena Vista Social Club” e ne è diventato il brano più conosciuto insieme alle cittadine di Alto Cedro, Marcané, Cueto e Mayarí (nella provincia di Holguín, nell’Oriente cubano) che compaiono nel testo della canzone, basata su una melodia ascoltata durante un sogno dodici anni prima. 
La sua è anche un’eccellente seconda voce, come mostra in “Veinte años”, l’unico bolero in cui Juan de Marcos González riuscì a convincere Omara Portuondo a cantare. Negli altri sono protagonisti lo stesso Compay (“¿Y tú qué has hecho?”, “Amor de loca juventud”, “Orgullecida”) e Ibrahim Ferrer (“Dos gardenias”, “Murmullo”). A metà album sono riuniti insieme a cantare con Puntillita in risposta ai versi de "El carretero", la guajira che è fra i pezzi forti di Eliades Ochoa. Al danzón ci pensò il contrabbassista Cachao con due sue composizioni (già nel repertorio di Arcaño y sus Maravillas): “Pueblo Nuevo” e “Buena Vista Social Club” che poi Gold avrebbe scelto come titolo dell’album e come nome del gruppo. Messe insieme anche le quattordici tracce di “Buena Vista Social Club”, ormai cominciato aprile, rimanevano ancora due giorni già prenotati di registrazioni. Abbastanza per produrre un terzo disco, “Introducing...Rubén González”, nove brani, insieme a dieci musicisti dalle sessioni precedenti, nessuna sovraincisione, grazie agli arrangiamenti e alla direzione di Juan de Marcos González e all’abilità nella presa del suono di Jerry Boys, l’ingegnere del suono della World Circuit. Fra il 1997 e il 2000, Rubén González registrò altri undici brani per la World Circuit, riuniti in “Chanchullo (2000), coronando anche il
sogno di Gold dell’incontro fra Cuba e l’Africa Occidentale, con Cheikh Lô protagonista di “Choco's Guajira”, di Alfredo ‘Chocolate’ Armenteros. Negli anni seguenti, la World Circuit produsse inoltre dischi solisti per Orlando ‘Cachaíto’ López, Manuel Galbán, Manuel ‘Guajiro’ Mirabal, Omara Portuondo, mentre Barbarito Torres e Pío Leyva incisero per l’Atlantic e Amadito Valdés per la Pimienta. Ma questa è un’altra storia che va oltre quelle prime tre incisioni del 1996 unite dai fili rossi di un incontro mancato con le musiche del Mali e dalla profonda conoscenza di Juan de Marcos González per gli ultimi cento anni di musica cubana. Suona un po’ patetico che le note del libretto (40 pagine) dell’anniversary edition BMG si aprano con Cooder che scrive: “The players and singers of the ‘son de Cuba’ have nurtured this very refined and deeply funky music in an atmosphere sealed off from the fall out of a hyper-organised and noisy world.” L’idea che, musicalmente, Cuba dal 1959 in poi sia stata “isolata” dal resto del mondo riguarda la mobilità di molti musicisti, ma non certo la capacità di continuare ad ascoltare ed esplorare ogni genere di musica e di innovazione. 
Puntare sull’isolamento culturale di Cuba ha certo funzionato come narrazione di marketing e in abbinamento alle lenti romanzesche del film che Wenders ha dedicato a queste vicende, centrandole sul concerto alla Carnegie Hall e su Cooder, novello Colombo, alla scoperta dell’isola. Ma c’è già stato chi, come Alexandra Vazquez ha smontato da tempo la costruzione di questi esotismi, a partire dall’idea che non vi sia stata innovazione musicale dopo gli anni Cinquanta. Il venticinquesimo anniversario delle registrazioni è stata l’occasione per riproporre Cooder e Gold nelle vesti di “mediatori”. Per nostra fortuna, musicalmente hanno la capacità di muoversi con perizia fra i nastri originali e hanno tratto dagli archivi, per questo Deluxe Remaster package, una nuova edizione dell’album originale, rimasterizzato da Bernie Grundman (e disponibile sia come CD, sia in vinile da180 grammi), oltre a 19 tracce non utilizzate nella prima versione dell’album: il monitor mix di “Chan Chan”, interessanti versioni alternative di “Dos Gardenias”, “El Carretero”, “Pueblo Nuevo”, “¿ Y Tú Qué Has Hecho?”, “Candela”, “Orgullecida”, quest’ultima in due versioni, la seconda in trio a chiudere il disco con Cooder (a suggerire incursioni ragtime) e Compay Segundo alle chitarre e Manuel Mirabal alla tromba. Ma la parte del leone la fanno undici brani non presenti nell’album originale
(“Vicenta”, “La Pluma”, “Mandinga”, “Siboney”, “A Tus Pies”, “Ensayo”, “El Diablo Suelto”, “Saludo Compay”, “Descripción De Un Sueño”, “La Cleptómana”, “Descarga Rubén”. Le tre tracce con Rubén González al piano — “Mandinga,” “El Diablo Suelto” e “Siboney” — ci mostrano ancora una volta il suo stile e la sua voglia di suonare, qualcuno vicino a lui sta parlando, apparentemente rendendo inservibile la registrazione, ma le sue dita continuano a percorrere la tastiera con la stessa intensità. Ottima occasione per tostyle="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"rnare sulla prima “decade” della discografia “world music”, quando in molti intuivano la ricchezza dello scrigno musicale cubano, EGREM in particolare, testimoniato dalle scelte di etichette che vanno da Nascente (“Afro-Cuba. The jazz roots of Cuban rhythm”) a Piranha (“From Afrocuban Music to Salsa”) passando per altri “mediatori” quali Peter Gabriel (“La Explosión del Momento!” dell’Orquesta Revé”) e David Byrne (“Cuba Classics 1-3”). Perché Buena Vista ha avuto un successo non paragonabile per dimensioni agli altri best seller? Per Juan de Marcos González i motivi furono quattro: l’attenzione che veniva e viene rivolta a Cuba in quanto Paese “anomalo” di cui si attende la “capitolazione” dopo il crollo del comunismo nei Paesi dell’est; l’apertura dell’isola al turismo, con i suoi risvolti, anche culturali e musicali; il coinvolgimento di persone anziane con uno specifico carisma – elemento apprezzato dalla classe media e abbiente che compra i dischi world music; il far convivere nello stesso progetto musicisti cubani e un musicista statunitense conosciuto in un periodo in cui questo sfidava un tabù politico.  


Alessio Surian

Posta un commento

Nuova Vecchia