Petrona Martínez – Ancestras (Chaco World Music, 2021)

“Ha voluto una ‘rueda (circolo, ndr) de bullerengue’ come quelle delle sue ancestras (antenate, ndr) uno spazio democratico, in semicerchio, aperto ai contributi musicali e poetici di chi si senta di partecipare. Questo album ci permette di immaginare Petrona e le cantanti che ha invitato come antenate del futuro, collaborazioni da ascoltare per riflettere su come queste donne vedono il mondo
”. Così il produttore del disco, Manuel “Chaco” García introduce il nuovo album di Petrona Martínez. Da undici anni, insieme a Maite Montero, sostiene e produce i lavori musicali della “Petronita”. Ma non ingannatevi quando vi invitano a riflettere: non si tratta di far partire per primo il cervello, ma di lasciar andare i piedi per far girare la mente insieme all’invito al ballo, veicolo con cui Petrona Martínez ci guida nel suo personale viaggio intorno al mondo. L’idea chiave è quella di ricordare e rendere omaggio alle antenate che rappresentano la femminilità afrodiscendente attraverso le frontiere, coinvolgendo quattordici donne della diaspora africana. Nell’ordine, si tratta di: Susana Baca dal Perù; le colombiane Nidia Gongora, di Timbiquí, e Eryen Korath, marimbera di Buenaventura; Angélique Kidjo, fra Benin e New York; Xenia França dal Brasile; Enerolisa Nuñez dalla Repubblica Domenicana; Yomira John da Panamá, Neta dall’Honduras; Aymee Nuviola da Cuba, con uno dei brani più intensi e felicemente arrangiati, “El Piano de Dolores y Estefania”, tutte da ascoltare le transizioni e i colori timbrici che segnano i passaggi da rumba a chalupa a timba. I ritmi afro-colombiani bullerengue intersecano anche ritmi e accenti afrobeat, jazz, mariachi, salve, mentre ascoltiamo un ventaglio di lingue che comprendono fra l’altro Fon, Garífuna, Palenquero, Wayu, il portoghese di Bahia. Accanto alla cantante ottantaduenne, nelle chalupa “El ventarrón” e “Juancho” ascoltiamo anche la bella voce della figlia, Joselina Llerena Martínez. Una tradizione che si rinnova attraverso le generazioni: la stessa “Petronita” aveva avuto accesso alle memorie orali della sua gente in famiglia, grazie a Nemecita Cañates che decise di condividere con lei le narrazioni che custodiva pochi anni prima di morire, a 102 anni d’età. Nel disco, apre le danze “El Niño Roncon” (un bullerengue chalupiao) in cui a dialogare con Petrona Martínez è Susana Baca (“Mi respeto a la maestra Petrona Martínez es infinito”): si conoscono fin dal 1999 quando si incontrarono a Barcellona, poi furono entrambe candidate al Grammy Latino nel 2002. “El Niño Roncón” è la prima canzone composta da Petrona Martínez ed era rimasta inedita fino ad ora. Susana Baca è forse la voce afrodiscendente più importante dell’America meridionale, per un breve periodo anche ministra della cultura in Perù, vincitrice del Grammy 2020 con “A Capella”, ed ora con un nuovo disco, "Palabras Urgentes", in uscita per la Real World. Petrona Martínez e Susana Baca condividono l’impegno sociale e la capacità di sfidare pubblicamente i pregiudizi per mettere pubblicamente in discussione le discriminazioni che fanno riferimento alla razza e al genere. Il video che accompagna il loro brano è stato pensato con immagini animate, realizzate con tessuti e lana, dirette da Esteban García Vernaza che realizza una storia senza tempo con un occhio che plana dall’alto come ad invitare alla contemplazione, ma anche a “completare” questo stile essenziale con la propria fantasia, facendosi ispirare dai gesti e dai simboli che caratterizzano queste memorie orali, attente a tutti gli esseri viventi: in questo caso l’ispirazione è venuta dal rapporto fra bambini e porcellini, ma altrove il gioco di scambi vocali con il coro coinvolge i diversi membri di una famiglia o gli animali che convivono con loro o che vivono la propria libertà, come in “Los tres solitos”, emblematica dell’incastro magico fra i quattro livelli che fanno da propulsori al bullerengue: percussioni, battito di mani, voce solista, coro che risponde. E che risposte!  


Alessio Surian

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