Mirco Menna – SeStoQui (è perché vi voglio bene) (Platonica Music, 2021)

È compito del critico musicale tenere conto dell’attualità nelle discussioni sempre aperte sul dove si dirige (o, anche, sul dove dovrebbe dirigersi) lo stile? Deve chiedersi chi è il cantautore nel 2021? Va fatto un discorso diverso tra il significato storico del termine e quello corrente? Sono domande ricorrenti nel nostro settore e sarà meglio non aprire l’annosa questione intorno alle definizioni date alla canzone d’autore. Sono discussioni – sia chiaro – importanti, che si incrociano peraltro con la crisi commerciale del settore e quindi hanno ancora più rilievo. Naturalmente non è questo l’ambito per approfondire la questione; ma dopo più di un mese fermi a parlare di questo - a causa delle due Targhe Tenco vinte da Madame - nel momento in cui si decide di affrontare e approfondire il sesto album da studio (doveva essere live, ma è potuto essere “solo” in presa diretta, a causa della pandemia) di un cantautore fuoriclasse come Mirco Menna, viene sinceramente da sorridere e - almeno per il tempo dovuto all’ascolto - di lasciar andare ogni discussione, polemica, o anche solo presa di posizione. Perché questo album dal titolo evocativo (il riferimento evidente, oltre al numero sei, è a Luigi Tenco, padre di tutte le canzoni di qualità, anche se nel brano citato c’è lo zampino di Mogol) è semplicemente, direttamente, tranquillamente, elegantemente, quello che deve essere: un lavoro che raccoglie dieci canzoni d’autore, di cui nove scritte da Menna e una da Sergio Endrigo (una Canzone per te essenziale ed intima, chitarra e voce, da dedicare a Gianni Mura). Insomma, un gruppo di amici musicisti di lungo corso si è solo e semplicemente divertito (finalmente!) a dare tanti abiti sonori alle parole - ironiche, dolci, dirette ma mai sferzanti, adeguate e amare, ma senza melodramma e angoscia (come poi in fondo è l’arte quando sa essere equilibrata… o quella è la vita?) - di un artista coi controfiocchi (per l’idea letteraria, l’ambiente sonoro della sua musica, il timbro della voce, l’intonazione, l’esperienza e l’eleganza); e lo ha fatto in maniera chiara e lineare, senza inutili sovrastrutture sonore: una cosa semplice e diretta, gradevole, potremmo dire chic. Mirco Menna è il dandy della canzone d’autore italiana e l’ascolto del suo album riconcilia con l’habitat esterno. SeStoQui lo si può ascoltare in macchina, mentre si lavora, mentre ci si rilassa, mentre si decide di riflettere e pensare, mentre si sceglie di sorridere, mentre si immagina un possibile futuro, non solo della musica. Così, senza pretese da primo della classe, Mirco risulta brillante ma non secchione, affascinante e ammiccante, senza pretendere di essere il più bello. Che buon umore ci mette un disco così pieno di intelligenza e grazia! Un disco che riflette su quello che siamo e potremo diventare, senza giudicare, pur nell’evidente amarezza per il mondo in cui viviamo, e senza indicare strade che non siano quelle musicali: di qua si gioca con una bossa, di là col tango, poi si passa la palla ad un reggae un poco sporco, si torna a centro campo con una tarantella vagamente rockeggiante, dribblando e facendo infine una finta di blues. Come quando chi suona e chi canta lo fa per il gusto di esserci. O un po’ come quando ci si alza al mattino e ci si trova felici e cresciuti perché si capisce che non si deve dimostrare proprio niente a nessuno. Tantomeno a un critico musicale. Bravi tutti i musicisti: Massimo Tagliata, Max Turone, Maurizio Piancastelli, Roberto Rossi, Carlo Atti, Davide Blandamura, Manuel Franco, Fabio Galliani. E grazie a Mirco Menna, che dedicando la canzone a Carla Nespolo, prima donna Presidente dell’Anpi recentemente scomparsa e da tutti rimpianta, promette: “Terremo a mente in questo inverno/di timori e balbettìo/mentre intorno è ringhio e violenza/terremo a mente che fascismo / non è roba da museo/e nemmeno lo è la Resistenza.” 


Elisabetta Malantrucco

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