Il Mare, libertà e ricerca nella musica di Claude Debussy

Dal “freedom” del precedente contributo, ci spostiamo sul tema della “libertà”, che in estate abbiamo approfondito studiando la “polivocaliritmia” del Mare, aperto artisticamente all’infinito, alle profondità nascoste, al rapporto con il cosmo. Il Mare (pacifico o devastatore) comunica ed è portatore di cambiamento. È simbolo di anarchica libertà, sempre vivo, mutevole nei suoi innumerevoli colori, profumi, forme, rumori e suoni. È immenso e aiuta a riflettere sui limiti dell’orizzonte, figurativamente la nostra piccola mente che ancora poco riesce a comprendere dei misteri dell’universo e della natura di cui siamo olisticamente parte. Negli immaginari abissi marini (nei quali prevale l’insondabile e la mutevolezza degli stati fisici) siamo soliti tuffarci musicalmente, per lasciare vagare liberi i pensieri verso l’ignoto. Il rapporto tra il “mare e il vento” ci ha anche riportato al mirabile terzo Schizzo de “La Mer”, di Claude Debussy, opera scritta tra il 1903-1905, in un periodo per lui tormentato sentimentalmente ma che, a seguito del rapporto con Emma Moyse, portò alla nascita della figlia Claude-Emma, detta “Chouchou”, due settimane prima dell’esordio pubblico, avvenuto il 15 ottobre del 1905 a Parigi, con giudizi iniziali sostanzialmente negativi da parte della critica. Tuttavia, negli anni, “La Mer” è divenuta una delle opere più gradite e maggiormente eseguite in concerto anche nella versione pianistica. In copertina alla partitura, il compositore volle “La grande onda di Kanagawa” di Katsushika Hokusai.


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