Anthony Joseph – The Rich are Only Defeated When Running for Their Lives (Heavenly Sweetness, 2021)

Il titolo “The Rich Are only Defeated When Running for Their Lives” (“I ricchi sono sconfitti solo quando corrono per salvarsi la vita”) proviene da un testo fondamentale dell’intellettuale, scrittore, critico letterario marxista anticolonialista di origine trinidadiana C.L.R. James “The Black Jacobins: Toussaint L’Ouverture and the San Domingo Revolution”(1938) sulla vittoriosa rivoluzione degli schiavi neri dell’isola di Haiti. Anthony Joseph, musicista, poeta, scrittore e accademico di Trinidad di residenza londinese dal 1989, ha scelto il titolo dopo l’uccisione di George Floyd e le mobilitazioni del movimento Black Lives Matter, che spiega “hanno plasmato molte delle emozioni, molte delle idee” del disco, registrato in presa diretta e masterizzato tra Londra e Parigi. La poesia come forma parlata di musica, senza linea di separazione, in un processo di reciproco “compromesso e asserzione”, dice della sua opera in un’intervista radiofonica (“The World Show” di Nicky B su Kaya FM). Qui, Joseph ritrova il sassofonista (alto e baritono) Jason Yarde, con cui aveva già collaborato in “People of the Sun” (2018) e che oltre a curare la direzione musicale e gli arrangiamenti è anche co-autore di quattro dei sei brani del programma dell’album. Con loro c’è un cast di musicisti di gran rango, a cominciare dal sax tenore e clarinetto basso di Shabaka Hutchings (Sons Of Kemet, The Comet Is Coming) e Denys Baptiste (ha suonato con McCoy Tyner e Billy Higgins), il tenore e il baritono di Colin Webster (suo partner nella The Spams Band), la chitarra di Thibault Remy, le tastiere di Florian Pellissier, il basso di Andrew John (anche lui co-autore), la batteria di Rod Youngs, già nella band di Gil Scott Heron (autore al quale Anthony Joseph viene frequentemente paragonato), le percussioni di Crispin Robinson (fondatore dei Galliano) e dell’antillano Roger Raspail. L’iniziale “Kamau” è una torrida e fluviale ode alla poetica surrealista e militante di Kamau Brathwaite, autore delle Barbados scomparso lo scorso anno, con il clarinetto basso di Hutchings in primo piano a intrecciare il parlato di Joseph. Primo picco del disco è “Calling England Home”, che procede su un groove vibrante e implacabilmente magnetico e su fiati di sapore ethio-jazz. Con intonazione profonda, tra cantato e spoken world, declamato, sussurrato e urlato, Joseph affastella storie e riflessioni sul tema dell’appartenenza da parte di immigrati arrivati in Inghilterra in tempi diversi a partire dalla Windrush Generation, evocando anche la sua esperienza: “Nero e qui dal 1949” […] Ho vissuto qui più a lungo che a casa, dal 1969 […] Lavoravo nel seminterrato/Ma imparai presto ad allacciare il grembiule/in un modo che conservasse un po’ di dignità/E nella mia prima estate sopra il negozio all’angolo/Ascoltavo un raro groove alla radio pirata/Ero così lontano da ogni nozione di nazione/Quanto tempo devi vivere in un posto /prima di poterlo chiamare casa?”. La temperatura sonora sale ancor di più in “Maka Dimweh”, racconto di un soldato della Guayana inviato a ripulire la scena del suicidio di massa del movimento religioso Temple of Nations del sedicente pastore Jim Jones nel 1978. “Language” è un altro flusso torrenziale (dura 10 minuti), aperto da una citazione in esergo di Amiri Baraka, una fusione di musica e poesia, dedicata al poeta modernista giamaicano, sviluppata intorno agli assolo e alla digressioni dei sax: “È stato il linguaggio a formare le nazioni e a decolonizzare le nostre menti”. Segue “Swing Praxis”, un altro pezzo forte del disco, tutt’insieme afrobeat, cool jazz e funk, una provocatoria chiamata a discutere delle tattiche delle lotte di liberazione passate e valutare le azioni per il cambiamento nel presente, esaltando il potere dello swing come pratica emancipatrice: “come metodo, come azione, come rubrica, come patrimonio, come un’orchestra nera e combattiva con terribili api e fischi e denti”. Dopo tutto, George Clinton ha detto: “Funk cannot only move, it can remove”. Infine, in “The Gift”, mentre in basso e batteria conferiscono la base su cui i fiati ricamano, Joseph parla del lascito di suo padre. C’è la bravura dei musicisti, c’è il canto di Joseph, intimista, toccante, partecipe, urticante, sempre consapevole mai superfluo: “The Rich Are only Defeated When Running for Their Lives” è un urgente atto poetico-musicale. 


Ciro De Rosa

Posta un commento

Nuova Vecchia