Premio Bianca d’Aponte 2020 XVI Edizione, Aversa, 14-15 luglio 2021

Tanti premi vinti e nuove voci al “Premio Bianca D’Aponte, sono un’isola” di Aversa. Un’edizione molto particolare, che intendeva recuperare quella perduta in ottobre, a causa delle restrizioni e delle chiusure dovute alla pandemia. Sono stati mesi e mesi difficili per tutti gli esseri umani, per ogni attività economica, per i giovani, per gli anziani che sono morti soli in terapia intensiva. Morti ingiuste (sempre che si possa parlare di giustizia in questi casi) e dolorose. Vite stravolte, nuove paure, ansie e preoccupazioni. Ma anche ripartenze, speranze, prospettive, rinascite, tentativi, perché è nella natura degli uomini provarci sempre, ricominciare, inventare qualcosa di nuovo. E questo è particolarmente vero per i settori dell’arte, della cultura, del teatro, del cinema e naturalmente della musica. Non ci sembra una bestemmia dichiarare che sono stati tra i più colpiti e danneggiati da queste chiusure. Nella speranza che si vada comunque incontro alla soluzione del problema – soprattutto grazie alla campagna di vaccinazione – il mondo della musica, quello che a noi è più caro, si è appunto rimesso in moto, a partire proprio dal recupero di quello che sembrava essere andato perduto. Abbiamo raccontato del Premio Parodi in maggio; questa volta è stato il caso del Premio Bianca D’Aponte, dedicato alle cantautrici e alla loro musica. 
Una veste inedita quella del Bianca di quest’anno: una veste leggera, a fiori (anche se la prima sera un piumino avrebbe fatto al caso), all’aperto, nel bellissimo contesto del giardino intorno al Liceo Scientifico Enrico Fermi. Un luogo importante in questa storia, perché era la scuola di Bianca D’Aponte, la giovane cantautrice a cui è intitolato il Premio. Di lei è sempre bene parlare, perché la ritroviamo in ogni cosa che accade ad Aversa nei giorni del festival: la ritroviamo seduti a pranzo e a cena aspettando la mozzarella di bufala, nell’emozione delle partecipanti, o nelle loro fantasie e nei loro azzardi; negli inciampi, nell’andare avanti e indietro di Gennaro Gatto, organizzatore di ogni cosa – insieme con Gaetano D’Aponte e Giovanna Vitagliano, i genitori di Bianca – dal palco al parcheggio, dai pass ai conteggi. È importante ricordarlo sempre e ribadirlo: questo Premio nasce e vive per lo sforzo costante e privato di queste persone, per l’impegno economico della famiglia D’Aponte e forse anche per la partecipazione di chi ogni anno accorre alla ricerca di un abbraccio, di un conforto, di un sorriso, di un ritrovarsi. È stata una bella edizione: il Palco era da grandi occasioni, non solo come struttura (bella e importante), per l’impegno dei tecnici, per la professionalità dei presentatori Carlotta Scarlatto e Ottavio Nieddu, o per la bravura della band residente di Alessandro Crescenzo, ma anche per la qualità e l’altissimo livello degli ospiti. Come non riconoscerne il merito a Ferruccio Spinetti, impegnato, capace e appassionato direttore artistico, dopo la scomparsa dell’amatissimo e sempre ricordato Fausto Mesolella? La sera del 14 si sono esibiti Alfina Scorza, Bungaro, Giuseppe Anastasi e una emozionante Nuova Compagnia di Canto Popolare, con una Fausta Vetere bella, elegante, autorevole, dolcissima. 
E a sorpresa sul palco è salito a cantare con lei Patrizio Trampetti, presente in platea e appena uscito con un album di grande impatto (‘O sud è fesso). Il giorno dopo è toccato a Patrizia Laquidara, agli A’67 e ai magici Têtes de Bois. Ed è anche toccato alla madrina del Premio, Arisa, che ha partecipato con molta verve ed entusiasmo a tutta la gara (chi scrive era seduta proprio dietro di lei e ha potuto apprezzare il suo coinvolgimento) e ha concesso un set pieno di ironia e simpatia al pubblico, che trepidava per lei e cantava le sue canzoni. Notevole la sua rilettura del “Cantico dei matti” di Bianca D’Aponte. Ma non è stato solo questo a rendere bella l’edizione. Va infatti riconosciuto l’ottimo livello delle partecipanti. Sempre, negli anni, abbiamo scovato più di una fuoriclasse, ma questa volta la qualità artistica delle cantautrici in gara era davvero notevole. Durante l’incontro consueto in cui si sono raccontate, grazie al microfono e alla pazienza professionale di Timisoara Pinto, queste giovani donne hanno mostrato intelligenza, preparazione, grinta e un mondo portato alle spalle con classe ed energia. Sul palco – chi la prima sera, chi la seconda – hanno tirato davvero fuori il meglio e alla fine un premio – quelli dati sono tutti azzeccati – lo avrebbero meritato tutte. 
A vincere è stata Monica Sannino (in arte Bambi) di Napoli, con “Maledetto amore”: brano e performance travolgenti, che hanno convinto le giurie ma anche la platea; il premio della critica è invece andato all’elegantissima, appassionata e bravissima Simona Boo, con “Estate ’89. Una storia dal mare”: canzone impegnata e dalla composizione impeccabile. Una voce straordinaria. La menzione per il miglior testo è andata a Lucrezia con “Molecole”, quella per la migliore musica ad Elena Romano con “IL sole (cattivi pensieri)” (una cantautrice da tenere d’occhio); Lamante si è aggiudicata la menzione come migliore interpretazione. Un riconoscimento adeguato dato ad una artista particolarmente dotata – a tratti geniale – che se avesse presentato in gara il pezzo interpretato la prima sera (“Il rossetto”) molto probabilmente avrebbe insidiato il primo posto. Avremmo sperato in un riconoscimento anche per Ebbanesis: il magico duo però si è presentato smezzato; Viviana Cangiano infatti era impegnata nel set di un film e Serena Pisa ha fatto tutto da sola. Ma l’ha fatto benissimo: la sua interpretazione è stata commovente. E molto potremmo dire anche di Veronica, di Chiara White, di Manuela Zero e di Sara Romano, se lo spazio dell’articolo non fosse agli sgoccioli e l’attenzione del lettore non rischiasse di sparire. Resta solo da ringraziare ancora una volta per questa occasione di poesia e di amore, con la consapevolezza che la nuova edizione, prevista ad ottobre, il 22 e 23, è molto più vicina di quanto non sembri. E noi ci mettiamo per la strada in attesa, perché “siamo quelli che chiamano matti / nella notte vaghiamo distratti / pecore nere di ogni famiglia / noi giochiamo soltanto con chi ci somiglia; / non fa paura la notte più nera / inseguiamo la nostra chimera: / siamo viandanti, sognatori / quelli che i benpensanti chiamano errori” (Bianca D’Aponte). 

Elisabetta Malantrucco
Foto di Elisabetta Malantrucco

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