Bellowhead – Reassembled (Hudson Records, 2021)

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“Volevamo una band che fosse un po’ Britten, un po’ Kool and the Gang, un po’ world music e un po’ Brass Monkey”, mi diceva il frontman Jon Boden nel corso di un’intervista nel lontano 2006, raccontando l’essenza dei Bellowhead che, nati due anni prima, si facevano portatori di una salutare ventata innovativa nel circuito folk albionico. Parliamo di un combo che con il suo suono da big band di undici elementi, che imbracciano circa una ventina di strumenti, ha prodotto un folk progressive trionfante a partire dall’esordio di lunga durata, “Burlesque”, che – come scrisse all’epoca il periodico “Songlines” – “aveva saldato i conti con “Liege & Lief” dei Fairport Convention”. Prendendo melodie e ballate tradizionali inglesi, i Bellowhead li ricomponevano per un elaborato organico di corde, archi, fiati, mantici e percussioni, conferendo agli arrangiamenti sia profondità che dinamismo, mettendoci freschezza e una buona dose di humour. E che dire poi della loro presenza sul palco, tutt’insieme teatrale, vigorosa e spumeggiante? Dopo dodici anni di strabilianti concerti e formidabili album, i Bellowhead avevano chiuso la loro magnifica storia con uno show al Palladium di Londra. Nel 2020 per rompere l’isolamento determinato dalla crisi pandemica la band si è ritrovata online suonando per il piacere della condivisione. Da quell’esperienza in remoto è nata “New York Girls at Home”, una versione casalinga accolta con gran favore dal pubblico della band. 
Da qui l’idea di riunirsi davvero di persona (senza pubblico) a novembre dello stesso anno alla Stabal Mansion, a dieci anni dalla pubblicazione di quel capo d’opera che è stato “Hedonism” (2010), per suonare in un concerto (trasmesso in streaming il 5 dicembre sulla piattaforma digitale Stabal, per il quale furono venduti 10.000 biglietti). Quella session live è stata registrata per essere pubblicata (produzione di Andy Bell) come album nei formati di doppio vinile e CD, nonché disponibile sulle piattaforme digitali. Di nuovo insieme in scena Jon Boden (voce e violino), John Spiers (organetto, concertina e voce), Sam Sweeney (violino, cornamusa e voce), Paul Sartin (violino, oboe e voce), Benji Kirkpatrick (chitarra, mandolino, bouzouki e voce), Rachael McShane (violoncello, violino e voce), Brendan Kelly (sassofoni), Ed Neuhauser (Helicon), Justin Thurgur (trombone), Nick Etwell (tromba in sostituzione di Andy Mellon impossibilito a partecipare) e Pete Flood (batteria, percussioni e voce). Avrete capito che chi scrive è un appassionato dei Bellowhead, di cui ha seguito la luminosa vicenda musicale. Cosicché perdonerete l’eccessiva enfasi che, però, ci sta tutta se si ha che fare con una formazione che ha messo in rotta di
collisione stilemi folklorici britannici, melodie provenienti dal dancing master, jazz-funk, art rock, umori latini e atmosfere da music hall. Se da un lato è vero che sotto il profilo fonico la qualità della registrazione di “Reassembled” non raggiunge quanto si può ottenere in uno studio, dall’altro si tornano ad ascoltare gli incroci strumentali, i passaggi improvvisativi e l’intreccio di voci che hanno fatto grandi i Bellowhead. Insomma, a dirla tutta, il solo fatto che ci sia la possibilità di ascoltare diciassette brani tra i capisaldi del loro repertorio rende questa reunion live un’opera speciale ed imperdibile, imperniata soprattutto sui brani di “Hedonism” e “Broadside”, ma non solo. A voler forzatamente scegliere nel programma proposto, diremmo che “Cold Blows the Wind”, “Betsy Baker”, “Sloe Gin”, “London Town” (questi ultimi due numeri provengono dal primo album “Burlesque”) e “Parson’s Farewell” portano la gradazione emotiva molto in alto, ma sprizzano energia pure la già citata “New York Girls”, “10,000 Miles Away”, “Rosemary Lane”, “Little Sally Racket”. Che dire, poi, del gran finale con “Frog’s Legs And Dragon’s Teeth”? Indubbiamente, settantaquattro minuti di grande musica. Ci sarà un seguito? Speriamo per davvero che la magia si ripeta. Nel frattempo assaporiamo pure il nuovo dico della coppia Spiers & Boden (“Fallow Ground”), pubblicato dalla stessa label. Ma questa è un’altra bella storia, che vi racconteremo, su “Blogfoolk”, naturalmente. 




Ciro De Rosa

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