Non mi si tacci di piaggeria se affermo che Enrico de Angelis è una di quelle figure di cui la musica italiana ha un immenso bisogno e questo al di là del merito di aver coniato l’espressione “canzone d’autore”, ma piuttosto per lo straordinario contributo offerto come operatore culturale, essendo stato per oltre vent’anni il direttore artistico del Club Tenco, oltre ad aver curato numerose pubblicazioni, dischi, rassegne, incontri pubblici e programmi radiofonici. In questo contesto, si inseriscono anche i suoi libri, opere in molti casi imprescindibili per approfondire la canzone d’autore come nel caso dell’antologia di scritti musicali “Musica sulla carta. Trent'anni di giornalismo intorno alla canzone”, ma anche le curatele di opere di grande spessore come “Il mio posto nel mondo”, “Piero Ciampi. Tutta l'opera” “Ferré e gli altri. La grande canzone francese e i suoi interpreti”, “Genova e la Canzone d’autore” e “Italo Calvino e gli anni delle canzoni”. Non fa eccezione “Coltivo una rosa bianca - Antimilitarismo e nonviolenza in Tenco, De Andrè, Jannacci, Endrigo, Bennato, Caparezza”, edito da Vololibero ed ideato insieme al Movimento Nonviolento (a cui andranno tutti i proventi dalle vendite), nel quale de Angelis traccia un percorso attraverso il songbook di sei grandi cantautori italiani, scelti tra quelli che con maggior costanza e coerenza hanno trattato nelle loro canzoni i temi dell’antimilitarismo, del pacifismo e della nonviolenza, valori storicamente legati al grande universo della canzone d’autore. Il senso profondo del volume, ma anche il contesto culturale in cui affonda le sue radici, è racchiuso nel titolo che rimanda al brano omonimo scritto da Sergio Endrigo sulle splendide liriche del patriota e poeta cubano José Martì, (“Coltivo una rosa bianca/In luglio come in gennaio/Per l’amico sincero/Che mi dà la sua mano franca/Per chi mi vuol male e mi stanca/Questo cuore con cui vivo/Cardi nè ortiche coltivo/Coltivo una rosa bianca”), interpretato anche da Pete Seeger sulla melodia di “Guantanamera”. “Rosa bianca” ci riporta alla memoria anche il movimento della “Weiße Rose”, sorto in Germania, tra il 1942 e il 1943, e formato da studenti cristiani, i quali diedero vita ad azioni non violente in opposizione al regime nazista, finendo per essere arrestati, processati e condannati a morte. La dura esperienza dei regimi totalitari, quella della Seconda Guerra Mondiale, ma anche i successivi conflitti che hanno lacerato il mondo sono diventati parte di un immaginario poetico nel quale convergono le ballate degli chansonnier francesi, la canzone sudamericane e il folk revival dei primi album di Bob Dylan e in cui più generazioni di cantautori, anche distanti nel tempo, si sono riconosciuti nell’interpretare con forza il medesimo messaggio di pace. Aperto dalla prefazione di Don Luigi Ciotti e dall’introduzione di Mao Valpiana, il volume spicca per la prosa affabulativa e coinvolgente di de Angelis la cui profonda conoscenza della canzone d’autore gli consente di far emergere le personalità, le vite e le idee di questi sei cantautori che hanno creduto e credono nella nonviolenza e nell’antimilitarismo, facendo emergere non solo il loro songwriting, ma anche il loro essere uomini. Muovendosi tra storia ed analisi dei testi, il giornalista veronese riesce ad offrire importanti spunti di riflessione anche lettore più esperto, mettendo in evidenza tutti quegli addentellati, siano essi cronachistici, culturali o letterari, che sono alla base di brani presi in esame. In questo contesto non mancano anche spaccati biografici che hanno avuto riflessi sulla vita e la formazione dei sei cantautori. Come cantava Guccini con “le canzoni non si fan rivoluzioni”, ma certamente è anche grazie a certi dischi che il mondo ha cominciato a credere di più al dialogo piuttosto che prediligere il ricorso alle armi. Un discorso che solo in apparenza può sembrare scontato ma che, al contrario, ha una strettissima adesione all’attualità con i conflitti armati che sono diventati più subdoli, più sotterranei ed invisibili ma non meno violenti e dannosi per l’umanità. La nonviolenza però non attiene solo alle guerre, siano esse di natura politica, religiosa o etnica, ma va praticata anche nel quotidiano dove, purtroppo, le cronache ci raccontano troppo spesso di fatti di sangue ad opera della criminalità, ma anche di violenze domestiche e di genere. La prima parte del libro è incentrata su Luigi Tenco del quale vengono prese in esame le motivazioni che lo spinsero ad avvicinarsi alla nonviolenza, spostando anche l’attenzione verso ciò che accade fuori dall’Italia. Non a caso, registrò, nel 1964, la traduzione in italiano di “Blowin’ In The Wind” firmata da Mogol. Ed ancora, il cantautore ligure scrisse ed interpretò la traduzione in Italiano di “Le déserteur” di Boris Vian, altra pietra miliare della canzone d’autore, così come rilesse in una struggente versione la “Ballata dell’eroe” di Fabrizio De André. Quest’ultimo è protagonista del capitolo seguente nel quale emerge la sua costante tensione a stare dalla parte degli ultimi, degli emarginati e degli oppressi cantando quel senso di solidarietà e tolleranza che dovrebbe pervadere le coscienze di ognuno. Di particolare interesse è il capitolo dedicato ad Enzo Jannacci nel cui repertorio il militarismo riveste grande importanza con non solo in brani di incredibile intensità come “Sei minuti all’alba”, con protagonista un partigiano condannato a morte, ma anche in canzoni più famose come “Vengo anch’io, no tu no” di cui viene riportata anche la versione censurata con la parte del testo originale di Dario Fo. Altrettanto importanti sono le parti dedicate a Sergio Endrigo ed Edoardo Bennato per giungere al focus conclusivo su Caparezza e sulla sua capacità di far emergere le contraddizioni e le ipocrisie della società occidentale. Ulteriore elemento di pregio del volume è che i capitoli sono intercalati dai ritratti a colori di Tenco, De André, Jannacci, Endrigo, firmati da Milo Manara e quelli di Bennato e Caparezza, opera di Massimo Cavezzali, un valore aggiunto. “Coltivo una rosa bianca - Antimilitarismo e nonviolenza in Tenco, De Andrè, Jannacci, Endrigo, Bennato, Caparezza” è, dunque, un must have, uno di quei libri che non può mancare nelle librerie degli appassionati, racchiudendo in sé lezioni sulla canzone d’autore, sulla storia contemporanea e sui valori fondanti del nuovo umanesimo.
Salvatore Esposito