“Genova e la Canzone d’autore”, volume fuori commercio commissionato dal Gruppo Carige e pubblicato da GGallery, con la collaborazione del Club Tenco, è un’imponente opera di 248 pagine, con testo italiano / inglese e belle illustrazioni, formato 23x30, rilegatura in tela sovraccoperta (con accluso un cofanetto comprendente un CD audio antologico di registrazioni live al “Premio Tenco” e un DVD), con la curatela di Enrico de Angelis, direttore artistico del Club Tenco. Per l’occasione è stata chiamata a raccolta una schiera intergenerazionale di penne autorevoli: non solo critici musicali, ma anche studiosi di popular music, storici della canzone d’autore, saggisti, intellettuali e musicisti (oltre allo stesso de Angelis, ci sono Luigi Manconi - che firma l’introduzione - Alberto Bazzurro, Giovanni Choukhadarian, Lorenzo Coveri, Enrico Deregibus, Athos Enrile, Guido Festinese, Annino La Posta, Alessio Lega, Marco Mangiarotti, Claudia Pastorino, Andrea Podestà, Sergio Secondiano Sacchi, Mauro Selis, Paolo Talanca, Jacopo Tomatis, Renato Tortarolo, Margherita Zorzi). Dopo aver tratteggiato la fisionomia della città e analizzato le voci genovesi dall’angolazione dialettale, il libro procede analizzando le diverse fasi della canzone d’autore nella regione: parliamo di un gruppo variegato per interessi e poetiche di cantautori ascrivibili alla cosiddetta “scuola genovese”. Cosicché, vi troviamo i grandi innovatori degli anni Sessanta (Bindi, Paoli, Tenco, Lauzi, De André), la seconda generazione dei Fossati e di chi “cammina nel segno” dei padri, alla terza generazione (Francesco Baccini, Max Manfredi, Cristiano De André). Dal fertile mondo beat e prog rock all’incontro tra musica e poesia (New Trolls e Riccardo Mannerini), dalla scena teatrale a quella delle voci femminili, dall’incontro con il jazz alle più recenti generazioni di autori. Il DVD, oltre al formato versione e-book del libro, contiene quattro ore di inediti. Anzitutto, preziosi materiali live, tra i quali il recital di Vittorio De Scalzi e Edmondo Romano, che rivisitano lo storico lavoro dei New Trolls “Senza orario senza bandiera” su testi di Fabrizio De André e Riccardo Mannerini, due ricche videointerviste a Gino Paoli e al compianto Bruno Lauzi, delle rarità su Luigi Tenco (la sua ultima registrazione effettuata pochi giorni prima della morte, una versione catalana di “Ciao amore ciao” e “Padroni della Terra,” prima traduzione italiana de “Il Disertore” di Vian), un omaggio – e poteva mancare? – ad Amilcare Rambaldi, sanremese, fondatore del Club Tenco. Invece, il CD raccoglie 20 tracce inedite, registrate nel corso delle esibizioni di artisti liguri alla “Rassegna della canzone d’autore”, organizzata dal Club Tenco, e nel corso della consegna delle Targhe Tenco, tra il 1975 e il 2013.
In questa occasione non possiamo trascurare la precedente strenna proposta dal Gruppo Carige. Si tratta dell’altrettanto voluminoso “Genova e il Jazz” (pp. 248, stesso formato editoriale del libro sulla canzone), un altro omaggio alla città incastonata tra il mare e le montagne, che racconta “La Superba” attraverso la storia dei suoni afro-americani nella città, dei musicisti locali e dei cultori, protagonisti della diffusione del jazz. Come incipit, ci facciamo accompagnare dalle parole che Guido Festinese – genovese, firma autorevole del giornalismo musicale italiano, saggista e studioso della storia e dell’estetica delle musiche afro-americane – ha voluto donare a “Blogfoolk”: «Tre città impastate di salsedine, e strategicamente messe dal creatore a presidiare punti diversi dello Stivale geografico e della Rosa dei venti hanno dato molto al jazz, e spesso sono state dimenticate, o mal ricordate. Ha vinto l’opulenta presenza di città affondate nella terra e senza sbocchi al mare, fragorose di affari e di idee, ma lontane dalle onde salate. La prima città da ricordare è Palermo, la più dimenticata da chi non ha piacere di rammentare quando gli emigranti per forza eravamo noi, e dalla città della Vuccirìa partivano rotte regolari per le Americhe, il Conte Biancamano carico di speranze stropicciate, strumentini a corda ed acciaccati ottoni. I cognomi italiani nei registri di New Orleans dicono tutto. La seconda città è quella che Erri De Luca ha definito “cava e risonante”, e perciò stessa carica di musica e di echi di musica. Quando il jazz e le musiche tutte della gente con la pelle scura ri-attecchirono a Napoli, nel secondo dopoguerra, sbarcando dalle navi grigie con la bandiera a stella e strisce per certi versi fu la musica dei mori di Spagna che tornava a casa dopo esser passata per le Americhe: e lì “sporò” meraviglie scintillanti nere e napoletane al contempo. La terza città è la più misteriosa, la meno immediatamente afferrabile, per le sorti del jazz, e forse la più decisiva, a meno che non si ricorra alla formula fossatiana per cui Genova “si vede solo dal mare”, un altro modo per dire che solo prendendo le distanze si capiscono le cose. È una città che nel proverbio dice di sé che “stringe i denti e parla chiaro”. Anche da lì partirono moltitudini umane, e lì si imbarcarono, per decennali andate e ritorni, legioni di musicisti che fecero da ponte tra America ed Europa. Le onde dell’oceano batterono il controtempo infinite volte al sapido swing da batterista imbarcato di Natalino Otto, Pasquale Taraffo presidiava il continente d’acqua con le sue mirabolanti chitarre –arpa. Ed il jazz arrivò e si formò subito, dunque, a Genova, ma in silenzio. Senza concedersi il lusso di farci troppi discorsi sopra. Attecchendo con naturalezza, come l’olivo portato dai saraceni. E sappiamo che nulla è meno naturale della naturalezza. È la storia che ci fa apparire familiare ciò che non lo sarebbe. E a Genova la storia musicale è impastata di sale e di jazz». Forse potremmo finire qui la recensione, ma ci prendiamo altro spazio per passare in rassegna i capitoli di questo pregiato volume, per la curatela di Giorgio Lombardi, prefazione di Piero Angela e testi dello stesso Festinese, di Egidio Colombo, Giorgio Lombardi e Adriano Mazzoletti, che dà conto del rapporto tra jazz e capoluogo ligure, città da sempre aperta alle novità, in costante dialogo con le differenti culture. Anzi, il libro parte non da Genova ma da Texakarna negli Stati Uniti, dove l’emigrato genovese Luigi Ghio apre un Teatro dell’Opera, ai cui spettacoli assisterà un giovane Scott Joplin… Da lì riattraversando l’Oceano, il volume inizia a scandagliare iniziative ed eventi a partire dall’epoca “eroica” dei primi pionieri appassionati di jazz degli Anni Venti del Novecento. Ripercorre le origini e lo sviluppo del rapporto tra la città e la musica afroamericana. Emerge il contributo dei primi artisti liguri (Rizza, Mobiglia, Barzizza), racconta della costituzione del primo Hot Club nel 1946, mentre nel 1964 aprirà il Louisiana Jazz Club, che diventerà per lungo tempo sinonimo di jazz a Genova. Sarà poi la volta dell’Ellington Club, altro centro di irradiazione del jazz in Liguria fino all’apogeo del jazz a Genova degli anni 70-90 del secolo scorso, quando la piazza di Genova accoglie il gotha del jazz mondiale. Si passano in rassegna festival, iniziative, locali, presenze e concerti di storici artisti nella città fino arrivare ai giorni nostri, mettendo al centro la nascita di nuove e sempre crescenti e significative esperienze associazionistiche, concertistiche e formative. Non da ultimo, si riferisce delle tappe che hanno portato alla creazione di un centro di documentazione specialistico, che è diventato il museo del jazz, intitolato a Gianni Dagnino. Nella speranza che arrivi in futuro anche un lavoro sulle tradizioni popolari locali o regionali e sulle stagioni del folk revival ligure, “Genova e la Canzone d’autore” e “Genova e il Jazz” sono due opere di enorme valenza culturale, giusto tributo a una grande città musicale.
Ciro de Rosa
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