Vízöntö – Trento Concerto (Nota, 2020)

#CONSIGLIATOBLOGFOOLK

Il “folk revival” magiaro non ha avuto nulla da invidiare a quelli a lui contemporanei e più conosciuti d’Inghilterra, Francia, Bretagna o Italia. Un violinista come Janos Hasur non vale meno del (giustamente) celebrato e compianto Dave Swarbrick. Sulle orme tracciate dal percorso etnomusicologico di Béla Bartók è fiorito in Ungheria un movimento variegato anche grazie al ricchissimo materiale etnico di base. In un territorio che sulle fondamentali influenze asiatiche ad opera di Unni, Avari, Magiari e successivamente dei Turchi, ha modellato le forme della sua etnia, hanno in seguito contribuito gli oltre due secoli di sudditanza all’Austria. I numerosissimi interscambi con i paesi limitrofi hanno fatto il resto. La stessa lingua è di ceppo finnico ma non è estranea a quelle circondanti: la neolatina rumena a est, la germanica a ovest e quelle slave a sud. In questo crogiolo di influssi europei ed extraeuropei i giovani musicisti di inizio anni 70 hanno cercato di riproporre i modelli esecutivi originali utilizzando sonorità contemporanee. Si sono risvegliati in questo modo antichi interessi sopiti. La componente cruciale di questo movimento è probabilmente quella del canto femminile, prima tra tutte Márta Sebestyén che godeva molto prima della partecipazione alla colonna sonora de “Il Paziente Inglese” di una solida reputazione nazionale e internazionale, soprattutto grazie ai Muzsikás, di cui faceva parte in qualità di voce solista. Ma innumerevoli sono le altre cantanti della sua generazione e di quella seguente, di pari valore: Irén Lovász, Kati Szvorák, Szilvia Bognár, Ágnes Herczku...I primi gruppi (Együttes) ad essere conosciuti in occidente furono Vízöntö e Kolinda (per un periodo fusi con i Makám). Vízöntö era sorto nel 1972 inizialmente per accompagnare l’ensemble di danza Bihari János ma fin da subito la grande perizia musicale dei suoi componenti lo fece notare. L’anno seguente venne infatti premiato in occasione degli Incontri Internazionali della Gioventù a Berlino. Il nome scelto derivava dal fatto che i componenti originali del gruppo erano tutti nati sotto il segno dell’Acquario (in ungherese “Vízöntö”). 
Nel 1974 si sciolsero temporaneamente e due dei membri Ferenc Kiss e Ágnes Zsigmondi diedero vita, assieme a Iván Lantos e Péter Dabasi, ai Kolinda, che iniziarono ad incidere i loro splendidi LP in Francia. All’epoca nell’Europa occidentale nessuno conosceva questo tipo di sonorità e l’effetto fu davvero dirompente. Nel 1975 comunque Vízöntö riprese la strada. Il primo disco risale al 1977 ed il secondo all’anno dopo, grazie alla storica serie Élő Népzene creata dalla Hungaroton (inizialmente Qualiton), straordinaria compagnia discografica statale di Budapest fondata nel 1951 e che ancora oggi pubblica circa 150 nuovi dischi all'anno, metà dei quali di musica classica e metà di musica popolare. La formazione, dove tutti cantavano, comprendeva Ferenc Kiss a violino, gardon e ghironda, Janos Hasur a violino e percussioni, Károly Cserepes alla cornamusa, flauto e oboe, Győző Zsákay al contrabbasso. Il quartetto sostituito quest’ultimo con Huszár Mihály manterrà una formazione stabile fino alla fine. Il repertorio composto sia da brani tradizionali che originali, arrivò ad utilizzare, su proposta di Cserepes, anche campionatori e sintetizzatori, autodefinendo a questo punto la propria musica come “folkcontemporanea”. I loro concerti erano apprezzati in Europa come negli Stati Uniti, in Canada come in Iraq. L’ultimo disco del gruppo originale è d’inizio anni 90, poi ognuno si dedicherà a progetti personali: Ferenc musicista sempre più legato al territorio, catalizzatore, etnomusicologo fondò nel 1992 la prestigiosa etichetta Etnofon, che con la più grande Fonó Records, si alternerà nella produzione spesso di autentici capolavori fino ai giorni nostri; 
Károly sarà attratto dalle possibilità offerte dall’elettronica e immaginerà nelle sue composizioni musicali di far incontrare le culture popolari d’inizio 19° secolo con il misticismo tibetano, in una terra immaginaria denominata “Shambhala”. Vízöntö in pianta stabile non esiste quindi più già da moltissimo tempo però Janos, che nel frattempo ha militato lungamente nella Stage Orchestra (ex-TeaterOrchestra) del grande amico Moni Ovadia (conosciuto ai tempi lontani dell’Ensemble Havadia) e vive da vent’anni a Mandello del Lario, sulla sponda orientale del Lago di Como, ogni tanto lo fa rinascere dalle sue ceneri. Il nome è mantenuto e anche una parte dell’antico repertorio e quando si presenta l’occasione di un concerto, non esita ad invitare i suoi nuovi prestigiosi amici, polistrumentisti tutti molto apprezzati in Ungheria: Béla Ágoston ai fiati (per un periodo sostituito da Balázs Szokolay), Géza Fábri alle corde (in particolare al kobsa, liuto popolare rumeno) e Tamàs Vàlyi Nagy al contrabbasso. Particolarmente suggestivi sono i momenti in cui Béla Ágoston e Tamàs Vàlyi Nagy imbracciano entrambi un fujara, un flauto etnico alto due metri, originariamente utilizzato dai pastori della Slovacchia centrale. Ne sono nati anche due CD ”New Wave” inciso a Budapest nel 1996, proprio negli studi Etnofon e ”Karàcsony” estratto live da una serie di concerti acustici a tema natalizio in Italia durante il 1999. Diverse sono state negli anni le occasioni di ascoltarli in chiese, ville o festival estivi ma da vent’anni Vízöntö era in un letargo discografico. Ora, grazie alla meritoria Nota Records, che da sempre si distingue per il valore delle proposte del suo prezioso catalogo e per la cura delle loro confezioni, ecco quest’altra chicca. Si tratta della registrazione di un concerto svoltosi al Giardino Santa Chiara di Trento il 12 agosto del 2016, all’interno del programma del festival “Itinerari Folk“ che Mauro Odorizzi organizzava e dirigeva artisticamente da decenni in Trentino. Il repertorio spazia nel lungo percorso del gruppo, i brani più recenti e quelli più antichi ri-arrangiati, numericamente si equivalgono e il concerto termina come sempre con l’emozionante riproposta del tradizionale “Tavaszi Szél”, il cui testo narra della brezza primaverile che inonda le acque. Un brano talmente irresistible che perfino una star famosissima del calibro di Freddie Mercury, scrivendosi le liriche sul palmo della mano, l’ha proposta in concerto a Budapest il 27 luglio del 1986, come si può vedere nel relativo video su YouTube.

Flavio Poltronieri
flavio.poltronieri@libero.it

Posta un commento

Nuova Vecchia