Ghalia Benali & Romina Lischka – Call to Prayer (Fuga Libera, 2020)

“Call to Prayer” è un disco di dialoghi e incontri, di voci in qualche modo radicate nel passato in un contesto di spiritualità e contemplazione. L’album esplora le intersezioni tra musica barocca, indostana e nord-africana, ma quest’ultima è la principale protagonista delle contaminazioni. È proprio il titolo a suggere l’intenzionalità degli artisti, i cui background variegati non possono che portare a composizioni uniche nel loro genere e allo stesso tempo estremamente raffinate. L’Adhan è la chiamata alla preghiera intonata dal muezzin cinque volte al giorno, chiunque abbia visitato paesi a maggioranza musulmana ha probabilmente apprezzato la natura melismatica ed ammaliante di questo canto. Un canto non ritenuto musica sebbene di musicale, nel senso occidentale del termine, abbia molto. L’Adhan, così come la cantillazione coranica, è alla base dell’estetica musicale araba, turca ed iraniana, un tempo stilisticamente unificate ed ora differenti. La preponderanza di stilemi nord-africani è una conseguenza diretta degli studi di Ghali Benali, cantante tunisina cresciuta con il cinema egiziano e con la voce di Umm Kulthum. Come molti altri artisti della sua generazione, Ghali Benali è fortemente influenzata dalla voce della diva egiziana di cui ripropone la profondità, la nasalità e la raucedine. L’ingrediente unificatore che accompagna brani altrimenti lontani è la viola da gamba di Romina Lischka, nome fondamentale nella scena barocca europea. I tessuti armonici tracciati in duetto col contrabbasso di Vincent Noiret fanno da collante e supporto ma sanno anche essere protagonisti di numerosi momenti. La passione per la cultura indiana ha portato Romina Lischka a esplorare la musica classica indostana, altra fortissima presenza all’interno del disco. La sua proprietà del canto Dhrupad (il più antico degli stili di musica classica indostana, sviluppatosi attorno al sedicesimo secolo dalla musica Qawwali dell’ordine Sufi dei Cishti) e dei raga indiani è notevole, specialmente se si considera che è una novizia relativamente al genere. Ad accomunare i due stili, indostano e mediorientale, è la grande cura con cui si tratta la melodia, dettagliatamente ornata e sapientemente esplorata in un contesto modale. A differenziarli, invece, è la natura della modalità e delle tecniche di abbellimento utilizzate. Il disco, che arricchisce entrambi gli stili con armonia occidentale, propone musiche complesse senza essere pesanti da cui traspare una grande intensità artistica. Coi suoi 71 minuti, “Call to Prayer” esplora il concetto di preghiera con stilemi che nascono da circostanze religiose, ma rimodellati in un contesto umanistico di reverenza e spiritualità. Alcuni brani derivano dalla tradizione, altri sono abbinamenti da mondi diversi, altri ancora soavi esplorazioni vocali. Ad introdurre il disco è “Tounes”, composizione che presenta dolcemente i musicisti col pizzicato degli archi e la voce di Ghali Benali. Lo stile vocale arabo emerge anche in altre tracce come “Mosabbeb al Asbab”, dove gli archi sottolineano un tappeto armonico quasi funereo con profondi bordoni, “Teryaq”, in cui la voce volteggia su un arpeggio di chitarra e sulle lunghe note della viola da gamba e “Raga Bhairav – Awatadhkourou”: qui il canto arabo della Benali incontra quello indiano della Lischka, mentre il contrabbasso si sostituisce alla tanpura in un bordone costante. L’abbinamento di un raga a un brano mediorientale è riproposto in “Raga Yaman -Ra’aa Al Barq”, dove le cantanti si alternano su un modo perlopiù maggiore ma con sfumature minori che regalano forti contrasti emotivi. Altri pezzi provengono invece dalla tradizione europea come “Le Carillon de Passy” di Antoine Forqueray e “Le Moulinet” di Marin Marais. Sono abbondanti gli abbinamenti anche tra pezzi europei e brani orientali come “Nouh Al Hamam - Rondeau moitié pincé et moitié coup d'archet”, dove sull’arrangiamento di un brano per viola della Lischka, Ghali Benali canta una composizione originale. “Prélude en sol - Dama Daiman - Raga Bhairavi” è la punta di diamante del disco, una piccola suite che tocca tutti gli stili riassumendo perfettamente l’intenzione artistica delle artiste. “Call to Prayer” è un disco che azzarderei chiamare ambizioso per gli accostamenti che propone, ma l’esecuzione è così eccellente da farli sembrare naturali, come usciti da un passato nostalgico e fabbricato, da un locus amoenus dove le culture convivono e si influenzano attivamente a vicenda. Ghali Benali e Romina Lischka, col supporto di Vincent Noiret, ci portano in un paesaggio sonoro intimo e reverenziale, estremamente intenso e profondo nella pacatezza dei suoni e delle dinamiche. 


Edoardo Marcarini

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