Per molti musicisti e soprattutto musiciste iraniane, le possibilità di suonare e registrare si presentano soprattutto all’estero. Non fa eccezione Mahsa Vahdat che dal 1995 ha intrapreso collaborazioni sia con musicisti iraniani, sia europei ed americani, fra cui spiccano il Kronos Quartet, Pasha Hanjani, Shervin Mohajer, Mathias Eick, SKRUK Choir, Mighty Sam Mcclain.
Ogni album di Mahsa Vahdat ha una sua precisa identità. “Enlighten the Night” è il decimo e qui le sue composizioni incontrano poeti classici e contemporanei iraniani in compagnia di musicisti che frequentano soprattutto il jazz e la musica improvvisata: Tord Gustavsen al piano, il bassista Gjermund Silset ed il batterista Kenneth Ekornes. Si rinnova anche la collaborazione con il produttore Erik Hillestad e con l’etichetta norvegese Kirkelig Kulturverksted (KKV) , iniziata nel 2004 con la partecipazione a “Lullabies from the Axis of Evil” (2004). Nel 2007 aveva registrato "Songs from a Persian Garden" in occasione di un concerto di beneficienza a Teheran tenutosi nell’ambasciata italiana. In quell’occasione l’aveva affiancata al canto la sorella Marjan Vahdat e si era rinnovata la collaborazione con artisti norvegesi ed in particolare con il chitarrista ed arrangiatore Knut Reiersrud. Nello stesso anno è stata nominata ambasciatrice dell’organizzazione Freemuse, rete internazionale specializzata nel promuovere e difendere la libertà di espressione degli artisti. L’album successivo, “I am Eve”, pubblicato nel 2008, vede la collaborazione col compositore iraniano Atabak Elyasi, che ritroviamo oggi nella produzione di “Enlighten the night”. Anche l’album del 2008 la vede a fianco della sorella Marjan Vahdat. Insieme, soprattutto nel brano che da il titolo al disco, hanno dato voce ai sentimenti delle donne iraniane, afflitte dalle numerose restrizioni imposte dal governo iraniano.
In Norvegia, con Marjan, ha registrato anche il recente ed apprezzato “Placeless”, cui ha partecipato il Kronos Quartet.
Mahsa Vahdat vede ogni nuovo album come: “un’opportunità per riflettere e per alimentare le sfide, le domande, i dubbi, la sensibilità, i sogni e i desideri. In quel luogo domestico che è la mia voce trovo il posto più sicuro per me nel mondo, dove tutto è a portata di mano e non ho paura di rivelare la più profonda intensità affettiva”.
In “Enlighten the night”, a innescare la miccia sono i versi di poeti contemporanei quali Simin Behbehani, Ahmad Shamloo, Forough Farrokhzad, Nima Youshij e Mohammad Ibrahim Jafari: un misto di speranza e di amaro sguardo sulle nubi che incombono sulle vicende attuali.
I tredici brani sono stati registrati con una limpida presa di suono da Martin Abrahamsen nella Kulturkirken Jakob a Oslo, nell’ambito di una produzione che ha visto la collaborazione fra Erik Hillestad e Atabak Elyasi. Gli arrangiamenti scelti sono volentieri essenziali. In brani come la splendida “Where is the Home of the Wind” a incorniciare la voce di Mahasa Vahdat è il solo contrabbasso, sollecitato con estrema finezza e pasimonia da Gjermund Silset. La composizione che da il titolo all’album, “Enlighten the night” mette in luce l’intensa espressività della voce di Mahasa Vahdat che qui diaoga prima con Tord Gustavsen, al piano, e quindi con Shervin Mohajer, musicista iraniano che ben conosce ed utilizza le diverse sfumature espressive del kamancheh. Non manca, anche in questo caso, un messaggio di dignità e di speranza, in particolare con i quattro minuti e mezzo di “The Act of Freedom”, uno dei brani in cui il trio che accompagna Mahasa Vahdat mostra tutte le sue qualità, indovinando una grammatica jazz che sa offrire quadri sonori in continua evoluzione, pur rimanendo sempre al servizio del canto e delle poetiche dinamiche della voce solista.
Alessio Surian
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