Boris Kovač New Ritual Quartet – White World: Music for Dance and… (Kachara Home Productions, 2020)

White White World: The Miner’s Opera” (“Beli Beli Svet”) è un film uscito nel 2010 per la regia di Oleg Novković. Allora Boris Kovač dette corpo sonoro alle angosce dei protagonisti con brani imbevuti di tristezza quanto abili nel suggerire passi di danza. A dieci anni di distanza, è una delle composizioni scritte per quel film a dare il titolo ad una raccolta delle musiche scritte da Kovač e registrate nuovamente da Dima Jakovljević nel KacharaMMStudio di Bukovac nel 2018 insieme a New Ritual Quartet: il piano di Slobodanka Stević, il contrabbasso di Siniša Mazalica, la batteria e le percussioni di Lav Kovač, oltre ai sax altro e soprano, clarinetto basso, melodica, e alla voce del leader; e ad un ospite a tratti indispensabili: la fisarmonica di Lazar Novkov. Boris Kovač e Dima Jakovljević si sono presi cura personalmente della produzione e del missaggio. Kovač spiega così la selezione dei brani: “Viviamo in un’epoca che si trova a riflettere su un passato bello e triste al tempo stesso, mentre viviamo un presente già consumato, su cui incombe un future tetro. Cosa possiamo fare in simili circostanze? Non ci resta che ballare! In questo album raccolgo le mie composizioni votate alla danza, scritte in un arco di vent’anni, insieme ad una straordinaria ballata scritta da Lav Kovač. Molte di queste composizioni sono nate per il cinema e per il teatro. I tre puntini alla fine del titolo sono lì a suggerire che questa musica intende essere d’ispirazione per andare anche oltre al desiderio di ballare. Cosa vuol dire? Questo dipende interamente da chi ascolta…”. È un po’ quello che succedeva in “Beli Beli Svet”: i brani chiamano al ballo, ma i protagonisti cantano senza mai muovere un passo di danza: una tragedia greca ambientata ai giorni nostri, a Bor, fra le miniere del sudest della Serbia. Malintesi e misfatti che non offrono alle canzoni alcuna coreografia, il movimento è tutto interiore e produce una malinconica efficacia, un intreccio di dialoghi introspettivi che non sarebbero palpabili senza la colonna sonora che volentieri va a sostituirsi alla parola: i paesaggi sonori orientano l’ascolto verso l’interno, a cercare una distanza che tutto può essere, tranne che “giusta” rispetto al mondo esterno che si sgretola, senza offrire punti d’appoggio. Quanto a punti riferimento, il New Ritual Quartet attraversa volentieri le frontiere: fra Serbia, Ungheria, Romania, ma anche ad esplorare le diverse declinazioni legate al tango: dai riferimenti incrociati di “Raindrops Tango” e “Tango Apocalypso Now”, all’“Erotic Tango Macabre”, al “Bass Tango” sospinto dal clarinetto basso. Più lineari e consolatori risultano i valzer cui sono dedicati “Zojka’s Vals” con piano ed ance a rincorrersi ed intrecciare melodie ed il crescendo di “Early Morning Waltz”. Anche quando si fa spazio il canto e l’uso dell’inglese e si suggerisce il “divertimento” (“To Entertain You”), il quintetto non rinuncia d’offrire allo sviluppo del brano un’increspatura inquieta che resta la cifra, il filo conduttore dell’album. La capacità di sfoderare belle melodie lineari è sempre l’occasione per prodursi in cambi di scena e anche in latineggianti inserti ritmici, come in “Simple, simple…life”. E quando la musica resta morbida e cantabile, ci pensa la voce a ricordarci attraverso i versi il sentimento dell’assenza. E con questo sentimento (“Samo nemam tebe, tebe”), ed un’ultima nota sola di piano, scende il sipario. 


Alessio Surian

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