Trio Tekke – Strovilos (Riverboat, 2020)

Il Trio Tekke è di nuovo in pista per il quarto capitolo discografico di un’avventura iniziata a Londra nel 2005 dal cipriota Antonis Antoniou (Voce, tzouras, elettronica), che abbiamo conosciuto con i Monsieur Doumani, dal greco Lefteris Moumtzis (chitarra, voce e synth) e dall’anglo-cileno Colin Somerwell (basso), con l’aggiunta del batterista Dave De Rose (che ha reso i suoi servigi ritmici a Moloko, Mulatu Astake e Rokia Traore). In greco “Strovilos” significa vortice o turbine, ma in senso non letterale riassume anche qualcosa di instabile, mutevole e irrequieto, ben catturando, in un certo senso, la fisionomia della band e la gestazione dell’album, registrato tra Londra, Atene e Nicosia. Così Antoniou mi racconta le ispirazioni e le aspirazioni del Trio Tekke: «Rebetiko non è solo musica ma c’è una cultura, un’intera idiosincrasia alle spalle. Siamo cresciuti ascoltando questa musica nelle sue numerose varianti e interpretazioni. In qualche modo essa è cresciuta dentro di noi, almeno in termini di strutture melodiche, suono generale e rappresentazione. Ma in questa musica c'è anche qualcosa di ribelle con cui possiamo identificarci. È musica prodotta da persone che lottavano per sopravvivere, che sono state oppresse, che molte volte erano fuori legge. Le canzoni di rebetiko parlano di questa lotta per resistere, dello sforzo per trovare l’amore e la bellezza in queste condizioni. Quei tempi sono ovviamente diversi da oggi, ma si può dire che stiamo vivendo la stessa cosa in modo mascherato. C’è ancora un enorme divario tra ricchi e poveri, ci sono ancora ingiustizia e oppressione, ci sono razzismo e discriminazione. Le nostre canzoni sono ovviamente ispirate ai temi del rebetiko e al suo potere socioculturale, ma ne stiamo prendendo la sostanza, lo stato d’animo, diciamo, per narrare le nostre storie, le nostre preoccupazioni e ricerche filosofiche. Stiamo decostruendo il rebetiko, usando alcuni elementi e omettendone altri, e lo aggiungiamo in una tavolozza che include molti altri ingredienti di molti altri generi musicali ma anche di altre culture in generale, non solo musicali. Creiamo un nuovo contesto creativo e sperimentiamo le possibilità che ne derivano. Riteniamo che questo processo sia affascinante e qualcosa che siamo tutti attratti per ulteriori esplorazioni» Rispetto ai lavori precedenti (l’ultimo in ordine cronologico è stato l’ottimo “Zivo”, inciso tre anni fa) la vena compositiva non è appassita, però i Tekke mettono la sordina al loro coté ironico favorendo un quadro sonoro lirico che se da un lato, per scale e armonizzazioni, sta sempre con i piedi nei codici del rebetiko e del laiko, sua evoluzione leggera della seconda metà del secolo scorso, dall’altro ha la voglia di sondare nuove vie, inserendo organo, synth ed elettronica per aprire le porte a psichedelia, alt rock. Testi e le musiche delle composizioni opera di Antoniu ad eccezione di “Karmic”, firmata da Moumtzis. Partecipano tre ospiti di riguardo: Fotis Siotas, violinista, violista e innovativo cantautore, voce in “The first day”, il chitarrista e cantante Dimitris Mystakidis (il cui “Amerika” del 2017 è un lavoro assolutamente da ascoltare), che canta in “Breathless Shriek” e, infine, Yiannis Dionysiou, giovane vocalist cipriota ma già dotato di carattere, interprete di “I erase the day”. «I testi di “Strovilos” sono diventati più poetici e psichedelici, direi, toccando il surreale in molti casi. Gli argomenti si muovono attorno a uno stato d’animo esistenziale e una ricerca filosofica generale. Forse alcuni dei nostri argomenti sono simili agli argomenti del rebetiko, ma in generale il metodo e lo stile di scrittura non sono realmente correlati al suo stile. Il linguaggio rebetiko è caratterizzato da una semplicità e una immediatezza che ne sono la bellezza. Nel nostro caso diventa sicuramente più complesso e codificato, diciamo, più simbolico e astratto». Va detto che la band smarrisce di tanto in tanto quel tratto fresco ed energetico del passato, privilegiando tempi che restano un po’ in sospeso, accentuando, inoltre, una sobrietà di toni che assume, talvolta, contorni crepuscolari e maliosamente meditativi (“Rotten Luck”) o esistenzialisti (“The Tempest of the Dawn”, “On the Street”, “The first day”). L’avvolgente “Whirlwind”, che riprende il titolo del disco, è dedicata al loro amico Yiangos, scomparso prematuramente in un incidente («uno spirito libero sempre pronto a scoprire gli angoli nascosti della vita», dice Antoniou). I tempi dell’“aman, aman” saranno pure passati, però resta il senso di isolamento ed emarginazione in “I erase the day”) e l’eccesso in “Shooting Star” (in greco “Peftasteri”), una canzone sulla magia della notte che si vorrebbe no finisse mai quando c’è l’eccitazione dell’amore e dell’alcool. Naturalmente c’è il topos dell’amore ma declinato in stile contemporaneo (“Karmic”, “Electric Sighs”). Con le good vibes di “Strovilos” i Trio Tekke si proiettano verso un pubblico più vasto e ben meritano fortuna. 


Ciro De Rosa

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