Trarre il meglio dai momenti più difficili è una delle sfide in cui la vita ci mette alla prova. Riuscirci
combattendo con la malattia, la solitudine e la sofferenza non può che essere una doppia vittoria. E' il caso di Marco Tuma, fiatista tra i più apprezzati della scena musicale salentina, che grazie al potere terapeutico della musica è riuscito ad affrontare una lunga degenza casalinga, dando vita ad un fortunato sodalizio artistico con Rocco Zecca, percussionista dal ricco ed articolato percorso artistico, con il quale aveva già condiviso l'esperienza con Xanti Yaca, una delle formazioni di punta della riproposta degli anni Novanta. Non potendo avere contatti con altri musicisti durante il decorso della sua patologia, Tuma ha deciso di rispolverare un progetto artistico sulla musica tradizionale archiviato qualche anno fa e pian piano ha cominciato a lavorare nel suo studio casalingo ad una serie di brani e man mano che venivano completati li trasmetteva a Rocco Zecca che da qualche anno vive a Tel Aviv affinché li completasse incidendo le percussioni e la voce. Ad arricchire il tutto, sono stati aggiunti i cori di Luana Selmi e la fisarmonica di Pasquale Rimolo in "Malachianta". Lavorando con lentezza e calma, meditando ogni brano e curando con attenzione ogni arrangiamento ha preso vita "Di pena e d'amore", splendido album che mette in fila undici brani tradizionali che rappresentano l'altra faccia della cifra artistica di Tuma, già apprezzato in ambito jazz con l'esordio "La vita semplice", uscito nel 2017 per DodiciLune. L'ascolto svela un lavoro di pregevole fattura che esce dai sentieri già battuti dalla riproposta nell’ultimo decennio per approdare ad una ricerca sonora a tutto campo che dalla tradizione si muove verso i territori del jazz. Ad aprire il disco è il rumore delle onde del mare, l’arrivo di un temporale e la voce antica di una donna che recita una invocazione alla Madonna che ci introducono ad una struggente resa del canto d'amore grico “Aremu rindineddha” con la voce di Rocco Zecca incorniciata dal dialogo tra pianoforte, fiati ed elettronica. Si prosegue con l’elegante rilettura a tempo di valzer di “Damme na manu” nella quale fa capolino anche l’armonica, strumento già presente nella tradizione musicale salentina. Il canto di emigrazione “L'America” con sax a guidare la linea melodica ci introduce alla brillante resa in crescendo di "Amante puntusa" in cui il pianoforte accompagna le strofe cantante e il refrain si apre alle suggestioni bandistiche dei fiati. Si torna nella Grecìa Salentina con “Aspro to kartì” in cui fa capolino ancora l’armonica suonata magistralmente da Tuma, per poi tornare al canto d’amore con la raffinata versione di “Quannu te llai la facce”. Se "Malachianta" spicca per la presenza della fisarmonica di Pasquale Rimolo ad impreziosire l'arrangiamento, la successiva "Strittula" si dipana tra un intro jazzy con armonica e flauto al crescendo in cui si inserisce il tamburo a cornice e la voce di Zecca. I suoni della banda ritornano nelle trame jazz di “Biumbò”, mentre la filastrocca “Nazzu Nazzu” brilla per l’eclettismo e l’originalità dell’arrangiamento che si muove su piani musicali differenti. Chiude il disco il breve frammento de “Lu rusciu de lu mare” con la voce di Rocco Zecca che entra in punta di piedi nella linea melodica tracciata dal piano. Un ultimo gioiello che chiude un disco affascinante dal punto di vista musicale e frutto di un sincero atto d’amore per la tradizione. Il ricavato dalle vendite del disco sarà devoluto alla AIL Salento.
Salvatore Esposito
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