Flame Parade – Cosmic Gathering (Materiali Sonori, 2020)

I Flame Parade sono una band toscana nata nel 2012 dall’incontro tra Marco Zampoli (voce, chitarra), Mattia Calosci (basso, chitarra) e Letizia Bonchi (voce, violino, synth) a cui successivamente si sono aggiunti Niccolò Failli (batteria, percussioni) e Francesco Agozzino (chitarra), formando un quintetto composto da strumentisti dal diverso background musicale ma accomunati dal medesimo desiderio di esplorare i sentieri del new folk, partendo dai loro principali riferimenti che spaziano dagli Arcade Fire ai Foxygen, da Kevin Morby a Devendra Banhart per toccare i Fleet Foxes. Dopo avere debuttato con il gustoso 45 giri in vinile “Berlin” del 2015 che ha anticipato “A New Home”, il loro primo album del 2016, li ritroviamo con “Cosmic Gathering”, disco prodotto con Leonardo Magnolfi nel quale hanno raccolto dieci brani nuovi di zecca, poco più di mezz’ora di musica ma assolutamente densa di suggestioni sonore che rimandano ad viaggio interstellare, un itinerario attraverso il cosmo in cui il folk incrocia la psichedelia, offrendoci un lasciapassare che ci conduca lontano dai deliri contemporanei. Ogni brano è pervaso da un desiderio costante di fuga dalla realtà in cui liberarsi dai propri demoni interiori alla ricerca di un'altra vita, una vita nuova in cui sentirsi finalmente liberi. Ad aprire il disco è l’elegante folk-rock vintage pieno di groove di “Thunder Clap” a cui segue la divertente “Electric Lady” nella quale non mancano rimandi al glam-rock di David Bowie. Se la title-track ci regala una riflessione introspettiva velata di malinconia, la successiva “Kangaroo” è un caleidoscopio sonoro in cui risalta l’arpeggio delle chitarre e la voce di Letizia Bonchi. Il ritmo si fa più serrato nelle trame folk di “Kill The Demon” che ci porta nei territori degli Arcade Fire mentre “Moon on fire” ci porta dritto sulla luna con l’organo a sostenere la linea melodica tracciata dalla chitarra. Dopo esserci fermati dinanzi al ritratto di una città malata di “Opium City” che si dipana tra echi psichedelici e trame tropical, il viaggio prosegue con il roots di “Old Nick” e “I am a mountain” in cui duettano le voci di Marco Zampoli e Letizia Bonchi. La speranza di un futuro migliori che pervade “Blue Road behind the Door” chiude un disco di ottima fattura che dimostra lo stato di grazia della band toscana. Siamo certi che in futuro non mancheranno altre sorprese. 


Salvatore Esposito

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