Artisti Vari – Io credevo. Le canzoni di Gianni Siviero (Squilibri, 2019)

Ci sono recensioni e recensioni. Questa volta non si tratta di affrontare un disco – in realtà sono due cd – e nemmeno di andare a svelare in che modo è stata realizzata un’opera di raccolta intorno a un tema. O meglio, non si può semplificare una simile pubblicazione in questo modo. Perché qui siamo di fronte a una vera e propria antologia letteraria riguardo ad un autore e quindi sono tante le facce che è interessante andare a scoprire, al fine di coinvolgere il lettore e il fruitore di canzone d’arte. Come è noto, questa operazione è nata dall’idea e dalla cura di Sergio Secondiano Sacchi, attuale Direttore artistico del Club Tenco, e rientra tra le numerose raccolte di vero pregio che questa istituzione ha realizzato durante la sua lunga storia. I dischi – e anche le pubblicazioni cartacee – del Premio sono strumenti preziosi per gli studiosi, oltre che godibili operazioni culturali. Non fa eccezione Io credevo, perché si tratta di un viaggio nelle canzoni di Gianni Siviero, uno dei rappresentanti storici della Canzone d’Autore, ospite amato dal Club e soprattutto da Amilcare Rambaldi, che nelle interviste non smetteva mai di citarlo e portarlo ad esempio e simbolo di un certo modo di intendere e pensare la qualità nell’universo della canzone. Siviero partecipò anche alle serate di inaugurazione del Club, nel 1972, prima ancora che nascesse la Rassegna, nel 1974. E se a un certo punto Siviero ha smesso di partecipare è perché per coerenza personale, negli anni Ottanta – epoca in cui il vento socio-economico-politico del Paese (e del mondo) cambiò talmente tanto al punto da portarci fino ad oggi, con tutte le contraddizioni del caso (in realtà dovremmo dire macerie) – smise di fare musica per le case discografiche. Già questo la dice lunga sulla persona. Qua non si vuole usare la parola “personaggio” perché non si adatta ad un uomo così evidentemente lontano da ogni artificio, portatore sano di idee e di una visione del mondo specifica e nitida, senza la ricerca di certezze che potremmo definire – usando un termine desueto – piccolo-borghesi. Si fa davvero fatica quindi a nascondere la sincera ammirazione per un uomo capace di reinventarsi ogni momento, non abbandonando mai allo stesso tempo l’impegno e coltivando altresì la personale visione poetica; basta visitare il suo sito per rendersene conto con gioia. Facendo un passo indietro – necessario per poter “leggere” questa antologia – partiamo dal suo debutto discografico, che risale al 1972, con l’album omonimo che vide la collaborazione di Nicola Piovani. Non è l’unica collaborazione da segnalare, vista anche quella con Virgilio Savona. Di particolare rilievo è l’album Del Carcere, del 1975, dove Siviero racconta, in modo trasparente e crudo ma anche straordinariamente umano, la realtà delle prigioni di Stato. Ma del resto stiamo parlando di un cantautore dal grande impegno civile e politico, anche quando canta d’amore. Le sue liriche arrivano tutte dritte allo scopo, a volte anche spietate, in ogni caso sempre vere, senza sconti: quelle edite e quelle inedite, quelle che raccontano degli anni Settanta e del mondo urbano della Milano di allora e quelle che raccontano gli anni successivi. Come nel caso de “Gli sbandieratori”: “Ognuno pianti la sua bandiera dove vuole/in un concerto o in un tribuno in una siringa o in un digiuno/Ognuno pianti la sua bandiera dove vuole/in un’attrice o un calciatore dentro una ventiquattrore/Ognuno pianti la sua bandiera dove vuole/tra le gambe di qualcuno/tanto è ormai chiaro che di esser tutti uguali/non interessa più nessuno”. Nell’antologia questo brano, inedito, viene cantato da Roberto Brivio: è uno dei trentanove artisti che hanno partecipato all’impresa di rileggere e reinterpretare – qualcuno tra loro mi ha anche detto: “non conoscevo Siviero: ho imparato qualcosa di nuovo” – la sua opera, quella edita e quella, giustappunto, mai incisa per una casa discografica (e complimenti al coordinamento musicale di Daniele Caldarini). Si tratta davvero di una impresa in cui vediamo partecipare sia il consueto mondo delle suggestioni musicali di Sacchi, sia nomi d’eccellenza della scuderia (ci passi il termine!) dell’Editore Squilibri, che negli ultimi anni, con la sua collana Crinali (a cui anche questo cd book appartiene), è entrato con autorevolezza e stile nel mondo della Canzone d’Autore, proponendo all’ascolto album e artisti davvero interessanti e fornendo un nuovo spazio editoriale a cantautori e gruppi già noti e affermati, in un panorama abbastanza difficile. Per tornare a Io credevo, ogni artista ha saputo dare una lettura originale del brano affidato e, senza voler far torto a nessuno, (ma tutti non li citeremo) oltre a Brivio, vogliamo segnalare le belle interpretazioni di Claudio Sanfilippo, dei Têtes de Bois, di Peppe Voltarelli, di Sergio Cammariere, di Massimo Donno, di Piji, di Luca Ghielmetti, di Olden, di Petra Magoni, di Erica Boschiero, di Alessio Lega, di Canio Loguercio. Interessante lo strumentale all’organetto di Alessandro D’Alessandro (“Andiamo ai tropici”) e la rilettura in lingua napoletana (che poteva essere un azzardo ma è stato un azzardo felice) di Alessio Arena (“A Fantasia”). Momenti addirittura affettivi regalano le interpretazioni di Gigliola Cinquetti, di Roberto Vecchioni, di Gualtiero Bertelli, di Ernesto Bassignano e, in particolare, di Edoardo De Angelis con “Questa è una canzone” ("Ma verrà domenica/staremo insieme io e te/una bella domenica/andremo al mare io e te/una dolce domenica/per stare tranquilli io e te/uh che bella domenica/in fila al casello io e te/che sballo di domenica/davanti alla tele io e te/ma che lunga domenica/a chiacchierare io e te/del lunedì”). Eppure sono le quattro canzoni che aprono e chiudono gli album, interpretate dallo stesso Siviero, ad essere – anche se forse dirlo è scontato – le più forti e potenti. Con quegli arrangiamenti che sembrano “datati”, con quella voce “di allora” che è quella di ora: la voce che sa, nello spazio e nel tempo, nei minuti di un brano, raccontare una storia, fare letteratura, o, se preferite, arrivare dritti al cuore. Gianni Siviero andrebbe studiato a scuola come Cecco Angiolieri. E non è una provocazione. In finale è giusto ricordare che il libretto è impreziosito dalle pitture di Marco Nereo Rotelli, una per canzone, come in un bel volume miniato di una volta. 


Elisabetta Malantrucco

Posta un commento

Nuova Vecchia