Cesare Basile – Cummeddia (Urtovox/Audioglobe/The Orchard, 2019)

Nell'arco di trent'anni di carriera, Cesare Basile si è segnalato come uno dei cantautori italiani più innovativi degli ultimi decenni, non solo per il peculiare approccio stilistico al sonwriting, ma soprattutto per la sua costante tensione verso la ricerca musicale che lo ha condotto più recentemente a sperimentare l'incrocio tra le sonorità del blues del Delta del Mississipi e il dialetto siciliano arcaico. Si è trattato di un percorso di avvicinamento lento che trova la sua origine in quel gioiello che era “Sette pietre per tenere il diavolo a bada” del 2001 e che, sei anni dopo, con "U Fujutu su nesci chi fa?" si è concretizzato nella scelta di scrivere testi nella lingua della sua terra. Ne è nato uno storytelling dal taglio unico ed inconfondibile, perfettamente sorretto dalle dodici battute blues e declinato attraverso le connessioni con il rock e la world music. A distanza di due anni da quest'ultimo lo ritroviamo con "Cummeddia", album che musicalmente prosegue il percorso intrapreso con il precedente ed estende il raggio della ricerca attraverso il blues, esplorandone le connessioni con la musica subsahariana, animato dalla medesima urgenza espressiva che pervade i dischi di Tinariwen e Terakaft. L’approccio alla musica del diavolo si è ora fatto ancor più viscerale con il siciliano che è sempre di più "arma" e voce degli ultimi, i vinti, gli emarginati. Il cantautore catanese canta la sua terra che, come l'Africa, vive il degrado, le mortificazioni e i soprusi del potere, perpetrati senza soluzione di continuità nel corso degli ultimi secoli della storia della nostra nazione. Registrato negli studi Zen Arcade di Catania, il disco raccoglie undici brani originali che vedono Cesare Basile (voce, chitarre, percussioni, djeli 'ngoni, sintetizzatori) accompagnato per l’occasione da Massimo Ferrarotto (percussioni), Sara Ardizzoni (chitarre), Luca Recchia (basso), Hugo Race (tastiere), Gino Robair (percussioni, elettronica) e Alfio Antico (tamburi a cornice, voce) a cui si aggiungono le voci di Alice Ferrara, Daniela Ardito, Vanessa Pappalardo, Bruna Vittordino dirette ed arrangiate da Vera Di Lecce (voce, percussioni). Nel presentare il disco, Basile afferma: “Cummeddia in siciliano vuole dire cometa o aquilone. Il passaggio di una cometa è segno infausto, presagio di sventure pubbliche, monito divino, annuncio di peste. La peste stravolge le relazioni umane e determina un nuovo ordine basato sul sospetto, l'accusa, il controllo, la definizione di zone e confini invalicabili. L'ordine è lo stato d'assedio, l'emergenza continua in cui la sospensione delle libertà viene presentata come il prezzo necessario per la sopravvivenza della società. Radicalizzazione del tutti contro tutti per difenderci da tutti, infine da noi stessi. Separati dal mondo e dalle nostre creazioni quotidiane. La regola è la peste. Dopo averci accecato lo spirito ci strappa il cuore. Di fronte all'ordine della peste l'unico gesto è la rivolta, quando la cometa aquilone annuncia non il castigo ma un nuovo cominciamento”. L’ascolto si apre con le increspature elettroniche che pervadono l’intro di “Mala la Terra” che sfocia in un desert blues intensissimo guidato dal coro di voci femminili ad incorniciare il cantato di Basile. Il singolo “L'arvulu rossu” offre una riflessione sulla violenza e l’omosessualità rimandando alla proposta formulata nel 1939 dal questore di Catania di confinare alle isole tremiti gli accusati di pederastia. Se “E sugnu Talianu” è una riflessione profonda sulla difficoltà di esprimere il senso di appartenenza ad una nazione come l’Italia, la successiva La curannera” è un brano ipnotico e sinuoso che ci riporta nei territori del blues sahariano con il tamburo muto a scandire il ritmo. La ballata narrativa “Sette Vinniri Zuppiddi” ci introduce alla sequenza con “La naca ri l'anniati”, una nenia ritmata in cui Basile canta il dramma dei naufragi in mare dei migranti, al racconto dell’esercito della fame di “Chiurma limunsinanti” ed alla splendida title-track in cui spicca il violino suonato da Rodrigo D’Erasmo. Gli splendidi arabeschi chitarristici di “Chitarra rispittusa” ci accompagnano verso il finale in cui spicca il superbo talking blues “Cchi voli riri?” con le chitarre di Hugo Race e il violino di D’Erasmo in grande evidenza. Chiude il disco la poetica “Mina lu vento”, una ballata tenute pervasa da echi di sonorità orientali in cui si inserisce la lapsteel box suonata da Roberto Angelini ed ancora il violino di Rodrigo D’Erasmo. Insomma “Cummeddia” è uno dei vertici assoluti della produzione artistica di Cesare Basile, un lavoro intenso ed epico in cui il suo songwriting trova la sua massima e più intensa espressione. Il consiglio è, dunque, non solo di acquistare il disco ma anche di seguire una delle tappe del tour del cantautore catanese in cui sul palco è affiancato da I Caminanti. 


Salvatore Esposito

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