Almoraima – Lusìa (AnimaMundi, 2019)

Il progetto Almoraima nasce come trio nel 2007 dal desiderio del chitarrista salentino Massimiliano “Almoraima” De Salvatore di esplorare la tradizione flamenca nelle sue connessioni con la world music e il jazz. Dopo aver debuttato nel 2010 con “Amor Gitano” ha preso il via un articolato percorso artistico che ha condotto il gruppo ad evolversi in un ensemble aperto nella cui line up si sono avvicendati alcuni tra i migliori strumentisti della scena musicale salentina come Rocco Nigro, Roberto Chiga, Angelo Urso, Vito De Lorenzi, Alessandro Monteduro, Giorgio Distante e le voci di Tonio Corba, Maria Mazzotta e Alessia Tondo, ma soprattutto si è arricchito, di volta in volta, di prestigiose collaborazioni internazionali come quelle con Saleem Anichini, Pavel Molina Ruiz, Mika Fernandez e Ines Diaz Bravo. L’incontro tra la tradizione musicale andalusa e culture differenti ha dato vita ad un approccio stilistico originale ed innovativo nel quale il flamenco è la base di partenza per l’esplorazione di nuove rotte sonore. In questo senso significativi sono i lavori successivi come “Banjara” del 2013 e “Flamenco Fusion” del 2014 nei quali il flamenco si mescolava  alla musica indiana e l’ottimo “Cafè Cantante” del 2015 in cui si misuravano con i ritmi e le sonorità cubane. A distanza di quattro anni da quest’ultimo, gli Almoraima tornano con “Lusìa” album nel quale hanno raccolto dieci brani di cui otto originali e due riletture che, nel loro insieme, rappresentano il vertice della loro produzione artistica, proponendo un intinerario sonoro fascinoso che dal flamenco si dipana attraverso il tango, il jazz e i ritmi latin.. 
Abbiamo intervistato, Massimiliano Almoraima per farci raccontare la genesi del disco e le ispirazioni alla base delle nuove composizioni, senza dimenticare le diverse collaborazioni che le impreziosiscono.

Partiamo da lontano e ripercorriamo il vostro cammino discografico. Come si è evoluta la vostra ricerca musicale dal vostro debutto con “Amor Gitano”, passando per le esperienze in India al vostro ultimo album “Lusìa”?
Dal 2010 al 2020, appena iniziato sono trascorsi dieci anni in cui di acqua sotto ai ponti ne è passata molta. Abbiamo girato in lungo ed in largo e abbiamo avuto modo di fare esperienze musicali in diversi angoli del mondo. Tutto questo ha arricchito molto il nostro bagaglio culturale e ci ha fatti crescere anche dal punto di vista esecutivo. “Amor Gitano” e “Banjara” vertevano su un sound arabo-andaluso  composto da diversi brani modali impreziositi da scale arabeggianti  nei quali gli strumenti utilizzati erano per lo più acustici: Oud, contrabbasso, viola, riqq, darbouka, chitarra flamenco, bansouri e cimbali,per citare i principali. In “Cafè Cantante” il nostro focus si è spostato  verso il mondo latin e questo anche grazie al contributo del contrabbassista cubano Pavel Molina Ruiz. Il sodalizio nato a La Havana nel 2014 ci ha permesso di compiere un percorso di ricerca di alcuni palos cubani de Ida y vuelta quali la rumba, la guajira, la milonga e la colombiana.  Rispetto ai precedenti, “Lusìa” è il frutto dell’esperienza accumulata dal vivo che ci ha consentito di affinare sempre di più l’approccio stilistico.
Dal punto di vista degli arrangiamenti è un lavoro più raffinato ed intimo e presenta stili  come la buleria, il tangos, il fandango e il tarantos.

Quali sono le ispirazioni alla base di “Lusìa”?
Si tratta di composizioni  nate rovistando e frugando nel cassetto personale delle idee, dove da anni sono riposti spunti e melodie nate negli innumerevoli pomeriggi passati studiando chitarra  oltre a certe congiunture sviluppate e messe insieme negli ultimi anni. “Cerro de la Silla”, ad esempio” è un brano che risale all’inizio della mia carriera, mentre “Lusìa” è di circa due anni fa. Ed ancora "Hacia una tierra de nadie" è ispirata ad una composizione studiata insieme al maestro cordobese  Paco Navarro. “Llamale Amor” è tratta dal repertorio di El Pele & Vicente Amigo. Invece, “Mar de arena” e “Zingarina” sono brani che ho scritto di recente.

Alla realizzazione del disco hanno collaborato diversi ospiti. Ci puoi raccontare questi incontri?
Parto dalla granaina Beatriz Salmeròn Martin. Bea è una cantante andalusa che ho conosciuto grazie al percussionista francese Mika Fernandez, il quale tra l'altro ha partecipato alle registrazioni di due dischi di almoraima. Sia Bea che Mika  fanno parte dei Chet Nuneta, un gruppo di canti polifonici che ho avuto il piacere di  incontrare una decina di anni fa a Tolosa. Tra noi è nato sin da subito un rapporto di reciproca stima ed amicizia e più volte, in passato, ho proposto una collaborare ad un nostro disco solo gli impegni e i limiti legati alle rispettive tournée lo avevano impedito. Finalmente in questo disco siamo riusciti ad avere una sua partecipazione in due brani: il fandango “Hacie una tierra de nadie” e la buleria “Vengo a regalarte un beso”.
Conrado Gmainer: chitarrista, percussionista e compositore di origini brasiliane, lavora in Giappone come direttore di flamenco in varie attività legate alla cultura spagnola . Ha studiato in Brasile con Daniel Caldeira e Fernando de la Rua e in Spagna con Gerardo Nunez , Jose Manuel Leon, Javier Conde  e Dani Moron. Io ho avuto il piacere di conoscerlo nel 2017  durante uno dei  diversi tour di Almoraima in estremo oriente.  In quell'occasione avemmo modo di collaborare e successivamente, mi ha invitato più volte a fare concerti in duo o in trio in Giappone. In “Lusìa”, oltre ad aver suonato chitarra, basso, percussioni e synth ci ha regalato anche una sua composizione dal titolo “Donde quiera que estes". Il disco vede anche la partecipazione di Redi Hasa, presente già nel primo disco "Amor Gitano", e quella di Alessandro D’Alessandro  conosciuto diversi anni fa nella libreria otrantina Animamundi che, come sai, è un luogo di incontro importante che permette di conoscere tantissima gente. Alessandro veniva da noi ad ascoltare musica e a comprare dischi e, spesso, si fermava per raccontarci le sue esperienze e il suo percorso. C’è sempre stata l’idea di fare qualcosa insieme e averlo ascoltato dal vivo mi ha permesso di rendermi conto delle sue capacità tecniche e del suono armonioso che riesce a produrre.

“Lusìa” vede il gruppo rinnovarsi anche nella line-up…
Matteo Resta è subentrato a Pavel Molina Ruiz che, nel frattempo, è ritornato a Cuba. Francesco Pellizzari ha preso il posto di Roberto Chiga il quale, ormai, suona in pianta stabile con l'Orchestra de La Notte della Taranta, Giovanni Cerasoli è, invece, entrato nel gruppo un paio di anni fa perché ho sentito l'esigenza dell'appoggio di una seconda chitarra e del sostegno ritmico delle palmas. C’è, poi, Rachele Andrioli che fa parte ormai in pianta stabile del gruppo e, dopo di me, è quella con più anni di permanenza nella formazione.

Ci puoi raccontare un po’ la genesi del disco? Come si sono svolte le sessions di registrazione?
Il disco è stato registrato in giro per il mondo perché i musicisti non sono tutti salentini. Abbiamo registrato le parti di chitarra, la voce, le percussioni, il basso, le palmas e il violoncello di Redi Hasa allo studio Don Dub di Alessandro Lorusso.
Beatriz Salmeron ha registrato in Francia, mentre Conrado Gmeiner in Giappone. Il tutto è stato, poi, mixato a Madrid da Fernando Alvarez che, tra l'altro, ha registrato e mixato dischi  a  mostri sacri come Paco de Lucia, Tomatito, Diego el Cigala, Niña Pastori, Concha Buika, vincendo nella sua carriera due grammy latin.

Il disco presenta otto brani originali e due riletture. Ci puoi parlare del vostro approccio alla composizione?
Le composizioni nascoso spesso  attraverso lo studio della chitarra. Generalmente nata l'idea di fondo ,  via via vengono fuori delle melodie da cui, poi, nascono i temi sui quasi successivamente aggiungo i testi. Una volta sviluppato il tema, presento una bozza di lavoro agli altri componenti e insieme lavoriamo sull’arrangiamento. In linea di massima questo è quello che è avvenuto in tutti gli otto brani che ho composto.

Nei vari brani si incrociano sonorità differenti dagli echi latin al jazz passando per  sonorità tanghere. Come hanno preso forma questi attraversamenti sonori?
Nella nostra musica confluiscono varie influenze che nascono dagli ascolti ma anche dalla scuola. Molto spesso ascoltando compositori come Vicente Amigo,  si percepisce come influenze di altri mondi sonori vengano amalgamate e, in qualche modo, fatte fluire nelle sue composizioni. Parlo di Vicente perché dalla morte del maestro Paco de Lucia per me è divenuto  il nuovo capostipite della musica flamenco. Lo stesso Paco de Lucia o Camaron de la Isla o Diego El Cigala hanno utilizzato influenze latine jazz nelle loro composizioni.

Venendo più direttamente alle singole tracce. Mi ha colpito molto “Cerro de la silla". Come nasce questo brano?
“Cerro de la silla” è una rumba nata un po' per gioco durante un tour che abbiamo fatto nel 2015 in Messico, tra uno spostamento  e l'altro all'intero del paese.
A volte, utilizzo questi spostamenti  per cambiare le corde alla chitarra in modo da avere un suono più vivo. Dopo averle sostituite, mi misi a suonare e, ad un certo punto, venne fuori questa melodia che è il tema del brano. Ricordo tutto avveniva mentre passavamo in una zona molto bella e chiesi all'autista dove fossimo e lui mi disse che ci trovavamo a “Cerro de la silla” e, così, decisi che il brano si sarebbe chiamato in quel modo.

In "Mar de Arena" e “Vengo a regalarte un beso" insieme all’organetto di Alessandro D'Alessandro fanno capolino sonorità  tanghere. Quanto è ricca dal punto di vista musicale ed ispirativo la tradizione tanguera?
La tradizione tanguera non ha influito molto nelle mie composizioni, ma in questi due brani ho sentito l’esigenza di inserire qualcosa che avesse un po' quell'aria. Ho chiesto, così, ad Alessandro D'Alessandro di regalarmi un suo apporto che in qualche modo rimandasse a quelle atmosfere e lo ha fatto con grande spessore musicale.

“Amanecer” è impreziosita dal violoncello di Redi Hasa e, anche in questo, dall’organetto di Alessandro D’Alessandro. Ci puoi raccontare questo brano?
"Amanecer" è una composizione originale in stile "tarantos" nato da un insieme di emozioni, sapori e colori che ho raccolto insieme come tessere di un mosaico. È uno stile che viene eseguito solo ed esclusivamente per essere ascoltato e fa parte della famiglia dei cantes de las minas o cantes de levantes.
Deriva dal fandango, con compás  libre e prevede un canto virtuosistico che in questo caso è stato eseguito dal violoncello e dall'organetto di Hasa e D'Alessandro.

Splendida è la rilettura di "Donde quiera que estes" di Conrado Vivian Gmeiner. Ci puoi parlare di questo splendido dialogo tra jazz e flamenco?
Durante i concerti che ho condiviso con Conrado in Giappone, Cina e Corea del Sud, abbiamo suonato tanti brani e, fra questi, mi ha colpito molto "Donde quiera que Estes". Man mano che  affinavamo l’arrangiamento di questo tango rumba, io mi innamoravo sempre si più dalle sua bellezza così che  ho chiesto a Conrado se potevamo inserirla nel nuovo disco di almoraima  e lui ne è rimasto molto contento.

Il disco vi proietta verso la sperimentazione con “Zingarina”. È questo il prossimo sentiero da esplorare?
Lo zapateado è uno stile che non avevo mai affrontato nel mio percorso musicale  anche se lo conosco e l'ho studiato diversi  anni fa. Da qualche tempo ho cominciato a lavorarci e, così, è nato “Zingarina” che ha una melodia abbastanza accattivante. “Lusìa” chiude un po' un cerchio e non so cosa ci riserverà il domani. Dal punto di vista della ricerca credo di aver raggiunto l'obiettivo che mi ero prefisso nel tempo. Restiamo aperti a nuovi stimoli e a conoscere nuove realtà e vediamo dove ci porterà il tutto.

Tra i vertici del disco c’è sicuramente la rilettura della rumba “Llamale amor" di El Pele & Vicente Amigo. Come mai avete scelto proprio questo brano?
“Llamale amor” lo abbiamo introdotto in scaletta diversi anni fa grazie all'apporto dell'amica e cantante di Vuelva Ines Diaz Bravo  che mi chiese di imparare le parti perché le piaceva molto cantarlo. E' rimasto uno dei brani sempre vivi del nostro repertorio ed anche a Rachele piace molto cantarlo. Abbiamo pensato, quindi, di inserirlo per rendere omaggio a questi due grandi artisti che sono un punto di riferimento sonoro nel mio bagaglio culturale. Tra l'altro grazie a quel brano anni fa ho avuto la possibilità di conoscere l'intero cd "Canto"  uscito nel 2003 che è un capolavoro della musica tradizionale flamenco.

Avete già rodato ampiamente il disco dal vivo. Com’è stata la risposta del pubblico?
La risposta del pubblico è stata molto entusiasmante e nel 2019 abbiamo avuto modo di portare il disco dal vivo ovunque, sia in Italia che all'estero. Siamo stati in Grecia per alcuni festival, in Finlandia dove il disco è stato accolto benissimo. Ottimi riscontri li abbiamo avuti  anche nelle Canarie  in Svizzera, in Marocco e in Brasile.

Quali sono i vostri progetti per il prossimo futuro?
Aprire nuovi varchi, creare connessioni, presentare  il disco il più possibile. Suonarlo ovunque nel mondo, perché non c'è cosa più bella ed entusiasmante di viaggiare e far conoscere  la propria music



Almoraima – Lusìa (AnimaMundi, 2019)
#CONSIGLIATOBLOGFOOLK 

“Lusìa”, il nuovo album degli Almoraima nasce a corollario di un intenso quadriennio fatto di concerti in Italia ed all’estero nel quale l’ensemble salentino ha avuto modo di affinare sempre di più il proprio approccio stilistico ed arricchito il bagaglio esperienziale con innumerevoli collaborazioni nate sul campo. I diversi tour in giro per il mondo sono stati forieri di nuove ispirazioni da cui sono sbocciate le nuove composizioni di Massi Almoraima che, successivamente, hanno trovato la loro cristalliazzazione nel lavoro corale agli arrangiamenti. Registrato tra gli studi DonDub di Lecce, il Giappone e la Francia e masterizzato a Madrid da Fernando Alvarez, il disco mette in fila dieci brani di cui otto originali e due riletture, componendo un ideale itinerario di viaggio che dai suoni arabo-andalusi della Spagna tocca il Sud America in un gioco continuo di incroci ed attraversamenti in cui fanno capolino echi di jazz, swing e tango. Rispetto ai lavori precedenti il disco si caratterizza per l'elegante approccio agli arrangiamenti con la chitarra di Massi a guidare le linee melodiche che si intersecano con sonorità e timbri differenti. Ad accompagnare Massi Almoraima (chitarra flamenco) in questa nuova avventura sono le voci della salentina Rachele Andrioli e dell'andalusa Beatriz Salmeròn Martìn e un gruppo di eccellenti strumentisti composto da: Matteo Resta (basso elettrico), Francesco Pellizzari (percussioni) e Giovanni Ceresoli (claps) a cui, per l'occasione, si sono aggiunti Conrado Vivian Gmeiner (basso elettrico, chitarra flamenco, synth e claps), Alessandro D'Alessandro (organetto diatonico), Redi Hasa (violoncello) e Alessandro Lorusso (percussioni). Aperto dalla brillante rumba "Cerro de la silla", il disco entra nel vivo con la title-track, un tango sinuoso in cui dialogano le chitarre di Massi Almoraima e Conrado Vivian Gmeiner ed impreziosito dalla voce di Rachele Andrioli. Se il fandango "Hacia una tierra de nadie" vede protagonista la voce di Beatriz Salmeròn Martìn e le percussioni di Francesco Pellizzari, la successiva "Sambati" è una evocativa composiciòn dalle sonorità latin con testo di Rafael Alberti. La bella rilettura della rumba "Llamale amor" di El Pele & Vicente Amigo ci introduce prima  al tango "Mar de arena" in cui spicca l'organetto di Alessandro D'Alessandro e, poi, allo zapateado "Zingarina" magistralmente cantata da Rachele Andrioli. Il superbo tarantos "Amanecer" in cui la chitarra di Massi Almoraima dialoga con l'organetto di Alessandro D'Alessandro e il violoncello di Redi Hasa ci conduce verso il finale in cui fanno capolino la splendida "Donde quiere que estes" di e con Conrado Vivian Gmainer e la buleria "Vengo a regalarte un beso" che suggellano un disco appassionante che non mancherà di regalare sorprese a quanti vi dedicheranno un attento ascolto.


Salvatore Esposito

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