
Almoraima, titolo di un vecchio disco di Paco de Lucia, è uno storico crocevia in terra andalusa, luogo dell’anima per la band multiculturale con sede in Salento, segno della musicalità vibrante di una penisola che non si esprime solo nel revival delle pizziche. Un quintetto di artisti dai percorsi di vita migratori: il leader, autore ed ideatore del progetto, Massimiliano “Massi Almoraima” de Salvatore (chitarra flamenco, ūd, palmas), è arrivato in Salento da Losanna ancora adolescente, non senza aver assorbito influenze musicali dai vicini migranti iberici in Svizzera, cui sono seguiti profondi studi musicali di toque flamenco. Ha origini catalane, ed un passato in Camargue, il cantaor Antonio Corba (voce, chitarra ritmica, palmas), mentre è di origini pakistane il maestro Saleem Anichini (viola); completano l’organico, del tutto rinnovato rispetto al disco di debutto, Rocco Negro (fisarmonica), Angelo Urso, contrabbassista di formazione jazz, l’ottimo percussionista Roberto Chiga (cajon, daf, tar, darbuka, riqq, cavigliere, palmas), con il contributo sostanzioso dei flauti (traverso, bansuri, xiao) di Giorgia Santoro e la voce di Rachele Andrioli. Se il primo album Amor Gitano aveva portato sulla scena un ensemble che combinava amore per le fonti andaluse e nuova composizione, il secondo lavoro per l’etichetta otrantina ha ancora il centro di gravità nel flamenco, ma accentua la volontà di creare una cartografia sonora nomade, con uno scenario ritmico e melodico rinnovato per l’apporto di contrabbasso, percussioni arabe, ūd e, soprattutto, viola. Banjara è un richiamo a quel Rajasthan da cui migrò il popolo Rom, il cui ruolo è stato essenziale nel processo di genesi e sviluppo del flamenco, ma è anche il portato di recenti esperienze live nel nord dell’India per la band “salentina”. Disco in undici tracce, la cui strada è aperta dal classico di area granadina “Tangos de Pepico” (di cui è stato prodotto anche un video, realizzato dal collettivo salentino Meditfilm, girato in occasione del concerto del 1° maggio a Kurumuny e nella masseria Le Quattro Macine), pieno di pathos e sensualità nei versi d’attacco: ‘Desde que se fue mi Pepe…’, in cui Massi esibisce tocco preciso e moderno nelle falsetas, a cavallo tra tradizione e innovazione, cadenze arabe nel dialogo tra ūd e viola, mentre la fisarmonica aggiunge calde sfumature melodiche.
-2.jpg)
Ciro De Rosa