María Grand Trio, Teatro Fronte del Porto, Padova, 11 Novembre 2019

La ventisettenne María Grand suona il sax da quando aveva dieci anni. Nata a Ginevra, si è trasferita giovanissima, nel 2011 a New York dove ha studiato con studia con, Ohad Talmor, Antoine Roney, Steve Coleman suonando con quest’ultimo in “Synovial Joints” e “Morphogenesis”. Si è fatta notare sia come cantante, sia come sassofonista tenore ed il suo fraseggio risulta originale in ogni ambito d’avanguardia così come in grado di dialogare con la di Coleman Hawkins e Ben Webster. Oltre a guidare DiaTribe, Doug Hammond l’ha voluta nel suo quintetto, ma le sue collaborazioni includono esponenti di primo piano della musica improvvisata newyorkese: Mary Halvorson, Vijay Iyer, Craig Taborn, Steve Lehman, Jonathan Finlayson, e molti altri. Nel 2017 ha registrato un EP, “TetraWind” e nel maggio del 2018 ha pubblicato il suo primo album “Magdalena”, entrambi molto apprezzati. La sua arte di compositrice ed interpreta si esprime in modo originale e convincente nel trio tutto femminile cui ha dato vita con la batterista Savannah Harris e la contrabbassista Linda Oh, poi sostituita dall’impeccabile Kanoa Mendenhall. 
Kanoa è nata in Giappone ed è cresciuta a Monterey, in California, dedicandosi dai dieci anni d’età al violoncello per poi, a dodici anni, studiare anche il contrabbasso e continuare gli studi alla Columbia (lingue dell’Asia Orientale) e alla Juilliard (contrabbasso jazz) oltre a dedicarsi a strumenti del proprio paese d’origine come il koto e lo sho e cominciare a collaborare come docente con Jazz Camp West e Stanford Jazz. Cresciuta ad Oakland, California, Savannah Harris ha terminato da poco i suoi studi da giornalista alla Howard University ed è un’altra musicista molto precoce, già ad esercitarsi sulla batteria da bambina sotto la guida del padre, Fred Harris, e di Khalil Shaheed. Tecnicamente molto dotata, sa essere essenziale e creativa: si è distinta nell’Howard University Jazz Ensemble richiamando l’attenzione di improvvisatori di primo piano quali Geri Allen e Marcus Belgrave. Il trio aveva già lasciato il segno dal vivo in Europa l’estate scorsa ed il Centro d’Arte dell’Università di Padova ha avuto il merito di organizzare, nell’ambito del Padova Jazz Festival, l’unica data italiana del nuovo tour. 
Sul palco, le tre musiciste si dispongono lasciando al centro il contrabbasso: non è solo una scelta visiva, Kanoa Mendenhall sa cavare dal suo strumento un bel suono sempre preciso e profondo, dal sapore ligneo ed offre un incedere ritmico tutto suo che fa al contempo da ancora e da propulsore poliritmico per variazioni ed improvvisazioni. Sempre in attento ascolto delle compagne, Savannah Harris colpisce per il controllo del volume, senza eccessi e, proprio per questo, molto efficace, dispensatrice di una gamma di colori davvero ampia ed usata con grande sensibilità e senso dell’ironia. A María Grand bastano una manciata delle proprie composizioni per esplorare territori anche distanti fra loro, ma sempre al servizio di un efficace dialogo fra parti scritte e spazi improvvisativi, alla larga da possibili routine. Di fronte ad un pubblico numeroso ed attento, ha aperto il concerto dando voce, a lungo, col solo sax tenore al brano “TII”, prima di chiamare in causa basso e batteria e di offrire ampio spazio solista a Kanoa Mendenhall, voce molto ispirata, con la capacità di offrire un registro affettivo sempre diverso ed anche un eccellente ed inaspettato colpo di coda in chiave spiritual. 
Dopo “TII” il trio ha proposto “TI”, mostrando l’amalgama di basso e batteria nel proporre un riff roccioso e gradualmente in evoluzione. Savannah Harris ha poi affiancato la leader come brillante solista in “Wabury”. Nel quarto brano “His eyes” compare una forma canzone sui generis, ma soprattutto arriva il canto di María Grand, una voce espressiva e fragile al tempo stesso che i tre strumenti sanno ben riprendere e incorniciare in passaggi che una volta di più mostrano l’intesa fra le tre musiciste. Intesa che si fa ancora più stretta ed emozionante quando tutte e tre armonizzano le proprie voci nel sognante “Now take your day”. Il successivo “West” (da “TetraWind”) fa sintesi di queste qualità vocali e strumentali e colpisce per l’ennesimo riff energetico e, al tempo stesso, aperto a soluzioni improvvisative diverse, così come avviene anche nel bis, “The Axiom of the world” sostenuto dai bordoni offerti dall’arco di Kanoa Mendenhall: un jazz polifonico che disegna un gran bel futuro. 


Alessio Surian

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