Leonardo da Vinci, musica e strumenti musicali - I Parte

Leonardo Da Vinci, Autoritratto
Leonardo è stato uomo di straordinaria umanità ed eticità. Con ingegno, dedicò la propria esistenza alle arti e alle scienze, con profondo amore verso la Natura e le sue leggi, donando capolavori immortali e un’ingente progettazione di opere, delle quali è possibile trovare riscontro in migliaia di “fogli” (molti purtroppo dispersi), raggruppati in Codici conservati presso diverse biblioteche italiane o internazionali. È noto il puntiglio con il quale operava, con senso di universale eternità, badando con moralità più “all’onore che alla pecunia”, giacché come scrisse «… molto maggior gloria è quella della virtú de’ mortali, che quella dei loro tesori. Quanti imperatori e quanti principi sono passati che non ne resta alcuna memoria, perché solo cercarono gli stati e ricchezze per lasciare fama di loro?».  

Cenni musicali
Leonardo si formò professionalmente in un’epoca di entusiastico fervore intellettuale nella Firenze governata da Lorenzo il Magnifico, mecenate e amante delle arti. Professionalmente furono per lui decisivi i lavori ottenuti presso la corte di Ludovico il Moro (succeduto a Gian Galeazzo Sforza) a Milano la quale, in quei decenni, visse una mirabile stagione culturale. Sarebbe inopportuno scrivere di Leonardo senza tenere conto del contesto storico anche quando si volesse solo accennare al suo rapporto con la musica, sulla quale scrisse di proprio pugno alcune riflessioni teoriche. Seppur in modo aneddotico, di tale rapporto è stato riferito dal suo primo biografo e in seguito, soprattutto nel XX secolo, da alcuni musicologi (tra cui spiccano Winternitz, Marinoni, Carpiceci), la cui ultima pubblicazione italiana (a nostra conoscenza) è “Leonardo e la Musica” di Ennio Cominetti. Dagli studiosi è spesso citata la testimonianza musicale riportata da Giorgio Vasari: «(...) Avvenne che morto Giovan Galeazzo duca di Milano, e creato Lodovico Sforza nel grado medesimo l'anno 1494, fu condotto a Milano con gran riputazione Lionardo al duca, il quale molto si dilettava del suono de la lira, perché sonasse. E Lionardo portò quello strumento ch’egli aveva di sua mano fabricato d'argento gran parte in forma d'un teschio di cavallo, cosa bizzarra e nuova, accioché l’armonia fosse con maggior tuba e più sonora di voce. 
Trattato della Pittura
Laonde superò tutti i musici che quivi erano concorsi a sonare. Oltra ciò fu il migliore dicitore di rime a l’improviso del tempo suo».  Altri importanti riferimenti al pensiero musicale di Leonardo sono stati riportati nel cosiddetto “Trattato della Pittura” che fu redatto postumo (1540 circa) da Francesco Melzi, allievo al quale il Maestro donò in eredità gli scritti e diverse opere.  Nel “Trattato” vi è riportato che «La musica non è da essere chiamata altro che sorella della pittura, conciossiaché essa è subietto dell’udito, secondo senso all’occhio, e compone armonia con la congiunzione delle sue parti proporzionali operate nel medesimo tempo, costrette a nascere e morire in uno o piú tempi armonici, i quali tempi circondano la proporzionalità de’ membri di che tale armonia si compone, non altrimenti che faccia la linea circonferenziale per le membra di che si genera la bellezza umana (…) Ma la pittura eccelle e signoreggia la musica perché essa non muore immediate dopo la sua creazione, come fa la sventurata musica, anzi, resta in essere, e ti si dimostra in vita quel che in fatto è una sola superficie». In un altro punto del “Trattato”, in forma dialogica Leonardo fa interagire un musico e un pittore: «Dice il musico, che la sua scienza è da essere equiparata a quella del pittore, perché essa compone un corpo di molte membra, del quale lo speculatore contempla tutta la grazia in tanti tempi armonici quanti sono i tempi ne’ quali essa nasce e muore, e con quei tempi trastulla con grazia l’anima che risiede nel corpo del suo contemplante. Ma il pittore risponde e dice che il corpo composto delle umane membra non dà di sé piacere a’ tempi armonici, ne’ quali essa bellezza abbia a variarsi dando figurazione ad un altro, né che in essi tempi abbia a nascere e morire, ma lo fa permanente per moltissimi anni, ed è di tanta eccellenza ch’ella riserva in vita quell’armonia delle proporzionate membra, le quali natura con tutte le sue forze conservar non potrebbe. Quante pitture hanno conservato il simulacro di una divina bellezza di cui il tempo o morte in breve ha distrutto il naturale esempio, ed è restata piú degna l’opera del pittore che della natura sua maestra!». Leonardo dava notevole importanza alla musica considerandola, però, “una sorella minore” rispetto alla pittura: «Quella cosa è piú degna che satisfa a miglior senso. Adunque la pittura satisfattrice al senso del vedere è piú nobile della musica che solo satisfa all’udito. Quella cosa è piú nobile che ha piú eternità; adunque la musica, che si va consumando mentre ch’ella nasce, è men degna della pittura, che con vetri si fa eterna». Per quanto all’avanguardia, Leonardo non poteva prevedere che, da lì a qualche secolo, la musica (“figurazione delle cose invisibili”) sarebbe stata immortalata su supporti tecnologici, ormai realizzati con dimensioni sempre più ridotte e alla portata di tutti. 
Edoardo Zanon
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Pertanto, le sue considerazioni musicali andrebbero analizzate e calibrate tenendo conto del multiforme contesto storico-sociale e del rapporto di committenza, di cui sarà utile scrivere in modo approfondito in uno specifico contributo musicologico. Stando a quanto finora è dato sapere, a parte alcuni “rebus” musicali, Leonardo non scrisse composizioni, di contro sono diversi i suoi progetti relativi alla costruzione di strumenti musicali, dei quali di seguito scriveremo, riprendendo, a distanza di cinque anni, il dialogo con Edoardo Zanon, voce autorevole nel panorama degli studi, essendo progettista e liutaio che, da circa un ventennio, studia le opere di Leonardo, rendendole ammirabili al pubblico contemporaneo in mostre dal respiro internazionale. Il dialogo con Zanon è avvenuto in forma libera, rispettando i canoni dell’intervista antropologica. Di seguito abbiamo raggruppato organicamente i principali contenuti del dialogo, lasciando trasparire senza forzature il suo articolato modo di riflettere e ragionare.

Gli strumenti musicali di Leonardo
Da circa venti anni, studio l’opera di Leonardo attraverso i codici, giornalmente cercando di capire il suo modo di ragionare e di elaborare non guardando solo la teoria, ma anche gli aspetti tecnico-scientifici che risultano essere rilevanti in ogni serio lavoro di progettazione. Rispetto alla musica, ho letto i testi di Vasari, Bellincioni, Gaddiano, Lomazzo (…) come pure quelli musicologici di Marinoni, Winternitz, Carpiceci e di altri studiosi. La mia opinione è che Leonardo non avesse un’estesa e approfondita preparazione musicale compositiva. A parte qualche rebus musicale, leggendo e rileggendo i fogli e i codici fino a oggi conosciuti, di Leonardo musicista emerge poco. Diverso, invece, è l’aspetto costruttivo degli strumenti musicali, dei quali vi è riscontro oggettivo, e sui quali si può ragionare a più livelli, confermando un dato generale che a mio avviso gli rende merito, in quanto mente fervida, capace di progettare indefessamente e costruire tantissimo, non sempre per arrivare a un prodotto finito, ma sempre con l’idea di alimentare i suoi progetti. Mi spiego meglio. La progettazione della “clavi viola” è emblematica, documentata in diversi manoscritti (il più significativo è “Codice Atlantico, foglio 93r”). Costruisce i prototipi senza realizzarli, comprende gli errori e torna indietro al progetto iniziale, migliorandolo. Vi è in Leonardo una continua interazione tra disegno e artefatto, un continuo “dialogo” tra artefatto e disegno, tuttavia al momento non è facile stabilire se costruisse con le sue mani o se, come probabile, si avvalesse di qualche collaboratore. Dobbiamo sempre tenere presente il contesto nel quale operava. Al suo tempo, l’evoluzione organologica degli strumenti musicali aveva ormai raggiunto livelli elevati di raffinatezza tecnica, che ben conosceva e con la quale si confrontava.
Music Hall
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Un progettista del suo calibro non si sarebbe potuto permettere di costruire strumenti musicali di scarsa qualità o di modesta innovazione. Tuttavia è mia opinione che una serie di strumenti da lui progettati non fossero stati ideati sempre ed esclusivamente per i musicisti, ma anche per l’ambito militare e per il mondo dello spettacolo e delle rappresentazioni di corte. Altri strumenti, invece, avevano il carattere d’innovazione rispetto a quelli fino ad allora conosciuti o quantomeno innovati e perfezionati tecnicamente.   Porterò subito alcuni esempi concreti, ma dopo una necessaria premessa. Togliamoci dalla testa il rapporto che l’uomo moderno ha con la musica, che risulta essere “scontato”, data la frequenza e l’abbondanza di stimoli sonori che riceviamo attraverso radio, televisione, cinema, messaggi pubblicitari (…), sono così numerosi che neppure riusciamo più a renderci conto di quanta musica ascoltiamo durante l’intero arco di una giornata. All’epoca, i suoni/rumori dei paesi e delle città erano limitati, zoccoli dei cavalli, carri e carretti trascinati a mano, rumori provenienti dalle botteghe artigianali, il vociare delle persone (...).  Ascoltare un quartetto di persone che suonava o cantava rappresentava un avvenimento, era stupore musicale che comprendeva, oltre all’ascolto, l’osservazione della prassi esecutiva e della fattura degli strumenti musicali. In questo contesto, erano apprezzati e visti con meraviglia gli strumenti nuovi, che producevano sonorità nuove. Per questa ragione, musica e teatro erano espressioni artistiche tenute in altissima considerazione. Questa realtà, più in generale, era riscontrabile nello spettacolo. Teatro e musica all’epoca erano un binomio inscindibile. In questi ambiti Leonardo trovò modo di affermare il proprio talento, con laboriosità, dimostrando il proprio ingegno. Progettava per diverse ragioni, per migliorare uno strumento esistente, come l’organo, ad esempio, o inventarne uno nuovo, come la clavi viola o una macchina musicale quale quella che abbiamo denominato il ca(n)none musicale. Tutti strumenti che avrebbero potuto accrescere il prestigio e, riferendosi alla committenza, incrementare le commissioni di lavoro. Nel lavoro di Leonardo e di tutti i progettisti dell’epoca non bastava solo l’ingegno, erano indispensabili anche abilità imprenditoriali e la capacità di dialogare e convincere sulla bontà e la qualità delle proprie opere. Per capire nel concreto il suo modus operandi, bisogna prendere i singoli fogli e ragionarci sopra.
Music Hall
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Ad esempio, in questo foglio (Codice Arundel f. 175r) Leonardo vuole realizzare una tromba gigante lunga due metri, uno degli strumenti che abbiamo realizzato per la nostra mostra permanente (che ha ormai superato un milione di visitatori). Il problema principale è la lunghezza. Rispetto agli strumenti a fiato comuni (a bocchino), vi era la necessità di premere tasti lontani tra loro. Nel suo scritto, chiarisce il problema e di conseguenza lo risolve, ideando un sistema di meccaniche collegato alla pulsantiera, indispensabili per tappare i fori, operazioni che, con la sola lunghezza delle dita o del braccio, non si sarebbero potute fare. L’innovazione tecnica adottata da Leonardo è anticipatrice, perché meccaniche di questo tipo vennero introdotte solo nei secoli seguenti, inoltre le trombe del tempo producevano solo suoni naturali, ottenibili per esaltare melodicamente i cosiddetti suoni armonici. Ciò detto, è bene chiarire che, ai tempi, i flauti in alcuni casi erano già costruiti con una chiave, ma solo per prolungare (di circa tre cm) l’ultima parte del mignolo. La tromba, probabilmente, non è stata pensata come strumento da palco, ma per fini militari, da usare in battaglia.  Trombettisti e percussionisti sul campo di guerra erano impiegati per comunicare a grandi distanze, per cui avevano bisogno di tamburi molto grandi e di trombe potenti. Per la ritmica ci si poteva accontentare di un solo strumento a percussione, ma se si voleva estendere la componente melodica, bisognava trovare differenti soluzioni, funzionali anche come segnali di richiamo o di comando, pensati su codici diversi da utilizzare secondo necessità in battaglia, avendo cura di tenerli protetti perché, se saltavano questi codici, saltava la comunicazione sul campo.  L’idea di realizzare strumenti con sonorità diverse aveva funzioni pratiche. Possiamo parlare di codici sonori, che venivano tramandati a pochi e protetti esecutori, per mantenere secretati i messaggi sonori (…).   


Paolo Mercurio
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1 Gli strumenti musicali citati nel contributo sono visibili presso la mostra permanente “Il Mondo di Leonardo” (www.leonardo3.net), in Piazza della Scala, a Milano. 

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