Sokratis Sinopoulos Quartet – Metamodal (ECM, 2019)

Con toni quasi filmici, atmosfere fluttuanti e sapori che spaziano tra il jazz e la musica mediterranea, il ritorno del Sokratis Sinopoulos Quartet è un disco eccelso che conferma le lodi tessute per l’ultimo lavoro “Eight Winds”, rilasciato nel 2014. “Metamodal”, come suggerisce il titolo stesso, è un disco modale che sposa la tradizione mediterranea, ma si spinge oltre al mero rigurgito contaminandola col jazz e sviluppandola con un ulteriore approfondimento melodico. Sinopoulos si avvicina alla musica modale studiando la tradizione bizantina da ragazzino, per poi spostarsi allo studio della lira col grande Maestro Ross Daly entrando, dopo un solo anno, nel suo gruppo Labyrinthos. L’incontro con numerosi artisti greci ed internazionali gli ha garantito, unitamente ad uno spiccato talento per la lira, una serie di collaborazioni con nomi di rilievo tra cui Kayhan Kalhor, Eleni Karaindrou e i fratelli Bijan e Keyvan Chemirani. La sua ricerca si spinge fino al mondo accademico, collaborando con la Domnia Samiou Greek Folk Music Association ed insegnando nell’Università di Salonicco. Ad accompagnarlo troviamo tre prodigi con un forte attaccamento alla tradizione greca: Yann Keerim al piano, Dimitris Tsekouras al contrabbasso e Dimitris Emmanouil alla batteria. Il cuore pulsante del disco è chiaramente la lira, col suo tono in qualche modo nostalgico ed evocativo. Strumento solista espressivo e versatile, siede in un range di frequenze delicato, meno tagliente del violino. Il contorno è tuttavia altrettanto delicato, un piano mai esageratamente brillante ma avvolgente e dinamico, un contrabbasso energico ma mai frenetico, ed un approccio batteristico morbido e ricercato, che preferisce spesso le mazzuole alle bacchette. L’umore generale è contemplativo ed agrodolce, con un andamento dinamico che supera raramente il mezzo forte e si concentra sulle sfumature di piano. Le vere chicche sono i modi utilizzati, una tavolozza di colori rari ma presentati con sapienza e diligenza. L’incipit del disco è un botta e risposta di frasi che alternano il maggiore ed il minore creando una dolcissima ambivalenza emotiva. “Lament” si sviluppa in un susseguirsi di temi fluttuanti, tensioni e risoluzioni, un equilibrio degli opposti. L’alternarsi continua in “Transition”, dove l’oscillazione si fa più dinamica che melodica ricalcando sonorità jazzistiche. Il brano è introdotto dal contrabbasso che si arrampica tra le corde in un esuberante ritmo in 9. Passa poi all’archetto dopo l’esposizione del tema, dove è raggiunto dal resto della band che cresce in un unisono spedito. Il solo di piano di Yann Keerim è sublime e delicato, in una lenta crescita che preferisce, stavolta, un tempo in 5. Sempre vicino al jazz troviamo “Walking”, forse il più intenso tra i brani dell’album. Un altro vorticoso 5 scandito prima serratamente, poi con più respiro prima di gettarsi nell’improvvisazione centrale. “Metamodal III – Dimensions”, parte di un trittico con “Metamodal I – Liquid” e “Metamodal II – Illusions”, ha un sapore invece spiccatamente asiatico dato dall’alternarsi di seste e none maggiori e minori, le cui combinazioni ricalcano le atmosfere delle scale maggiore, maggiore armonica e bizantina. Il disco è un viaggio per sentieri poco battuti, sentieri che si mescolano nel loro procedere irregolare, che si arrotolano su loro stessi anziché avanzare linearmente. Un album che respira e lascia sospirare tra melodie ariose e combattute in un continuo alternarsi di tensioni e conseguenti risoluzioni. Un grandissimo ritorno per il quartetto che consolida ulteriormente non solo il sound, ma anche la propria direzione artistica.


Edoardo Marcarini

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