
È utile domandarsi in quale categoria rubricare la musica degli Širom? Non lo crediamo, conviene, piuttosto, lasciarsi possedere dalla fantasmagorica libertà creativa degli sloveni, con le loro oscillazioni tra sperimentazioni acustiche e primitive vibrazioni. Prestate orecchio all’incedere di timbri spiazzanti, di bordoni e di ostinati, di rarefazioni giustapposte a climax incisivi, di cellule melodiche avvolgenti e di ritmi mutanti: il tutto messo al servizio di un’idea di disallineato avant-folk o folk immaginario (come essi stessi definiscono la loro musica) e di una poetica sonora a propensione cinematica. Un profluvio sonoro lirico e contemplativo al contempo, sussurrato e propulsivo, premeditato e istintivo, sorvegliato e apparentemente caotico, che porta tracce di minimalismo e psichedelia e attinge a modi del temperamento non equabile. Se c’è un senso dei luoghi nella musica di Samo Kutin (ikitelia, ghironda, tampura brač, lira, melodica, campane tubolari, percussioni, oggetti vari e voce), Ana Kravanja (violino, viola, ribab, qeychak, balafon, bendir, flauti, oggetti vari e voce) e Iztok Koren (banjo, balafon, gamelan, percussioni, oggetti vari), tre musicisti provenienti da paesaggi differenti del Paese incastonato tra Mitteleuropa, Adriatico e Balcani (Karst, Tolmin e Prekmurje), questo si rivela solo punto di partenza per accesso ad altri mondi e per sviluppare spartiti errabondi che frantumano qualsiasi ipotesi di essere ricondotti all’estetica folklorica locale.

Ciro De Rosa
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