Marco Ongaro è prima di ogni altra cosa un autore: Ongaro scrive, inventa, dà forma alle sue ossessioni e interpreta quelle degli altri. I suoi personaggi sono vittime e carnefici, sono la soluzione al problema ma anche il problema; sono spesso le risposte a domande interiori per le quali in realtà la vera risposta non c’è. Marco Ongaro questo lo sa? Forse no: molto probabilmente ogni tanto anche a lui capita quell’attimo in cui all’essere umano tutto sembra improvvisamente chiaro … ma quelli sono momenti senza parola e il cantautore veronese di parole vive: le sue, quelle degli autori che traduce, quelle della letteratura e del teatro mondiale - di cui è geniale custode ma anche interprete – e quelle degli autori di cui si fa il ghost writer e per i quali si sdoppia e assume nuove identità. E così per lui deve essere stato facile pensare che se esistono scrittori fantasmi, possono esistere anche fantasmi baciatori… e chi è mai questo “fantasma baciatore” se non un altro personaggio della ormai ricca e folta schiera creata da Marco alle prese col “sostegno” alle donne tristi, alle donne sole, probabilmente alle donne tutte? (tutte - sia chiaro – solo nella mente dell’autore).
Complessa è la figura della donna reale, in questo scorcio di Storia e di Terra che abitiamo. Le donne si dibattano nel Mondo Occidentale tra spiccioli di antiche – ma millenarie – culture, sindromi da principi azzurri col mantello sbiadito, esigenze di tenerezza che prescindono dall’amore e questa noiosa abitudine di pensare alla felicità solo in un certo modo. E poi ci sono autori che cercano di risolvere quella che sembra una ossessione personale (umana, psicologica, esisenziale, ma anche letteraria, culturale, addirittura epica) immaginando la figura di un uomo tuttofare: se esiste davvero l’uomo che risolve problemi pratici, che sa affrontare la burocrazia, che attacca i bottoni e piega le lenzuola, perché non può esistere un uomo che sa aggiustare gli incagli di un cuore? Si tratta in fondo di un Don Giovanni smitizzato che finisce per creare un problema nuovo… per citare Audrey Hepburn, magnifica “Sabrina” di un altrettanto magnifico film di Billy Wilder: “Ora chi mi guarisce dalla cura?” Eppure, come sempre e ancora una volta, queste sono frasi e sentimenti costruiti e pensati da un uomo. E così, il “Salvatore delle Donne tristi” e il suo “fantasma baciatore” non troveranno soluzione all’enigma.
Ma meglio così, ne siamo felici: l’arte ha bisogno di dubbi.
Abbiamo detto che Marco Ongaro è prima di ogni altra cosa un autore. E come seconda cosa va aggiunto che è un autore elegante e geniale. Solo uno come lui può affrontare un argomento effimero scomodando miti millenari, di cui sembra discutere al bar davanti a una birra. O magari davanti a una coppa di champagne, mentre in ogni sguardo femminile ricerca il monologo interiore… anche se non potrà mai essere quello di Molly Bloom, perché anche quello è stato pensato da un uomo.
Stiamo parlando di un disco, ma secondo il parere di chi scrive, è impossibile fare a meno di affrontare la poetica – perché di questo si tratta – di un artista come Marco Ongaro, se si vuole assaporarne il senso, l’ironia raffinata, il colpo di teatro, il gusto per la citazione, l’amore per gli autori che cerca di riproporre all’ascoltatore. C’è un po’ tutto questo ne “Il fantasma baciatore”: ci sono i drammi di “Menelao” e “Paride” (“Elena” era nell’album precedente…), lo sguardo perennemente affascinato sul mondo femminile, c’è l’uomo presuntuoso e illuso di “Non le importa” – che ricorda in modo tragicomico la donna che canta “Però mi vuole bene, mi vuole tanto bene” di Tata Giacobetti e Virgilio Savona, un attimo prima di essere buttata sotto dalla Tour Eiffel - c’è l’uomo che dice ti amo in “Irriconoscibile al mattino” e quello che resta in città nella bellissima “Star Trek” scritta con Nicola Saccomani. E poi ci sono le cover di Leonard Cohen – di cui Ongaro è maestro e di cui Blogfoolk si è occupato – ma anche di “Sympathy for the Devil” dei Rolling Stones e infine l’incredibile versione italiana di “Romeo & Juliet” dei Dire Straits.. un album molto ricco quindi, che ha tanti colori al di là del blu della copertina, e sopra il quale si aggira spettrale l’uomo che bacia… e il bacio, si sa, non impegna mai. Il bacio conforta, seduce, accompagna, alleggerisce, sorride, coinvolge ma va via… per usare un vecchio proverbio poco delicato che una nonna marchigiana ricordava alle giovani nipoti prima di una uscita galante: “Un bacio non fa un buco eppure piace”. Ecco: il bacio piace e piace anche che a raccontarlo così, tra letteratura e apparenze (nel senso vero del termine), sia un cantautore veronese, dalla voce inconfondibile, profonda e sorniona, che ha deciso di indossare un vestito assolutamente e felicemente Rock.
Elisabetta Malantrucco
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Storie di Cantautori