“Miri” è il quinto album di Bassekou Kouyaté con Ngoni Ba, appena pubblicato da Outhere records: per promuoverlo il gruppo è in Europa con la stessa formazione che ha inciso in Mali le undici tracce. Nel presentarlo, nell’unica data italiana, in un teatro Candiani gremito e molto partecipe, Bassekou Kouyaté tiene a sottolineare che, oltre ad essere un gruppo musicale, sono anche una famiglia: la cantante solista, Amy Sacko è moglie di Bassekou Kouyaté; lo ngoni basso è suonato dal loro figlio Mamadou Kouyate: il fratello minore di Bassekou Kouyaté, Moctar Kouyate, suona la batteria formata da calebasse (mezza zucca vuota), percossa con le mani, hi-hat e piatti; Mahamadou Tounkara, nipote di Bassekou Kouyaté e Amy Sacko, è il secondo percussionista, abilissimo con yabara e tama (il “tamburo parlante”). Allo ngoni e allo ngoni medio c’è l’amico e compagno di molti concerti, Abou Sissoko. Come segnala il nome del gruppo, il protagonista del concerto è lo ngoni, strumento (solitamente) a quattro corde dell’Africa occidentale.
Bassekou Kouyaté suona la versione più piccola, il “jeli” ngoni, lo strumento dei griot che permette un’ampia paletta espressiva, soprattutto se suonato con un pedale per variare il volume come fa con perizia Bassekou Kouyaté. Con lui, e con la duttile voce di Amy Sacko, dialoga Abou Sissoko che mostra estrema padronanza sia della versione jeli, sia media dello ngoni. Li sostengono una sezione ritmica che si muove come un solo corpo, con le onde del basso ngoni che trovano un approdo sicuro e costante negli accenti che Moctar Kouyate ricava dalla calebasse, mentre Mahamadou Tounkara si incarica di interventi solistici, virtuosismi e variazioni.
Prima che i musicisti entrino in scena, il teatro viene avvolto dalle note e dagli accordi dello ngoni. Solo quando l’attenzione e le emozioni di tutti sono rivolte alla musica, senza interromperne il flusso, sale sul palco Bassekou Kouyaté, presto raggiunto prima da Amy Sacko con cui dialoga brevemente, e poi dagli altri componenti di Ngoni Ba.
Se la musica maliana viene frequentemente associata con la capitale Bamako, i nuovi brani proposti dal gruppo sono piuttosto un invito a seguire il cammino del fiume Niger e ad incontrare il lato rurale di queste terre. Da “Kanougnon” a “Wele Cuba” a “Miri”, il repertorio dell’album appena inciso consegna all’ascoltatore melodie che parlano al tempo stesso del Mali di oggi e del viaggio della musica dell’Africa occidentale verso i Caraibi e le Americhe (e ritorno), con accenti ora blues, ora country, ora del son cubano in cui il gioco del cercare chi ha influenzato chi sembra produrre un circolo, virtuoso. La pulizia e destrezza ritmica, i diversi impasti vocali e armonici, la continua capacità inventiva sul piano melodico rendono ogni brano unico ed evidenziano un solo limite: la mancanza di spazio per ballare. Bassekou Kouyaté lo fa notare con la gentilezza che lo contraddistingue al momento dei bis: “Ne volete più di uno? Volentieri, se ballate”, un invito raccolto dalla quasi totalità dei presenti.
Alessio Surian
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